Ormai dovremmo essere abituati. Non è la prima volta che a causa del sofisticato sistema di controllo che sta dietro ogni farmaco, compresi i vaccini, arrivano segnalazioni che possono creare allarmismo. Una volta perché magari la fiala utilizzata non è conforme al controllo qualità; altre volte – come nella recente vicenda del ritiro del vaccino Fluad – perché si sono osservati eventi avversi che hanno messo in allarme le autorità sanitarie, che a titolo cautelativo hanno sospeso l’utilizzo del vaccino. «È ovvio che i vaccini sono già provati e controllati ed è proprio tutta la rete di controllo che li sorveglia, inevitabile per la garanzia del cittadino –che va dalla verifica dalle fiale messe in circolazione, la qualità del prodotto, fino agli eventi avversi segnalati a carico delle persone vaccinate – che può portare a segnalazioni sui prodotti» spiega a Linkiesta Stefania Salmaso, direttrice del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute, dell’Istituto superiore di sanità. «Sappiamo che questi controlli esistono – il che significa anche che la macchina di sorveglianza funziona bene – e dovremmo averci fatto l’abitudine. Invece la comunicazione induce sempre molto allarme. E alla fine non si riesce mai totalmente a recuperare la fiducia delle persone che sono invitate a vaccinarsi. Ma la vaccinazione anti-influenza è una pratica salvavita».
L’influenza, infatti, non è una malattia banale come si potrebbe pensare. È pericolosa soprattutto per chi ha condizioni di salute già precarie ed è a rischio di sviluppare polmoniti, problemi respiratori o cardiovascolari. È una patologia virale caratterizzata da sintomi abbastanza severi, rialzo febbrile elevato e sintomatologia respiratoria, e può essere associata a gravi complicanze. Ha poi la caratteristica di essere contagiosa, e di diffondersi tra la popolazione molto rapidamente. Le stime dicono che ogni anno muoiono di influenza circa 8000 persone. «Non si muore allo stesso modo nelle diverse stagioni – continua Salmaso –nell’andamento della mortalità generale della popolazione, sappiamo da sempre che ci sono dei picchi. Nei mesi invernali per esempio c’è un eccesso di mortalità rispetto il resto dell’anno, che si ritiene associato alla presenza dei virus influenzali». In realtà per avere la prova che una persona è morta a causa dell’influenza bisognerebbe fare un test che confermi le presenza del virus circolante in quella stagione. Conferma che generalmente non viene cercata, perché molti dei decessi attribuiti all’influenza sono dovuti alle successive complicanze. «Qualcuno può morire per via di una polmonite virale diffusa legata proprio alla presenza del virus – sottolinea Salmaso – altri a causa delle condizioni di salute non stabili che creano uno scompenso tale da portare a un aggravamento della patologia già presente, causando il decesso».
Per sapere con certezza qual è la diffusione dell’influenza in Italia da tempo ormai è stato messo a punto un sistema di sorveglianza quali-quantitativo delle sindromi influenzali, che permette di monitorarne la diffusione. E ogni anno la curva che rappresenta la distribuzione nel tempo della frequenza dei casi di sindromi influenzali è quasi sempre la stessa. Anche perché il virus dell’influenza è talmente efficiente da “spazzare via” tutti gli altri patogeni, nell’arco delle settimane in cui si ha la sua massina diffusione, diventando responsabile della maggior parte delle malattie. «Sappiamo qual è il quadro clinico che si associa all’influenza, e contiamo quante persone si mettono a letto con questi sintomi durante l’inverno. Questo grazie alle segnalazioni settimanali dei medici di famiglia che ci dicono quante nuove sindromi influenzali hanno avuto durante la settimana. In contemporanea abbiamo una rete sentinella di laboratori che rileva i campioni biologi dagli assistiti (tamponi o prelievi dal naso-faringe, dalla gola e così via), e fa la ricerca del virus. Quando vediamo che cominciano a esserci molte segnalazioni associate a un certo tipo di virus, sappiamo che molte persone che si sono ammalate sono state infettate dal quel virus».
Il virus dell’influenza viene considerato un “trasformista” perché ogni anno è in grado di mutare. Ogni persona che s’infetta infatti, diventa un piccolo laboratorio dove i virus si replicano e a causa della loro scarsa stabilità, possono dare origine a forme ogni volta un po’ diverse. Alcune varianti sono poco stabili e non sopravvivono a lungo, altre sono più virulente, sono in grado di creare un quadro clinico più severo e hanno una grande capacità di diffusione. I virus più resistenti poi non si estinguono in una stagione ma continuano a diffondersi e finita la stagione invernale in un emisfero passano nell’altro. L’Organizzazione mondiale della sanità proprio in base alle segnalazioni dei diversi paesi individua i ceppi di virus più diffusi e resistenti, sulla base dei quali vengono poi sviluppati i vaccini. Questi infatti conterranno gli antigeni per i tre-quattro ceppi che ci si aspetta si diffonderanno nei diversi paesi durante la stagione influenzale, in modo da sviluppare l’immunità e la conseguente protezione dal virus, in chi si vaccina. «Per fare un esempio il virus AH1N1 – che nel 2009 creò un po’ di panico perché era molto contagioso e la popolazione non aveva nessuna copertura immunitaria in quanto era un virus nuovo – ancora oggi continua a girare. Ed è per questo che il vaccino di quest’anno contiene tre-quattro antigeni di virus diversi, tra cui l’H1N1. Nonostante la pandemia e il fatto che molte persone siano state contagiate, quella è una delle macchine virali di miglior successo che l’influenza ha messo a punto».
Il fatto che il virus dell’influenza cambi ogni volta rende la malattia diversa dalle altre a cui siamo abituati, per cui una volta infettati, si creano gli anticorpi e diventiamo immuni. «Proprio perché non esiste un’immunità è importante fare il vaccino – conclude Salmaso – il sistema immunitario produce anticorpi mirati su un singolo agente, ma se questo cambia ogni anno, non saremo mai preparati per la volta dopo. La vaccinazione antiinfluenzale più che a garantire una protezione dal singolo virus dell’influenza serve a sviluppare un’immunità di base. Ripetendo le vaccinazioni ogni anno infatti, si crea un immunità di breve durata e piano piano il sistema immunitario viene allenato a riconoscere tanti virus diversi. Inoltre è stato dimostrato da molto studi in letteratura che la popolazione vaccinata ha una riduzione di eventi severi per malattie cardiovascolari e della mortalità generale per altre cause».
A proposito di una corretta comunicazione, proprio in questi giorni a Venezia si è tenuta la conferenza conclusiva del progetto co-finanziato dall’Unione Europea “Tell me”, per sviluppare nuovi protocolli comunicativi e comportamentali, basati su evidenze scientifiche, da applicare in caso di pandemia. Ma anche in situazioni come quella che si è verificata di recente in Italia sui vaccini, dove una serie di segnalazioni non verificate di effetti avversi hanno portato al ritiro precauzionale di alcuni lotti di vaccino influenzale. Sospetti poi rientrati dopo un accurato esame delle autorità sanitarie. «Spesso – scrivono i responsabili del progetto – la tutela della salute passa anche attraverso una corretta comunicazione sui media tradizionali e sui social media, terreno di conquista dei movimenti anti scientifici».