Le piccole e medie imprese marchigiane sono cresciute usando il credito della Banca delle Marche, che con una quota intorno al 20% ha sempre dominato il mercato dell’intermediazione creditizia della regione. Ma Banca Marche dal 2012 è entrata in una crisi profonda dalla quale non è ancora uscita e, se ne uscirà intera, sarà con un’operazione piuttosto dolorosa, soprattutto se affidata a specialisti delle sofferenze e a commissari da liquidazione. La correlazione, purtroppo negativa, tra il disastro avvenuto nella principale banca della Regione Marche e la quantità di credito erogato alle imprese non è mai stata accertata ma appare del tutto ovvia.
La correlazione negativa tra il disastro nella banca e la quantità di credito erogato appare del tutto ovvia
Provando a raffrontare la situazione del credito nelle Marche con quella di un’altra regione dominata da una banca locale in crisi (Monte dei Paschi di Siena) le imprese marchigiane escono con le ossa rotte nel confronto. La riduzione del credito è nettamente superiore.
La riduzione del credito commerciale a breve è considerevole e a giugno dell’anno scorso ha sfiorato il 20% contro il 9,3% in Toscana. Migliora la situazione un anno dopo, ma le Marche subiscono ancora un tasso di riduzione doppio sugli anticipi fatture e addirittura triplo sugli scoperti in conto corrente. Differenza impressionante.
C’è correlazione tra questi numeri e la vicenda complicata di Banca Marche? Sembra proprio di sì, almeno a giudicare da questa infografica che accoppia la timeline della crisi della banca con i dati regionali sul credito a breve termine (che è il più sensibile alla decisione di una stretta creditizia):
Il calo del credito alle imprese corrisponde proprio al periodo più travagliato della banca, dall’annuncio della perdita di mezzo miliardo al commissariamento proposto da Banca d’Italia. Sono sempre alti i tassi di riduzione a giugno 2014 quando gli ex-vertici vengono pesantemente sanzionati e gli 800 milioni per l’aumento di capitale necessario non si capisce da dove possano arrivare.
A pagare oltre alle imprese marchigiane ci sono i piccoli risparmiatori e le tre fondazioni, che hanno svalutato e perso il controllo
A pagare il conto sono dunque state le imprese marchigiane. E non solo loro, le tre fondazioni hanno svalutato pesantemente la partecipazione, perderanno il controllo della banca e hanno perso il flusso di dividendi necessario a fare erogazioni sul territorio. I piccoli azionisti – spesso anche clienti – si troveranno ben poco in mano e faranno le solite azioni collettive contro banca e manager che non hanno ancora pagato. Se poi vogliamo mettere sale sulle ferite, aggiungiamo questo pezzo di antiquariato. Era il marzo 2008 quando la banca ha rifiutato una bella offerta francese. Così scriveva Il Sole 24 Ore:
Credit Agricole, maxi-offerta a Banca Marche
I francesi del Crédit Agricole sono pronti a offrire oltre 1,7 miliardi per il 51,9% della Banca delle Marche, l’istituto del Centro Italia che ha una rete di 280 sportelli dislocati tra Marche, Abruzzo e bassa Romagna. Una rete che ha complementarietà geografica con Cariparma, perno della presenza italiana dell’Agricole, e con gli sportelli nel nordest dell’altra controllata Friuladria.
I tempi per la presentazione delle offerte vincolanti, stando a fonti vicine alla trattativa, sarebbero scaduti alla fine della scorsa settimana. E l’Agricole, secondo indiscrezioni del quotidiano francese La Tribune, avrebbe presentato un’offerta che lo porrebbe in pole position nella gara per l’acquisizione dell’istituto marchigiano. Alla gara, che mercoledì dovrebbe avere il giorno-clou con l’apertura delle buste con le offerte che saranno esaminate dal cda di Banca Marche, partecipa anche la Banca Popolare dell’Emilia-Romagna che punta ad allargare il proprio network basato su un modello federale.
Un valore di 3 miliardi nel 2008 bruciato in 6 anni di gestione senza freni e controlli. Niente male. E resta un governatore regionale che tristemente aspetta di essere ricevuto dai commissari della banca, molto impegnati a costruire la soluzione “straordinaria” con Tages/Credito Fondiario, gli unici pretendenti rimasti a banchettare sugli avanzi della Banca delle Marche.