Sembra, a guardare il catenaccio, che la posizione di LinkPop di fronte ai ritocchi e all’uso di botulino/filler vari sia conservatrice e chiusa. È proprio così. Nonostante questo, il mondo va in un’altra direzione: giudicare dai dati che ha fornito Aiteb, cioè l’Associazione Italiana Terapia Estetica Botulino, agli italiani (e agli europei in generale) il ritocco piace eccome. Tanto che, rispetto al 2011 e ancor di più al 2012, sono aumentati gli italiani che vi ricorrono. Almeno del 18%.
Tutte persone che non si lasciano spaventare dai volti tumefatti di chi ha avuto esperienze non ottime, a quanto pare:
E che non si impressionano davanti alle ultime apparizioni di Renée Zellweger:
Frazer Harrison/Getty Images
Ma, terrorismo a parte, visto che le cose sul tavolo sono parecchie, ecco una lista per fare un poco di chiarezza:
1) Botulino e Botox
Prima di tutto, bisogna chiarire che botox e botulino non sono sinonimi. Il botulino è una tossina, cioè una sostanza neurotossica prodotta dal batterio Clostridium botulinum. È la sostanza più tossica che si conosca. Il Botox, invece, è il nome commerciale del prodotto farmaceutico con cui viene commercializzato il botulino. Ce ne sono quattro: Botox, Dysport, Xeomin e Vistabex. L’uso del Botox, tralaltro, in Italia non è nemmeno autorizzato. Si usa il Vistabex.
2) Come funziona
Il botulino, in quanto sostanza neurotossica, agisce sui nervi muscolari e ne blocca l’impulso nervoso. Per questo dal 1977 viene impiegato in medicina per curare spasmi muscolari e distonie (come lo strabismo). Da qui nasce il suo utilizzo estetico: se iniettato, blocca le contrazioni dei muscoli mimici, cioè quelli che provocano le rughe, e contribuisce a creare un aspetto disteso e liscio sul viso. Il suo effetto dura qualche mese, poi serve un richiamo.
3) Cosa è invece il filler
Altra cosa è il filler: si tratta sempre di una sostanza che viene iniettata, ma anziché agire sui nervi dei muscoli si limita al riempimento, o al rigonfiamento, delle depressioni. Viene impiegato per le spianare le rughe o per gonfiare le labbra. Ce ne sono diversi tipi: quelli biologici, come collagene o acido ialuronico, e quelli sintetici, come il bio-alcamid, l’artecoll e il goretex (sì, il Goretex).
4) Chi usa il botulino e chi usa il filler
Una cosa poco nota è che, in materia, l’Occidente è spaccato in due: i Paesi anglosassoni (Usa e Gran Bretagna) preferiscono utilizzare il botulino rispetto al filler (il rapporto è di 2 a 1 negli Usa e di 4 a 3 in Inghilterra, anche perché qui può essere somministrata dagli infermieri, cosa impossibile in Italia), mentre in Europa continentale prevale il filler, con una proporzione di 2 a 1 nel 2011, poi calata a 1,7 a 1 nel 2013. Morale: il botulino è in crescita, ma il filler tiene.
5) Alla faccia della crisi
Nonostante la crisi, l’utilizzo aumenta. Secondo i dati forniti dall’Aiteb, nel 2013 si è registrato un aumento del 18% rispetto al 2011. Come conseguenza, si è allargato anche il mercato: da 1,7 milioni nel 2011, si è arrivati a un giro d’affari di 2,2 milioni nel 2013. Ogni anno vengono compiuti 250mila interventi, su circa 100mila pazienti. E si tende a crescere.
6) Chi si rifà..
Il cliente medio è donna (con punte del 93-95%) tra i 35 e i 55 anni (i casi di persone più giovani sono molto più rari), ma la concentrazione più alta (60%) si aggira dai 60 anni in su. C’è anche un pubblico maschile, ma ridotto (5-7%) e hanno, in media, un’età più alta.
7) .. poi non smette più
Il botulino, spiegano, è “l’unica terapia di cui è sicura l’efficacia”. Attenzione: è sicuro che ci sarà un effetto, ma non è detto che sia quello desiderato. Il paziente tipico, comunque, è molto fedele: l’87% dei pazienti che si sottopone a una terapia botulinica ritorna e fa un nuovo trattamento. Nell’85% dei casi si sottopone anche ad altre terapie, sia di medicina che di chirurgia estetica.
7 + 1) La novità
Secondo una ricerca di una università cinese il botulino avrebbe anche una capacità anti-aging. Cioè, se applicato sulla cute, può ridurre gli effetti dell’invecchiamento della pelle dovuto all’esposizione solare. Dopo la sorpresa, la scoperta si è subito tradotta in una possibilità di business, con la creazione di una crema – che non esiste ancora, sia chiaro ma che, in futuro, permetterebbe di eliminare l’utilizzo degli aghi per trattamenti di questo genere.