Per chi è affezionato ai simboli sarà un duro colpo, o una grande vittoria, a seconda dei punti di vista. Fatto sta che la normalizzazione dei rapporti tra gli Stati Uniti e Cuba, dopo oltre mezzo secolo di embargo, sta facendo scaldare i motori alle multinazionali, impazienti di andare alla conquista di un mercato ritenuto ancora vergine e dal grande potenziale. Coca-Cola e Pepsi saranno con tutta probabilità le prime due grandi corporation che proveranno a invadere il mercato cubano, ma non saranno le uniche.
Una serie di analisi condotte dalla società di ricerca Euromonitor International hanno messo a fuoco le opportunità che offre il mercato dell’isola caraibica e concluso: Cuba sarà uno dei venti mercati chiave dei prossimi cinque anni a livello mondiale e sarà la frontiera per numerose aziende. Articoli per la casa e la persona, soft drink e alcolici saranno i beni per i quali si prevedono gli incrementi maggiori.
Le previsioni di crescita dei consumi tra il 2014 e il 2018
Fonte: elaborazione Euromonitor International da statistiche ufficiali, associazioni commerciali, stampa di settore, società di ricerca, interviste a fonti del commercio
Secondo la società di ricerca, i soft drink cresceranno in termini nominali del 34,8% e gli spirit del 51,6% entro il 2018, principalmente a causa del previsto boom del turismo e dell’aumento delle rimesse dall’estero. Ma ci sarà anche una crescita interna, nonostante il freno dovuto sia all’età relativamente alta della popolazione (40,3 anni è l’età media, 10 in più di quella del Brasile) sia alla forte regolamentazione dei mercati e dei prezzi. Un altro settore che crescerà velocemente è quello del “tissue and hygiene”, quindi prodotti per l’igiene e fazzoletti e carta igienica. Non è previsto invece alcun balzo per i beni durevoli come l’elettronica di consumo e e gli elettrodomestici, non per mancanza di domanda ma perché i redditi rimarranno ancora bassi. Nel 2013 il Pil pro-capite annuo è stato di 6.788 dollari, simile a quelli di Perù ed Ecuador.
Anche se attenti ai prezzi, i consumatori cubani potrebbero essere raggiunti attraverso le confezioni di vari prodotti dalle dimensioni più piccole, un espediente tradizionalmente riservato ai consumatori della parte bassa della “piramide dei consumi” in giro per il mondo. Servirà anche l’innovazione, aggiunge Euromonitor International. Come per il resto dell’America Latina la strada che le major Usa potrebbero seguire è quella di adeguare l’offerta ai gusti e alle aspirazioni locali e nel frattempo lavorare sulla brand awareness (conoscenza dei marchi) e in alcuni casi sulla comunicazione dell’esistenza di intere categorie di prodotti.
Una generazione per cambiare le menti
C’è però un dettaglio non da poco: Cuba è diversa da tutti gli altri Stati del Sud America. Cinquantacinque anni di castrismo e di embargo hanno radicato un profondo orgoglio nazionale, fierezza per le soluzioni autartiche che la popolazione ha dovuto inventare, avversione agli Usa e resistenza al consumismo. Euromonitor non si scompone: tutto questo potrà richiedere di pazientare per una generazione. Gli esempi citati sono quelli dell’Europa dell’Est dopo la caduta del Muro, del Myanmar e della Cina. La società di consulenza consiglia però a industriali e investitori un approccio olistico che tenga conto delle caratteristiche dei mercati e dei consumatori, del contesto in cui operano le società, dei concorrenti e dei possibili partner. «Sarabbe sbagliato considerare Cuba come un mercato interamente vergine – dice un’analisi di Sarah Boumphrey -. Cuba commercia intensamente con molte società cinesi e spagnole». Inotre vanno tenute in considerazione sfide come la mancanza di infrastrutture, la passa produttività e la carenza di investimenti.
Fonte: Euromonitor International
La crescita era già partita
Pur con tutti i problemi appena elencati, l’economia cubana, spinta dalle aperture che già sono avvenute negli ultimi anni, stava già intraprendendo un percorso di crescita sostenuta. Già prima dell’annuncio della normalizzazione dei rapporti con gli Usa, dal 2013 al 2020 l’aumento medio annuo del Pil era stimato al 2,7%, mentre quello dei consumi al 4,6 per cento. Investimenti notevoli erano già previsti nella nuova zona di sviluppo speciale di Mariel e diversi investitori erano già pronti a entrare, come il costrutture di bus brasiliano Marcopolo, il fabbricante di occhiali brasiliano Fanavid e il principale costruttore russo di mezzi pesanti, Gaz Group. A favorire il boom dei consumi si prevedeva sarebbe stato lo sviluppo del commercio al dettaglio.
La Coca-Cola va alla guerra
Proprio per la vertiginosa crescita attesa del consumo di soft drink, la società di ricerca si aspetta che Coca-Cola e Pepsi si muoveranno quanto prima, appena il bando all’importazione sarà rimosso, per conquistare il mercato cubano. In particolare dovrebbe muoversi Coca-Cola, che è già molto presente nell’America Latina, dove di recente ha anche testato delle nuove versioni light a base del dolcificante naturale stevia. Come evidenzia (nel video riportato qui sotto) l’analista di Euromonitor International Jonas Feliciano, i consumi di soft drink sono attualmente molto bassi a Cuba: sei litri a persona all’anno.
Fonte: Euromonitor International
Seppure aumentati rispetto ai 3,8 litri a persona del 2009, sono un’inezia rispetto ai 60 litri a persona del Perù, i 92 in media dell’America Latina e i 141 litri del Messico (uno dei Paesi al mondo con più problemi di obesità, non certo a caso). Perché i cubani si convertano alle bibite zuccherate, oltre a ignorare i consigli dei medici, dovranno anche vedere i prezzi scendere. Attualmente le bibite costano circa 1,20 dollari al litro, contro i 70 centesimi del Perù e i 90 centesimi del Messico. La Coca-Cola dovrà quindi entrare nel mercato con fortissimi sconti, e potrà farlo avvalendosi delle produzioni a Porto Rico. Non sarà però un gioco da ragazzi, perché il mercato vede già una serie di competitor locali, come Tukola e Tropicola, simili anche nell’aspetto (tre esemplari si vedono nella foto qui sotto). C’è poi la concorrenza del gruppo peruviano Aje, già presente a Cuba, che potrebbe decidere di anticipare Coca-Cola e Pepsi con un nuovo stabilimenti nell’isola.
Cuba è quindi destinata a un’invasione di prodotti dall’estero senza avere benefici? No, perché per i sigari si apre l’enorme mercato statunitense, che vale 8 miliardi di dollari per la sola categoria. Altre stime, sempre di Euromonitor, dicono che la produzione a Cuba potrebbe aumentare del 50 per cento. C’è però un paradosso: a guadagnare dalla fine dell’embargo sarà un’altra multinazionale, la Imperial Tobacco, quarto produttore mondiale del settore, con sede a Bristol, nel Regno Unito. Dal 2007 possiede il 50% della società di Stato cubana Corporacion Habanos, attraverso l’acquisto delle quote del gigante franco-spagnolo del tabacco Altadis.