Grecia al voto, Syriza è il partito favorito

Grecia al voto, Syriza è il partito favorito

La Grecia torna al voto, con tre anni di anticipo. È la conseguenza della mancata elezione del presidente della Repubblica da parte del Parlamento dopo tre scrutini consecutivi. Il premier Samaras aveva provato a forzare la mano anticipando questo appuntamento, sebbene la scadenza del mandato presidenziale fosse prevista per il prossimo mese di marzo. Aveva pensato, probabilmente, che la pressione dei “mercati”, dei media e delle istituzioni europee avrebbero potuto influenzare positivamente l’esito della votazione, oppure, come sostengono altri, che un ricorso anticipato alle urne gli avrebbe risparmiato l’onere di “gestire” per altri anni ancora i programmi della Troika in un paese stremato, in macerie. Ma tant’è.

Stavros Dimas, ex ministro ed ex commissario europeo all’ambiente, non ce l’ha fatta, quindi. Non sono bastati i 168 voti (ne servivano 180) che la maggioranza di governo alla fine è riuscita a raccattare. Lo scioglimento del Parlamento potrebbe avvenire a questo punto tra il 3 ed il 5 gennaio e le elezioni potrebbero svolgersi già ai primi di febbraio (si parla addirittura del 25 gennaio).

Stando ai sondaggi che circolano da mesi ormai, Syriza, il partito della sinistra guidato da Alexis Tsipras, potrebbe vincere nettamente le elezioni (è quotato tra il 26 e il 30%) e assumere la guida del governo. Si è fatto un gran parlare in questi giorni delle conseguenze che una vittoria di Tsipras potrebbe avere sul futuro della Grecia e della stessa Europa. Sbrigativamente alcuni media europei, ed anche italiani, hanno agitato lo spauracchio di una fuoriuscita unilaterale del Paese dall’Euro, facendo da sponda alla speculazione finanziaria che, già all’indomani dell’annuncio di Samaras sull’anticipazione della sessione parlamentare per l’elezione del Capo dello Stato, si era fatta sentire mandando giù di 12 punti la Borsa di Atene. Come stanno davvero le cose? La risposta a questa domanda sta nel programma che Syriza ha approvato lo scorso 15 settembre a Salonicco. Un programma molto dettagliato, la cui realizzazione dipenderà in gran parte proprio dalle scelte che le istituzioni europee andranno a compiere da qui ai prossimi anni. Si parla infatti di una “trattativa” da aprire con Bruxelles, per “Cancellare la maggior parte del valore nominale del debito pubblico” attraverso una “Conferenza europea sul debito” (il richiamo è alla Conferenza del 1953 che cancellò i debiti di guerra della Germania), di una “clausola di crescita” nel rimborso della parte restante in modo tale che lo stesso venga finanziato con la crescita e non attraverso leggi di bilancio, di “New Deal Europeo”, un programma di investimenti pubblici finanziati direttamente dalla Banca europea per gli investimenti. Nessun accenno ad un possibile sganciamento dalla zona Euro. Chiarissimo Alexis Tsipras: “La Grecia non lascerà l’euro. Quel rischio è finito nel 2012. Uscire dall’Euro non è la soluzione, la soluzione è cambiare l’Europa”.

Sul piano interno il programma parla di “ricostruzione dello stato sociale”, di “ripristino dello stato di diritto” e di “creazione di un regime meritocratico”, di “graduale rimedio a tutte le ingiustizie dei Memorandum”. Ovviamente Tsipras è consapevole che una “trattativa” con le istituzioni europee richiede tempi lunghi, per questo il programma prevede una serie di provvedimenti “immediati” per la rinascita del Paese. È quello che chiamano “Piano di Ricostruzione Nazionale”, un programma da 1.882 miliardi di euro che si articola su quattro “pilastri”: affrontare la crisi umanitaria, rilanciare l’economia e promuovere la giustizia fiscale, creare nuova occupazione, trasformare il sistema politico per rafforzare la democrazia.

Nel dettaglio si prevede, tra l’altro, di concedere l’elettricità gratis a 300.000 famiglie sotto la soglia di povertà, di adottare un “Programma di garanzia abitativa” (30 mila appartamenti da mettere a disposizione dei senzatetto), assistenza medica e farmaceutica gratuita per i disoccupati non assicurati, ripristino del salario minimo di 715 euro. Per il rilancio dell’economia sono previsti investimenti pubblici e tagli alla pressione fiscale, per rilanciare la domanda interna e l’occupazione.

Un programma molto ambizioso, da cui si evince che dal risultato delle elezioni greche dipenderà lo stesso destino dell’Europa. Sarà per questo che l’ingerenza negli affari del Paese di lobby e poteri finanziari, istituzioni politiche europee ed internazionali, si fa di giorno in giorno più pressante. Ma non ci sono alternative: stiamo parlando di un Paese con un tasso di disoccupazione che ha sfondato il tetto del 27% (60% quella giovanile), dove il 30% dei bambini vive in condizione di povertà, in cui ogni giorno più di 2.000 persone perdono il diritto all’assistenza sanitaria e cresce la fila davanti agli enti caritatevoli per un piatto caldo. Qualcuno ha parlato di “ritorno al Medioevo”, altri di “crisi umanitaria in tempo di pace”. Certo è che di fronte ad una simile situazione l’unica cosa che non si può fare è continuare sulla stessa strada.

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