Prima il nome e poi il cognome: è giusto firmare così?

Prima il nome e poi il cognome: è giusto firmare così?

A scuola, per interrogarvi, vi chiamavano Rossi Giuseppe. Stessa cosa facevano i prof all’università quando facevano l’appello degli esami. E perché allora firmiamo prima con il nome e poi con il cognome. L’Accademia della Crusca risolve anche questo dubbio.

È più corretto firmare nome+cognome o cognome+nome?

La Crusca risponde Come si può verificare in un qualsiasi manuale di “galateo linguistico”, quale per esempio Il Salvaitaliano di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, quando si firma un documento bisogna mettere prima il nome e poi il cognome (es.Mario Rossi). In presenza di un secondo nome, questo va ovviamente inserito tra il nome e il cognome (Mario Giuseppe Rossi). L’ordine inverso non va mai usato nelle firme; può essere necessario impiegarlo quando il nome vada inserito in un elenco alfabetico, come per esempio nell’elenco telefonico: Rossi Mario, e in presenza di secondo nome, Rossi Mario Giuseppe. In altri tipi di elencazioni alfabetiche, come per esempio una bibliografia, si può scegliere di inserire, tra il cognome e il nome, una virgola: Rossi, Mario Giuseppe.

Vivaci interventi sull’argomento furono pubblicati sulla rivista Lingua Nostra tra il 1940 e il 1954. In particolare, Giuseppe Fragale scrive, indignato: “[…] alcuni impiegati di limitata cultura [!] pretendono che la firma si apponga senz’altro col cognome innanzi, come se si trattasse di regola assoluta o di legge di stato”. E citando un episodio accadutogli con un impiegato all’Ufficio di Stato Civile continua: “Gli feci notare che la tesi da lui sostenuta [cioè che si dovesse firmare con il cognome prima del nome, n.d.r.], oltre a non essere legge di Stato era in stridente contrasto con un’antichissima e bella tradizione puramente italiana”.

Pochi mesi dopo, Nereo Sacchiero aggiunge: “Eccettuato il caso di elenchi o indici che per comodità di ricerca richiedono lo stretto ordine alfabetico non c’è nessuna ragione di discostarsi dalla tradizione che consiglia di mettere innanzi il nome (prenome, infatti) al cognome”. In più, Sacchiero fa riferimento anche al nuovo Codice civile (Libro primo, articoli 6 e 91) e la legge sull’Ordinamento dello Stato civile (articoli 42,45, 55, 73, 75, 77, 96, 126, 140, 181) che “[quando] stabiliscono disposizioni concernenti le notizie personali, essi specificano con cura prima il nome e poi il cognome”.

Dunque, l’uso di firmare nome+cognome non è solo una questione di correttezza linguistica, ma è suffragato anche da precise disposizioni legali. Ancora sullo stesso periodico si possono poi citare due interventi di Bruno Migliorini, sempre a favore dello sradicamento dell’usanza di firmare premettendo il cognome. Il primo è del 1941: “Ma si arriverà a ristabilire nei suoi diritti la sequenza tradizionale nome + cognome solo quando l’amministrazione, la scuola, l’esercito cesseranno di diffondere la sequenza opposta cognome + nome“. Quattordici anni più tardi, Migliorini riferisce di una disavventura “burocratica” capitata a un lettore in virtù della sua “ostinazione” di firmare nome+cognome. L’uso della pubblica amministrazione, evidentemente, continuava a propendere per la firma con il cognome innanzi.

Per gli italiani, a parte gli indici e il registro scolastico, è naturale scrivere prima il nome. Ma in altri Stati non è così

C’è una ragione storica all’ordine nome+cognome: come scrive anche Giovanni Nencioni nel 1995, il cognome nasce come specificazione aggiunta al nome proprio della persona, segnalando in molti casi una sua particolare caratteristica: l’essere figlio di (per esempio, Dante Alighieri stava per Dante figlio di Alighiero), oppure l’esercitare una certa professione (es. Fabbri), avere una particolare caratteristica fisica (es. Piccinini) o il luogo di provenienza (es. Andrea dal Castagno). E, come solitamente la specificazione si pospone al sostantivo a cui si riferisce (es. il fiore giallo), così il cognome va, naturalmente, dopo il nome. Anche Nencioni critica l’uso burocratico, passato addirittura all’orale, di anteporre il cognome perfino nel presentarsi, pur riconoscendo la possibilità di usare tale ordine negli elenchi alfabetici. Alfonso Leone, nel 1976, dava alcune possibili motivazioni all’usanza di firmarsi anteponendo il cognome, facendone risalire l’uso alla scuola, dove il nome viene, per usare le sue parole, lasciato in ombra, a favore dell’uso generalizzato del cognome, tanto che alla fine “[…] persino tra loro, i ragazzi finiscono con chiamarsi per cognome […]”. Secondo Leone, il diverso modo di firmarsi (e presentarsi) rispecchia un diverso modo di percepirsi all’interno della società: “È ovvio che la sequenza « cognome + nome », essendo propria di elenchi o schedari e di scritture burocratiche, veda l’individuo non a sé stante, ma indrappellato con altri suoi simili, parte cioè di un raggruppamento anche solo immaginario, di una comunità di membri, la cui distinzione è affidata al casato più che ai meriti o ai demeriti di ciascuno”. E poco più avanti: “Quello comunque che è importante rilevare è che la sequenza « nome + cognome » non considera l’individuo come legato a molti altri da identità di scopi o d’interessi, ma lo svincola da qualsiasi concetto di raggruppamento, considerandolo nella sua inconfondibile personalità“.

Questo excursus si riferisce esclusivamente all’uso italiano. In altri paesi, i costumi possono essere diversi. In Islanda, per esempio, ancora adesso non esistono cognomi ma solo patronimici (o matronimici). In base al patronimico o matronimico si differenziano quindi i figli maschi (i cognomi dei quali finiscono tutti in -son ‘figlio’) dalle figlie femmine (i cui cognomi invece finiscono in –dottir, ‘figlia’): una delle islandesi più conosciute nel mondo, la cantante Björk, di “cognome” fa Gudmundsdottir, ovvero ‘figlia di Gudmund’. Il dato che può stupire è che gli islandesi antepongono il nome anche negli elenchi; per esempio, nell’elenco telefonico le persone sono elencate in base al nome, non al patronimico (o matronimico). Questo dimostra che, in fondo, anche l’ordinamento alfabetico in base al cognome non è imprescindibile.

Se per l’italiano, quindi, è naturale l’ordine nome-cognome (a parte le elencate eccezioni), non per tutti i paesi è così: in ungherese, come pure in giapponese, per citare due casi, il cognome viene sempre anteposto al nome, sia nelle firme che in tutti gli altri contesti: il grande poeta magiaro Sándor Petöfi e la famosa scrittrice contemporanea giapponese Banana Yoshimoto nelle loro patrie vengono correntemente chiamati Petöfi Sándor e Yoshimoto Banana.

Per approfondimenti :

  • Della Valle, V., Patota, G., 2000, Il Salvaitaliano, Milano, Sperling & Kupfer.
  • Fragale, G., 1940, “Prima il nome o il cognome?”, in Migliorini, B., Devoto, G. (a cura di), Lingua nostra, vol. 2 n° 4, p. 96, Sansoni, Firenze
  • Leone, A., 1976, “La sequenza cognome + nome”, in Pisani, V, Mastrelli, C.A. (a cura di), Archivio Glottologico Italiano, vol. LXI, ppp. 257-263, Casa Editrice Felice Le Monnier, Firenze.
  • Migliorini, B., 1941, “Nome e cognome”, in Migliorini, B., Devoto, G. (a cura di), Lingua nostra, vol. 3 n° 2, p. 47, Sansoni, Firenze.
  • Migliorini, B., 1954, “Nome e cognome” (continua dal precedente), in Migliorini, B., Devoto, G. (a cura di), Lingua nostra, vol. 15 n° 2, p. 27, Sansoni, Firenze.
  • Nencioni, G., 1995, [Sulla sequenza cognome-nome] Risposta al dott. Paolo Sandri, in La Crusca per Voi, vol. 10 p. 14, Accademia della Crusca, Firenze.
  • Sacchiero, N., 1940, “Prima il nome o il cognome?”, in Migliorini, B., Devoto, G. (a cura di), Lingua nostra, vol. 2 n° 5, p. 120, Sansoni, Firenze.

A cura di Vera Gheno
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

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