Portineria MilanoAlemanno connection, da Mafia Capitale alla ‘Ndrangheta

Alemanno connection, da Mafia Capitale alla 'Ndrangheta

Non c’è solo Mafia Capitale nel passato di Gianni Alemanno, ex sindaco aennino di Roma finito indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso nella maxi inchiesta della procura capitolina che sta facendo tremare i palazzi della politica italiana. C’è di tutto, ex esponenti della Banda della Magliana come Massimo Carminati, titolari di cooperative come Salvatore Buzzi più di cento tra indagati e in arresto tra dirigenti, segretari, politici di Pd o ex Popolo della Libertà. In un passato nemmeno troppo remoto, appena due anni fa, il nome di Alemanno saltò fuori pure nelle inchieste che la procura di Milano ha portato avanti in questi anni per debellare la piaga della ‘ndrangheta in Lombardia e a Milano. All’epoca l’ex esponente del Fronte della Gioventù non fu indagato, ma il suo nome fu accostato più volte nelle carte della procura a clan calabresi e a esponenti politici che poi sono stati condannati a diversi anni di carcere. Insomma l’ex allievo del fondatore del Msi Pino Rauti (sposato persino con la figlia Isabella ndr) non è nuovo a frequentazioni che sono state messe sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, da Nord a Sud.

C’è di tutto, ex esponenti della Banda della Magliana come Massimo Carminati, titolari di cooperative come Salvatore Buzzi più di cento tra indagati e in arresto tra dirigenti, segretari, politici di Pd o ex Popolo della Libertà

Del resto, lo stesso procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, in conferenza stampa, è stato molto chiaro: «Alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno – afferma Pignatone – sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”. Per Pignatone “non c’è una unica organizzazione mafiosa» capace di controllare l’intero territorio, quella «di cui stiamo parlando dimostra originarietà e originalità, proprio perché nasce nella capitale» e dimostra che «le mafie sono cambiate non ricorrono alla violenza e al controllo del territorio se non necessario per creare assoggettamento». Alemanno si difende: «Chi mi conosce sa bene che organizzazioni mafiose e criminali di ogni genere io le ho sempre combattute a viso aperto e senza indulgenza. Dimostrerò la mia totale estraneità ad ogni addebito e da questa incredibile vicenda ne uscirò a testa alta. Sono sicuro che il lavoro della  magistratura, dopo queste fasi iniziali, si concluderà con un pieno proscioglimento nei miei confronti». Eppure le carte della magistratura dicono altro.

I voti dei pregiudicati per le europee del 2014

A finire nel tritacarne è in pratica tutta l’amministrazione comunale romana della giunta Alemanno. C’è di tutto, dalla raccolta differenziata alle onlus per i profughi, dai soldi che sarebbero transitati pure per la campagna elettorale tramite la Fondazione Nuova Italia di cui l’esponente di Fratelli d’Italia è presidente, fino ai voti che gli uomini della Cupola si sarebbero spesi di portare alle ultime elezioni europee del 2014, quando Alemanno fu candidato nella circoscrizione Sud per il Pdl. Emblematica un’intercettazione del maggio di quest’anno tra Buzzi e l’ex sindaco. «Le indagini» si legge nelle carte dell’inchiesta «hanno offerto elementi per ritenere che le funzioni istituzionali interessate, a cominciare dal sindaco Alemanno, non solo hanno tollerato tale funzione di fatto esercitata, ma, al contrario, ne hanno dato piena legittimazione».

Buzzi ne discute qualche giorno dopo con la moglie Garrone Alessandra e spiega di aver fornito ad Alemanno «i nominativi di alcuni pregiudicati – indicati come “mafiosi” – inseriti nel sistema di recupero gestito dalle cooperative: “come dai una mano ad Alemanno? dandogli i nomi di 7-8 mafiosi che c’avemo in cooperativa e gli danno una mano…”. Si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. «Il pomeriggio del 11.05.2014 Buzzi Salvatore discuteva telefonicamente con l’Alemanno della possibilità di portare voti a quest’ultimo grazie a “nostri amici del sud, che stanno al sud, che ti possono dare una mano co’… parecchi voti».

S: Salvatore Buzzi
GA:Giovanni Alemanno

GA:  devo fare delle telefonate? Devo far’ qualcosa? Eccetera, eccetera
S:  no, no, no, tranquillo, tranquillo. Ora manderemo a… a Milardi l’elenco di persone, nostri amici del sud, che stanno al sud, che ti possono dare una mano co’… parecchi voti
GA: ci pensi te co’ Milardi?
S: si, ci penso io con Claudio domani
GA: va bene, t’abbraccio, grazie

Mancini, l’uomo espressione del sodalizio criminale

Tra i soggetti più vicini all’ex primo cittadino finiti in arresto c’è di sicuro Riccardo Mancini, ex esponente della destra romana, già arrestato nel 2013 per concussione e corruzione nell’ambito dell’inchiesta del pm Paolo Ielo su una presunta mazzetta da 800mila euro versata da Breda Menarini per l’appalto relativo alla fornitura di 45 autobus al Comune di Roma. E’ una storia che s’interseca a sua volta con Finmeccanica, la holding della Difesa da anni attraversata dagli scandali e ora di nuovo al centro dell’attenzione. Dopo aver finanziato la campagna elettorale di Alemanno nel 2006 e aver fatto da tesoriere durante quella del 2008, Mancini fu s nominato all’Eur Spa come amministratore delegato per una poltrona da 198 mila euro all’anno. Scrivono i pm che hanno indagato su Mafia Capitale rispetto alla sua figura. «Mancini Riccardo è espressione del sodalizio in seno alla PA, lato sensu considerata. Sul piano strettamente formale, egli è stato, fino a poco prima del suo arresto,  A. D. di  EUR S.p.A. , nonché consigliere ed amministratore in numerose aziende operanti nel settore pubblico e privato, tra cui dal 01.08.2012 al 28.02.2013 membro del consiglio di amministrazione della Marco Polo Spa (una joint venture tra le aziende municipalizzate Ama – Acea  ed Eur Spa)».

È una storia che s’interseca a sua volta con Finmeccanica, la holding della Difesa da anni attraversata dagli scandali e ora di nuovo al centro dell’attenzione

Non solo. «Il suo essere espressione della Pubblica Amministrazione, tuttavia, non dipende solo dalle cariche formali pure rivestite, ma anche dalla circostanza che egli può essere ritenuto, senza ombra di dubbio, uomo forte dell’amministrazione comunale romana e, specificamente, plenipotenziario del sindaco Alemanno, quantomeno in taluni settori dell’amministrazione della cosa pubblica». Ma su questo punto, secondo quanto ricostruito dai pm, ci fu proprio una rottura tra il “Re di Roma” Carminati  e lo stesso Alemanno. In una conversazione registrata il 20 maggio 2013, il cecato indicava Mancini Riccardo come “uomo” di Alemanno, mostrandosi perfettamente consapevole del tipo di rapporto intercorrente tra i due dirigenti: “a tutto c’è una cosa…è come…Alemanno che ieri sul giornale…ha scritto che …la merda…che si costituirà parte civile contro Mancini…ma Mancini è un uomo tuo…ma ma che…sia una merda…o non sia una me…ma quello è uomo tuo…tu non ti puoi comportà così”.

Le indagini sulla ‘Ndrangheta e i rapporti con il clan Lampada

«Questa vicenda è la dimostrazione delle potenzialità che è in grado di produrre la strategia di Lampada. Attraverso il meccanismo delle conoscenze concatenate (…) possono arrivare agevolmente ai vertici politici ed entrare in contatto con personaggi di rilievo governativo e nazionale. Che Alemanno  –  così com’è  –  non avesse idea alcuna di chi fossero in realtà i Lampada conta poco o nulla. Quello che conta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni personali di favori alla quale mai avrebbe potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di compiacenze mafiose».

Pignatone: «non c’è una unica organizzazione mafiosa capace di controllare l’intero territorio, quella di cui stiamo parlando dimostra originarietà e originalità, proprio perché nasce nella capitale»

A scriverlo è il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano Giuseppe Gennari nell’ordinanza che nel novembre del 2011 portò in manette le leve del clan Valle-Lampada, attivo nel milanese e in Lombardia. Alemanno, non indagato nell’ambito di quell’inchiesta, finisce nelle carte della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano coordinata da Ilda Boccassini per i suoi rapporti con il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli. Alemanno fu tra i principali sponsor del Morelli, poi arrestato e condannato in appello a 8 anni e 3 mesi. Nelle carte dell’inchiesta milanese il nome di Alemanno è legato a un evento che si svolse nell’aprile del 2008 organizzato al Cafè de Paris di Roma da Giulio Lampada, ritenuto il boss dell’omonimo clan.

All’epoca l’ex sindaco di Roma è ministro per le Politiche Agricole, ed è attovagliato al locale (poi sequestrato perché ritenuto nella disponibilità della cosca Alvaro) con altri industriali e politici, ma la sua presenza è quella che più di ogni altra accontenta il boss. «l’altra, l’altra sera, l’altra sera mi hanno presentato Gianni Alemanno eh! Bellezza!», si vanta Giulio Lampada con l’avvocato Mario Giglio. «Tu – dice il boss al suo interlocutore – immagina il ministro con il microfono in mano “ringrazio il gruppo Lampada, noto industriale calabrese a Milano e il dottore Vincenzo Giglio”, noi in un angolino che gli alzavamo la mano tipo “cià, ci, cià”».

Nell’intercettazione telefonica Giulio Lampada commenta la presenza di Alemanno alla festa organizzata al cafè de Paris

Nei mesi successivi la procura di Milano sentirà Alemanno a verbale e poi lo stesso verrà ascoltato in udienza nell’ottobre del 2012. «È stato un trauma. Pensavo di avere a che fare con un amico e invece era un nemico, un amico della criminalità organizzata», dirà l’allora sindaco di Roma riferendosi ai legami di Morelli con la ‘ndrangheta. Riguardo la serata al Cafè de Paris invece spiegherà: «Era una serata di campagna elettorale in cui Morelli mi portò a una festa dove mi disse che c’erano i suoi amici calabresi e mi parlò di giovani imprenditori emergenti. Se Lampada è il giovane che ricordo, Morelli me lo presentò sottolineando che era una persona brillante ed emergente. C’erano grosso modo 300 persone. La comunità regionale dei calabresi è la più grande a Roma. I Lampada non li conosco personalmente, sembrerebbe me li abbiano presentati lì».

Un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare che nel novembre 2011 portò dietro le sbarre il clan Lampada

Poteva insomma non sapere chi fossero i Lampada, ma per citare il Gip Giuseppe Gennari, «quello che conta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni personali di favori alla quale mai avrebbe potuto avvicinarsi se non beneficiando della rete di compiacenze mafiose». Questa volta però il «poteva non sapere» non è stato preso in considerazioni dai magistrati capitolini che lo hanno indagato.

L’imprenditore “di riferimento” della cosca Mancuso

L’appalto per la pulizia del mercato Esquilino, a Roma, era stato dato in cambio della protezione in Calabria alle cooperative della ‘cupola’ che si occupano dell’assistenza ai migranti. Le indagini dei carabinieri del Ros hanno evidenziato “interessi comuni” dell’organizzazione romana e della ‘ndrangheta: in particolare hanno documentato come, a partire dal luglio 2014, Salvatore Buzzi con l’assenso di Massimo Carminati avesse affidato la gestione dell’appalto della pulizia del mercato Esquilino a Giovanni Campennì, ritenuto dagli investigatori “imprenditore di riferimento” della cosca Mancuso, attraverso la creazione di una Onlus denominata “Cooperativa Santo Stefano”. Campennì è imprenditore calabrese con interessi nella gestione di campi rom, ma, secondo quanto risulta dalle indagini degli inquirenti Campennì era nella galassia della cosca Mancuso di Limbadi.

Nella mattinata dell’11 dicembre sono finite in carcere due persone,Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero con le accuse di associazione mafiosa. Campennì, è indagata a piede libero. 

Lo stesso già nel 2006 fu arrestato per una tentata estorsione. Nel 2012 a Roma incontra Buzzi, e proprio a Campennì lo stesso Buzzi, intercettato dal ROS dirà «mò c’ho quattro..quattro cavalli che corrono…col Pd, poi con la Pdl ce ne ho tre e con Marchini c’è…c’ho rapporti con Luca (Odevaine, direttore extradipartimentale di Polizia e Protezione Civile della Provincia di Roma, ndr) quindi va bene lo stesso».

(Ultimo aggiornamento 11 dicembre)

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