Ior, sotto inchiesta tutta la gestione dell’era Wojtyla

Ior, sotto inchiesta tutta la gestione dell’era Wojtyla

L’indagine per peculato aperta dalla giustizia vaticana contro l’ex presidente dello Ior Angelo Caloia e l’ex direttore generale, Lelio Scaletti, è destinata a far riscrivere  – questa volta senza illazioni ma con dati di fatto – la leggenda nera dell’istituto finanziario vaticano. L’inchiesta condotta dalla magistratura vaticana è a suo modo un fatto storico in quanto ha fatto emergere prove dirette – raccolte dallo stesso Ior – del coinvolgimento dei massimi vertici dell’istituto in attività finanziarie illecite e fraudolente attraverso movimentazioni di denaro in paradisi fiscali e con trafugamento di risorse. 

Caloia è infatti rimasto al vertice della cosiddetta banca vaticana per un ventennio – dal 1989 al 2009 – mentre Scaletti è stato per decenni all’interno dei ranghi amministrativi dell’Istituto. Si tratta insomma di un pezzo fondamentale di storia del Vaticano e della Chiesa universale che finisce oggi all’indice con accuse pesanti di malversazioni ai danni delle casse vaticane, cioè dello stesso Papa. Con loro è finito sotto inchiesta anche l’avvocato Gabriele Liuzzo che li avrebbe aiutati nell’operazione. Oltretevere la vicenda in corso viene paragonata a quella dell’ex nunzio Jozef Wesolowski, il diplomatico vaticano di nazionalità polacca finito nell’occhio del ciclone con accuse gravissime di abusi sui minori compiuti nella Repubblica domenicana. La giustizia del papa ha aperto un procedimento contro Wesolowski, l’ex nunzio è stati già ridotto allo stato laicale, ma contro di lui sono state già raccolte prove pesantissime e ora rischia una condanna penale da 6 a 8 anni. 

In Vaticano non lo possono ancora dire apertamente perché il processo è appena nella fase iniziale, ma contro gli ex vertici dello Ior ci sarebbero prove non discutibili di colpevolezza. Quando si arriverà alla sentenza in caso di condanna il Tribunale vaticano potrà domandare alle autorità italiane di renderla operativa poiché i personaggi coinvolti sono cittadini del nostro Paese. Inoltre è possibile che, nel corso delle indagini, il promotore di giustizia, l’avvocato Gian Piero Milano (il pubblico ministero che conduce le indagini) possa chiedere, attraverso rogatorie internazionali, che qualche testimone coinvolto nella vicenda vada a testimoniare Oltretevere per corroborare ulteriormente le prove. 

La storia è semplice e clamorosa nello stesso tempo: secondo l’accusa negli anni che vanno dal 2001 al 2009, Caloia, Scaletti e l’avvocato Liuzzi realizzarono una sorta di svendita del patrimonio immobiliare dello Ior per un ammontare di circa 160 milioni di euro. Gli immobili in questione vennero poi in buona parte acquistati da società  – con classiche sedi caraibiche – che sarebbero riconducibili all’ex presidente dello Ior e all’ex direttore dell’istituto oltre che a Liuzzi. Successivamente il patrimonio di prestigio sarebbe stato rivenduto a cifre di mercato facendo realizzare un guadagno di circa 60 milioni ai tre, il tutto ai danni dell’istituto. La storia è venuta alla luce dato che i due protagonisti principali dell’affare avrebbero mantenuto 17milioni di euro allo Ior; negli ultimi mesi poi hanno provato a spostarli per via delle indagini in corso e delle nuove norme sulla trasparenza finanziaria introdotte con papa Francesco, a quel punto il denaro è stato bloccato ed è scattata la denuncia. Per altro in Vaticano non vogliono sottovalutare l’entità del danno che, anche dal punto di vista finanziario, giudicano estremamente grave. 

Il colpo inferto alla finanza bianca lombarda è durissimo, forse senza appello, non solo: l’intero pontificato di Wojtyla, sotto il profilo finanziario, finisce sotto accusa; prima lo scandalo del Banco Ambrosiano, Michele Sindona, la morte del banchiere Roberto Calvi, i traffici dell’ex presidente Paul Marcinkus; ora anche Caloia, considerato il ’risanatore’.. Il danno per peculato è poi particolarmente grave, vuole dire approfittarsi della propria posizione di potere per impossessarsi di beni sui quali si dovrebbe vigilare; Oltretevere usano parole pesantissime per quanto venuto alla luce. Caloia nel frattempo si è si è dichiarato estraneo ai fatti, certo della propria innocenza. 

E in effetti se si fa un salto indietro e si sfoglia l’annuario pontificio dell’anno di grazia 2009 c’è da rimanere perplessi: nella pagina scarna dedicata allo Ior, la ’banca vaticana’, si trova un elenco di indagati ai vertici dell’istituto. Il presidente Angelo Caloia, in primis, denunciato ora dalla stessa dirigenza dello Ior e indagato dagli organi giudiziari vaticani. Poi il direttore generale Paolo Cipriani (che nel 2007 aveva sostituito Scaletti con l’avallo di Cesare Geronzi secondo quanto ha scritto Famiglia cristiana) e il suo vice, Massimo Tulli, che rimasero in carica fino all’estate del 2013 quando si dimisero; erano però indagati dal 2010 dalla magistratura italiana per violazione della normativa antiriciclaggio in relazione allo spostamento di 23 milioni dallo Ior sul Credito artigiano, operazione non corredata delle necessarie informazioni sulla provenienza della somma (la magistratura ordinò poi il dissequestro della somma nel 2011).

Va però sottolineato che i due lasciarono le loro funzioni in concomitanza con l’esplosione di un altro caso clamoroso: quello dell’arresto, ancora da parte delle autorità italiane, di monsignor Nunzio Scarano, il contabile dell’Apsa, (dicastero vaticano che si occupa del patrimonio della sede apostolica) accusato di truffa, riciclaggio e altri reati. Scarano aveva compiuto una serie di operazioni illecite attraverso i propri conti allo Ior e figurava anche lui nel famoso annuario del 2009, solo nelle pagine dedicate all’Apsa. A questi personaggi se ne deve però aggiungere un altro: si tratta di un secondo direttore generale, Luigi Scaletti, in carica con Caloia fino al 2007 (dopo quarant’anni di carriera all’interno dello Ior) e con quest’ultimo indagato per peculato all’interno delle mura leonine. 

Ma perché il 2009? perché quell’anno il Segretario di Stato Tarcisio Bertone chiamò alla guida dell’istituto un altro banchiere, Ettore Gotti Tedeschi, Opus Dei, proveniente dal Santandér, il gruppo spagnolo guidato a quel tempo da Emilio Botìn e vicino alla ’Obra’ fondata da Escrivà de Balaguer. Gotti Tedeschi resisterà solo tre anni poi, nel 2012, per dissidi interni con i consiglieri laici dello Ior, banchieri e finanzieri europei e americani, e con lo stesso cardinal Bertone, si dimetterà. Secondo gli organi dirigenti dell’istituto per incapacità, secondo lui perché voleva portare avanti un’opera di trasparenza finanziaria, cosa non gradita a molti anche Oltretevere. Resta il fatto che  i cambiamenti richiesti al Vaticano dagli organismi internazionali non si realizzarono sotto la sua gestione, se non in minima parte restando un obiettivo di là da venire. E tuttavia dal 2010, in seguito all’intervento di Bankitalia che impose a tutte le banche italiane di trattare il Vaticano e quindi lo Ior più o meno  alla stregua delle isole Cayman (cioè come Paese a rischio riciclaggio), qualcosa nei meccanismi di circolazione irregolare del denaro s’inceppò. 

La denuncia interna contro Caloia, gran principe della finanza bianca lombarda, è anche un segnale forte alle autorità italiane che ora potranno decidere se il Vaticano va ancora considerato come uno Stato a regime antiriciclaggio “non equivalente”; questo scoglio impedisce di fatto alle banche italiane di avere rapporti diretti con lo Ior, rapporti che sono invece vitali per l’istituto finanziario del papa (Su Linkiesta abbiamo ricordato come ben 130 milioni di euro dello Ior a causa di questo nodo irrisolto, siano bloccati nelle banche italiane). Caloia nel frattempo si è dimesso dalla Veneranda Fabbrica del Duomo, l’antichissima istituzione milanese che preserva e gestisce il Duomo di Milano sotto il profilo della conservazione e anche della gestione economica. Sul sito della ’Fabbrica’, si legge che “il 12 maggio 2014 il cardinale Angelo Scola ed il Ministro degli Interni in carica, Angelino Alfano, hanno rinnovato per il triennio le nomine del Consiglio di Amministrazione della Veneranda”, poco dopo all’unanimità il Cda aveva confermava Caloia alla guida della prestigiosa istituzione. Ora arrivano le dimissioni, gli scandali, le accuse roventi e la difesa di Caloia e Scaletti; ma certo, al di là del dato giudiziario di cui osserveremo gli sviluppi, è l’intera storia dello Ior, e quindi almeno in parte del Vaticano e delle su strutture di potere, ad essere entrata in discussione in questa vicenda. 

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