TaccolaLa folle corsa per salvare Termini Imerese

La folle corsa per salvare Termini Imerese

A Termini Imerese la situazione è più italiana che mai: emergenza pura, dopo il molto tempo perso. Nelle case dei 1.100 lavoratori in bilico tra licenziamento e rilancio si passerà uno dei Natali più tesi di sempre. In un pugno di giorni, da venerdì 19 al 29 dicembre, si dovrà fare tutto quello che non è stato fatto nei 5-6 mesi precedenti: esaminare il piano industriale del nuovo soggetto che dovrebbe rilevare gli stabilimenti della Fiat e della Magneti Marelli, approvare il finanziamento pubblico, trasferire il ramo d’azienda, assumere tutti gli operai e metterli in cassa integrazione, in attesa dell’avvio delle operazioni. Il tutto in cinque giorni lavorativi, sette se saranno compresi sabato 27 e domenica 28 dicembre. 

La frenesia è data dal fatto che il 30 dicembre scadrà la cassa integrazione di Fca. In altri termini, se non si trova un accordo, si passerà ai licenziamenti. A meno di un rinvio, che sarebbe comunque molto difficile, anche tecnicamente. 

Al netto della fretta, tutti i soggetti in causa, dal governo ai lavoratori, dagli enti locali ai sindacati, concordano: dopo le scatole cinesi e l’incosistenza finanziaria – e probabilmente industriale – della Grifa, il nuovo soggetto individuato dal ministero dello Sviluppo economico, la Metec, è finalmente un vero operatore, tra i più rispettati nel mondo dell’indotto Fiat di Torino. Ora c’è l’industriale, manca però ancora un piano. 

L’uscita di scena della Grifa

Brevissimo riassunto delle puntate precedenti. Lo stabilimento di Termini Imerese è stato dal 1970 uno stabilimento Fiat (e Magneti Marelli), e ha avuto fino a 3.200 operai. Alla fine del 2011 la Fiat, sotto la guida di Sergio Marchionne, decise di inserirlo tra gli stabilimenti da chiudere perché troppo costoso (soprattutto per la posizione geografica e i costi di logistica conseguenti). Da allora si sono avvicendate diversi ipotesi di riconversione. Fino alla primavera del 2013 le trattative furono portate avanti con la DR Motor Company, ma senza successo, anche per le difficoltà finanziarie della società.

Da metà 2014 il soggetto che ha avuto i colloqui con governo, regione e sindacati è stata la Grifa, una newco costituita il 25 marzo 2014 e formata da ex dirigenti Fiat, Magneti Marelli e di un’azienda dell’indotto. Il progetto prevedeva la produzione di 35mila auto ibride, pensate per le zone a traffico limitato delle città. Le difficoltà sono state soprattutto di tipo finanziario. A fronte di 250 milioni di euro di contributi pubblici, tra Mise e Regione Siciliana, la società avrebbe dovuto metterne 100. In particolare, 75 sarebbero dovuti arrivare da un fondo brasiliano con un aumento di capitale, mentre 25 dal capitale di un’azienda chiamata Energy Crotone, che risultava proprietaria di Grifa. Una ricostruzione del Fatto Quotidiano ha messo in fila le tappe della vicenda, che hanno via via fatto aumentare i dubbi sulla consistenza dell’operazione. 

Lo scorso martedì 16 dicembre arriva la svolta improvvisa: il viceministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti annuncia ai sindacati che la Grifa esce di scena e che viene sostituita dalla Metec. Il nome era emerso poco prima, perché si diceva potesse entrare nel capitale di Grifa, soluzione poi tramontata. 

L’ora della Metec

La holding Metec spa ha sede a Lanciano (Chieti), ma le attività in Italia e le sedi delle controllate sono in provincia di Torino. L’amministratore unico, Roberto Ginatta, ha a lungo lavorato in Magneti Marelli. Con il socio Giuliano Zucco aveva acquistato dal Lingotto nel 2002 il ramo d’azienda Magneti Marelli after market, per rivenderla nel 2007 alla stessa Fiat. La società ha avuto un riassetto: attualmente la capogruppo è la Metec spa, che è holding sia del gruppo Metec (commercio e lavorazione di metalli) sia del gruppo Stola, che svolge la propria attività nel settore automotive, dalla progettazione/master/prototipi allo stampaggio e lastratura di componenti per auto, “tailored blanks”, settore composti chimici e settore illuminazione per automotive. La Metec spa ha avuto un utile nel 2013 di 6,08 milioni di euro. Sul profilo del gruppo Stola, di cui Metec fa parte, si segnalano 5.185 dipendenti, di cui 3.550 in Brasile e 1.515 in Italia. 

L’amministratore, Roberto Ginatta, grande tifoso della Juve, era strettamente legato a Umberto Agnelli e alla vecchia dirigenza bianconera. A Torino è ricordato per aver provato a comprare la casa editrice Einaudi nel 2010, senza successo. Per il resto è noto per essere poco legato alle associazioni industriali. Dall’Anfia, associazione di categoria dei componentisti, con sede a Torino, confermano che l’azienda non è associata. La segnalazione per Termini Imerese non sembra arrivata dalla Fiat ma dal ministero dello Sviluppo economico, che ha avuto rapporti con la Metec per altre questioni industriali, a partire dalla OM di Bari, dove la società è in trattativa da tempo per realizzare cabine per automezzi militari. 

I nodi del vertice al Mise

Che cosa ha in mente la Metec per lo stabilimento di Termini Imerese? Nessuno sembra ancora saperlo nel dettaglio. Quello che tutti sanno è che ci saranno due fasi. «De Vincenti ha detto che ci saranno due step – commenta a Linkiesta Salvatore Burrafato, sindaco di Termini Imerse -. Il primo è il core business della componentistica, da sviluppare nell’arco di un anno. Il secondo è dato dalle autovetture, da sviluppare in progress. Noi adesso abbiamo bisogno di numeri, tempistica e del progetto industriale».

I punti ancora da chiarire sono tanti e Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim Cisl, chiede che siano risolti già nell’incontro di venerdì 19 dicembre. «Dobbiamo vedere subito un piano industriale. Sembra che parta subito la componentistica, con tempi di inserimento più veloci rispetto a quelli di Grifa. Poi sarà la volta della produzione di auto ibride. La perplessità è che se il piano industriale verterà solo sulla componentistica, bisognerà capire quai saranno i prodotti e i mercati. La componentistica in genere ha una prossimità con l’industria. Dobbiamo verificare se i componenti saranno destinati al Nord Italia ed Europa o al Nord Africa, dove le case francesi hanno degli stabilimenti».

C’è poi la questione di cosa si produrrà. «Non sappiamo nulla su quello che si farà – aggiunge Uliano -. Di certo non ci si potrà limitare a produzione a basso valore. Spostare parti plastica dalla Sicilia al Nord avrebbe dei costi di logistica troppo alti».

La Metec teoricamente potrebbe produrre materiali di alto valore aggiunto. «La Stola (controllata di Metec spa, ndr) è un fornitore di parti sostanziali di automobili, è un “sub-assemblatore” e un prototipista – commenta Beppe Russo, economista e uno dei maggiori esperti sulla filiera automotive in Italia -. È più di un semplice fornitore, fa ingegneria di processo e ha impianti significativi. Non è un improvvisatore, escluderei che si muova senza un’idea di cosa fare». 

«Meltec è del primo cerchio dell’indotto Fiat e hanno una credibilità – concorda Michele Di Palma, segretario nazionale della Fiom Cgil -. Ma con la sola componentistica non si salvano tutti i lavoratori. Se non c’è l’auto non c’è la ricollocazione degli operai. Dobbiamo seguire il percorso sancito dal Mise e vogliamo che ci sia una soluzione industriale. C’è moltissima urgenza e i più alti livelli di governo dovrebbero occuparsene. Renzi ad agosto è andato in elicottero a Termini Imerese a parlare di un interessamento di una società cinese, cosa che non si è rivelata reale. Ora deve prendersi le sue responsabilità».

Il problema principale, se si produrrà solo componentistica, riguarda i 300 lavoratori dell’indotto, che si sommano ai 770 degli stabilimenti ex Fiat e Magneti Marelli. Senza una produzione anche di automobili, il loro futuro è segnato, o quantomeno a fortissimo rischio.

Rimane però da capire se la produzione di automobili stia in piedi da un punto di vista economico, nonostante i milioni della Regione Siciliana e quelli che dovrebbero arrivare da Invitalia, che dovrebbe decidere entro martedì sul finanziamento. In tutto il conto per il pubblico è salito a 290 milioni, 40 in più del precedente piano con Grifa.

Soldi che non si potranno buttare. È quindi fondamentale che il piano industriale dissipi ogni dubbio sull’eterno rischio delle avventure industriali al Sud: che le attività siano create al solo scopo di attingere a finanziamenti pubblici e accettate come una forma di ammortizzatore sociale mascherato. Per il sindaco di Termini Imerese ora è il momento di guardare in positivo: «Sembra paradossale: invece che cominciare a valutare il nuovo soggetto industriale, che ha capitale e know how, ci aggrappiamo alla vicenda della Grifa. È meglio che esca di scena ora, visto che non hanno le carte in regola, piuttosto che a produzione avviata. Lo Stato ha dimostrato di poter attivare una rete di sicurezza in caso di problemi di questo tipo». 

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