La tortura non ha sconfitto il terrorismo

La tortura non ha sconfitto il terrorismo

Martedì 9 dicembre la commissione del Senato USA per i servizi segreti ha pubblicato un rapporto di oltre 500 pagine sui sistemi di interrogatorio e di detenzione della CIA, l’agenzia di spionaggio estero degli Stati Uniti. Il rapporto si basa su un lavoro quinquennale di revisione di 6,3 milioni di pagine di documenti dell’agenzia e si occupa principalmente delle pratiche messe in atto durante la presidenza Bush in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001.

La senatrice democratica Dianne Feinstein, presidente della commissione, ha detto che «le azioni della CIA, dieci anni fa, sono una macchia sui nostri valori e sulla nostra storia».

Era già noto che gli Stati Uniti avessero utilizzato centri di detenzione segreti in paesi terzi e che avessero utilizzato tecniche particolarmente brutali negli interrogatori, negli anni della cosiddetta “War On Terror”. Ma il rapporto ha documentato in modo più approfondito quelle pratiche e ha sottolineato che la CIA ha mentito alle autorità statunitensi sui loro risultati. È una delle critiche ufficiali all’operato dei servizi segreti americani più dure dalle commissioni del Congresso che, negli anni Settanta, investigarono i comportamenti illegali della CIA all’indomani del Watergate.

Con una grande quantità di casi ed esempi, il rapporto conclude anche che nella “guerra al terrore” dell’amministrazione Bush la tortura non è servita a nulla – e la stampa americana ha criticato anche la gestione successiva della vicenda da parte di Obama.

1. Ha ucciso persone

Il rapporto contiene una lunga serie di dettagli disturbanti, e in parte nuovi, sulle violenze effettuate sui detenuti. In almeno un caso, un detenuto è morto mentre era prigioniero della CIA. Il rapporto scrive (a p. 10) che in una struttura chiamata “Cobalt”, localizzata in un paese non specificato e guidata da «un funzionario di basso grado senza esperienza rilevante», un uomo «che era stato tenuto parzialmente nudo e incatenato al pavimento di cemento morì di sospetta ipotermia nella struttura». Il New York Times identifica “Cobalt” con un centro di detenzione in Afghanistan conosciuto come “la miniera di sale”.

Dopo l’episodio, e almeno in parte per reazione ad esso, l’allora capo della CIA George Tenet emanò a gennaio 2003 una serie di linee guida per i centri di detenzione e gli interrogatori. Tuttavia, gli standard minimi erano così bassi da essere rispettati anche alla “miniera di sale”. In quel momento, già una quarantina di persone erano detenute dalla CIA.

2. Nessuna informazione…

Secondo i documenti della CIA, 39 persone detenute dai servizi segreti sono state sottoposte alle cosiddette «tecniche avanzate di interrogatorio» ( enhanced interrogation techniques): eufemistica espressione con cui venivano chiamate pratiche come il waterboarding, la privazione del sonno, e una serie di pratiche brutali a cui ci si riferiva con termini pseudomedici come «alimentazione rettale» e «idratazione rettale».

In 7 casi su 39, dice il rapporto, i detenuti non hanno fornito alcuna informazione alla CIA, nonostante le torture. L’inutilità delle violenze si somma ai casi di detenzione immotivata: lo stesso rapporto scrive che almeno 26 delle 119 persone detenute dalla CIA lo furono per errore, e alcuni di loro furono trattenuti a lungo anche dopo che i servizi segreti se ne accorsero.

In uno dei casi più emblematici, due persone detenute dalla CIA e funzionari di un governo alleato degli Stati Uniti furono sottoposti a privazione del sonno e «manipolazione della dieta alimentare», prima che i servizi segreti si accorgessero che avevano provato a contattare la stessa CIA per settimane per segnalare sospetti attacchi terroristici di al-Qaida. Nonostante questo, rimasero prigionieri ancora per un numero non specificato di mesi (il rapporto della commissione è stato pubblicato con pesanti censure).

3. oppure informazioni sbagliate

In altri casi, i detenuti hanno inventato storie e informazioni, «portando ad attività di intelligence viziate» in partenza. «I detenuti hanno fornito informazioni inventate su importanti questioni di intelligence, tra cui le minacce terroristiche che la CIA identificava tra le sue massime priorità».

La CIA stessa, o almeno alcuni funzionari al suo interno, hanno criticato il programma mentre era ancora in corso, e «diverse volte durante il programma» di detenzione e interrogatorio «conclusero che il metodo più efficace per ottenere informazioni dai detenuti, inclusi i detenuti che la CIA considerava di “maggior valore”, era di mettere i detenuti di fronte a informazioni già ottenute dall’insieme dei servizi segreti».

4. Non è servita per prendere Bin Laden

Quanto a uno dei maggiori successi dei servizi segreti americani degli ultimi anni, cioè l’individuazione della casa in cui si nascondeva Bin Laden in Pakistan – il capo di al-Qaida è stato poi ucciso in un raid delle forze speciali il 2 maggio 2011 – anche questo non è stato raggiunto tramite il ricorso alla tortura, nonostante la CIA abbia in passato sostenuto il contrario.

Come ha ricostruito Vox, la CIA individuò Bin Laden dopo aver identificato il suo corriere, un uomo di nome Abu Ahmed al-Kuwaiti. Alcune delle informazioni più importanti su al-Kuwaiti furono raccolte nel 2002, prima che si facesse ricorso alla tortura nel suo caso; altre vennero da un uomo catturato in Iraq nel gennaio 2004, Hassan Ghul. Ghul disse che Bin Laden «viveva probabilmente in una casa con una famiglia da qualche parte in Pakistan». Ma anche in questo caso, Ghul diede le informazioni prima di essere torturato, ha scritto il rapporto. «Durante e dopo l’uso delle tecniche avanzate di interrogatorio della CIA, Ghul non diede altre informazioni sostanziali su al-Kuwaiti». In conclusione, scrive Vox, «non ci sono prove solide che la tortura abbia aiutato a prendere Bin Laden – e un sacco di prove del contrario».

5. Il personale era incompetente

Il rapporto mostra anche che, soprattutto nei mesi iniziali, il programma era gestito in modo improvvisato e inadeguato. Al centro del programma di “tecniche avanzate di interrogatorio” sembrano esserci due ex psicologi dell’aviazione militare, incaricati di «sviluppare, operare e valutare» quelle attività. Non avevano conoscenze particolari riguardo al-Qaida e l’antiterrorismo, né esperienze negli interrogatori.

L’unica loro competenza in materia sembra essere un programma dell’aviazione, seguito anni prima, in cui i partecipanti venivano istruiti sui modi per resistere alle torture usate in Vietnam o in Corea decenni prima. Nonostante questo, i due riuscirono a convincere il Centro Antiterrorismo della CIA, allora guidato da Cofer Black e José Rodriguez, che la violenza fisico-psicologica potesse servire a ottenere informazioni.

I due psicologi, identificati dalla stampa come James E. Mitchell e Bruce Jessen, decidevano chi poteva essere sottoposto ai metodi più brutali ed erano anche incaricati di valutare i loro stessi risultati. Nel 2005 i due formarono una società a cui la CIA appaltò «praticamente tutti gli aspetti del programma» e per questo vennero pagati un totale di 81 milioni di dollari prima della fine del contratto, nel 2009 (secondo la CIA, le «tecniche di interrogatorio avanzate» non sono state più utilizzate dopo il novembre 2007). In alcuni casi portarono avanti gli interrogatori in prima persona.

6. La CIA ha mentito sui risultati

Uno dei risultati fondamentali a cui è arrivata la commissione è che la CIA abbia mentito davanti alle autorità statunitensi, alla Casa Bianca e all’opinione pubblica sull’efficacia delle «tecniche avanzate di interrogatorio». La brutalità, è stato affermato diverse volte – anche dal vicepresidente Dick Cheney, in carica sotto George W. Bush dal 2001 al 2009 e già segretario alla Difesa con il padre Bush senior – serviva a sventare attentati.

Ma la commissione ha passato in rassegna «20 dei più frequenti e importanti esempi di presunti successi dell’antiterrorismo che la CIA ha attribuito all’uso delle sue tecniche avanzate di interrogatorio» e ha concluso che quegli esempi erano «sbagliati in aspetti fondamentali.» In alcuni casi «non c’era relazione tra i successi dell’antiterrorismo citati e qualsiasi informazione fornita dai detenuti durante o dopo l’uso» delle brutali tecniche di interrogatorio.

In altri, la CIA ha ottenuto «conferma di informazioni già disponibili alla CIA o ad altri elementi dei servizi segreti americani da fonti diverse dai detenuti della CIA», e quindi non erano informazioni «altrimenti non disponibili»; oppure ha ottenuto informazioni dai detenuti prima dell’uso della tortura.

7. La CIA sapeva già dell’inefficacia della tortura

In un documento del 1989 inviato al Congresso, la stessa CIA aveva concluso che le torture sono per lo più inutili. Allora aveva scritto : «tecniche inumane, fisiche o psicologiche, sono controproducenti perché non producono intelligence e farebbero ottenere probabilmente false risposte».

All’interno della CIA, il programma degli interrogatori con metodi brutali non era accettato da tutti. Il New York Times riporta una mail di un agente di alto grado che, nel gennaio 2003 – a dieci mesi dall’inizio – descriveva le brutalità come un disastro «che aspetta di succedere». Aggiungeva di aver già esposto le sue «serie riserve» ai suoi superiori e di non voler avere più nulla a che fare con il programma.

8. È vietata dai trattati internazionali

La tortura è vietata da numerosi trattati internazionali, che gli Stati Uniti hanno ratificato e in alcuni casi promosso. È vietata dall’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata nel 1948 dalle Nazioni Unite: «Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.» È vietata dalla Convenzione contro la tortura firmata proprio negli Stati Uniti, a New York, nel 1984.

La convenzione definisce la tortura così (art. 1): «qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni.» Specifica anche (art. 2) che «nessuna circostanza eccezionale, qualunque essa sia, si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra, d’instabilità politica interna o di qualsiasi altro stato eccezionale, può essere invocata in giustificazione della tortura».

9. Obama ha chiuso il capitolo – sbagliando

In un editoriale non firmato, il New York Times ha criticato duramente il programma e non ha risparmiato Barack Obama, dicendo che mettere una pietra sopra le azioni della CIA prima dell’inizio del suo mandato è stato un errore:

«La litania di brutalità, illegalità e mancanza di responsabilità serve da promemoria di quanto sia stata orribile la decisione, presa dal presidente Obama all’inizio della sua amministrazione, di mettere una pietra sopra questo capitolo della nostra storia, anche se ha ripudiato l’uso della tortura. I funzionari della CIA che hanno distrutto le registrazioni video del waterboarding sono rimasti impuniti, e tutti i tentativi di portare queste vicende in un’aula di giustizia sono stati bloccati da rivendicazioni di segreti nazionali.»

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