Rapine e politica: tutti gli uomini di Carminati

Rapine e politica: tutti gli uomini di Carminati

Non ci sono solo Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Dopo i presunti boss, la schiera di imprenditori collusi e politici a libro paga di Mafia Capitale, dall’ordinanza di custodia cautelare emergono tutti gli altri protagonisti che farebbero girare gli ingranaggi del mondo di mezzo. «Con il materiale che c’è, se io fossi direttore di Rete farei una terza serie di Romanzo Criminale», così Carlo Freccero a Tv Talk. In effetti la trama ricostruita dagli inquirenti sembra quella di un film, dove ogni personaggio ha il suo ruolo in commedia. C’è il Nero, certo. Ma dietro di lui marciano il picchiatore destinato al recupero crediti, l’uomo di fiducia che ricicla il denaro, la segretaria che tiene la contabilità delle mazzette, il manager che apre i canali con le istituzioni, il braccio armato della banda, il delfino che fa la bella vita. Sembra fiction, ma è una porzione di realtà che scivola tra le lussuose ville di Sacrofano, i locali di Ponte Milvio e gli avamposti di Roma Nord, culla dell’alta borghesia e dell’estrema destra romana. Così anche i luoghi diventano iconici: le riunioni al bar di Vigna Stelluti, le cene nei ristoranti dei Parioli e i summit al distributore di benzina a Corso Francia, «base logistica del sodalizio».

MATTEO CALVIO

Un cuore rosso e nero tatuato sul petto con la scritta “grazie mamma”. Un altro slogan, “Non ho amici”, stampato sull’avambraccio. Calvio per Mafia Capitale lavora nel mondo di sotto. Indole violenta e notevole prestanza fisica, è «uomo di assoluta fiducia» e soldato a disposizione di Carminati, segue le attività di estorsione e recupero crediti. Gli inquirenti gli attribuiscono «il versante prettamente criminale del sodalizio in quanto dotato di una spiccata carica criminale che si è appalesata in più episodi a base violenta». Lui esibisce il suo biglietto da visita parlando con l’imprenditore Cristiano Guarnera, a cui chiede di poter dire in giro di essere suo dipendente. «Se dovessero dimme che lavoro faccio, io non gli posso dì faccio il bandito (…) mica gli posso dire che faccio il recupero crediti, che cazzo gli dico?». Nel corso delle indagini, gli investigatori raccolgono esempi della sua «particolare professionalità» per il recupero crediti vantati con l’uso di minacce e violenza fisica.

Emblematico l’avvertimento recapitato all’imprenditore Ildebrando Item. «Qua deve portà i sordi, forse non ha capito, me deve dà mille e cinque, so sei mesi..sette mesi, no lei deve potrà i sordi, m’hai capito bene? Vengo là e te stacco il collo…nun ce credi?». Uno schema simile si propone nei confronti di Riccardo Manattini: «Allora il dieci me paghi te…il dieci mattina…nun sgarra che vengo a casa t’ammazzo il dieci mattina» e ancora «non capisci bene..io te taglio la gola il dieci mattina..portami i soldi sennò t’ammazzo a te e a tutti i tuoi figli, a pezzo de merda». Sottolineano gli inquirenti che le scorribande di Calvio nei confronti delle vittime nell’arco di oltre un anno non hanno generato denunce. «Tale dato dimostra che la sua condotta è portatrice della forza di intimidazione derivante dal sodalizio nel quale opera, che produce assoggettamento e omertà».

Gonfia il petto, Matteo Calvio. Da dicembre 2013 al marzo 2013 fa pure il guardaspalle di Cristiano Guarnera, che secondo gli inquirenti è un imprenditore colluso con Mafia Capitale. È in quel frangente che si becca l’epiteto di «scemonito» da parte di Carminati. E Guarnera, intercettato, fa sapere di averlo “licenziato” perché millantava di essere «mio socio in affari…che mi aveva prestato due milioni di euro..che le macchine erano le sue..che il Mercedes era suo..e la Mini era sua». Dichiarazioni roboanti, un po’ come quelle che Calvio nel 2012 affidava a Facebook, annunciando la sua adesione al Movimento 5 Stelle e l’apertura di una sede a Ostia. Circostanza che adesso Luigi Di Maio smentisce seccamente: «Non ha avuto incarichi nel Movimento».

FABIO GAUDENZI

Una gioventù movimentata tra stadio e politica. La militanza nel gruppo ultrà romanista “Opposta Fazione” ma anche la partecipazione alla stessa “batteria” di Brugia. «Momenti che uno era sempre pronto con la borsa perché te portano in carcere da un momento all’altro…». Il soprannome di Fabio Gaudenzi è Rommel. Secondo i magistrati prende ordini da Carminati, con cui ha un «comune passato criminale e di militanza nelle fila della destra eversiva». In un’intercettazione Gaudenzi accenna alle vicende giudiziarie che li hanno visti vicini: «Noi c’abbiamo verbali enormi eh». Il suo curriculum penale annovera detenzioni di armi, ricettazioni, droga, omicidio e rapina. Quella del 1994 alla Banca Commerciale Italiana (dove morirono due persone) gli costa vent’anni di galera e una ferita al collo. Ma gli concede anche l’ingresso trionfale a Regina Coeli, ambasciatore di quella che i Carabinieri definiscono criminalità politica. «Ancora dovevo entrare alla sezione eh…già tutto il carcere sapeva che ero arrivato..io..ma..sò arrivato in cella, ho visto arrivà una montagna de pacchetti de sigarette e de libri..gente che veniva là, persone anche mai viste e conosciute eh..».

Scarcerato ad aprile 2012, secondo gli inquirenti Gaudenzi entra in Mafia Capitale pochi mesi dopo, già a novembre. Lo inquadrano nel ramo «proiettato all’attività di riciclaggio e reinvestimento dei proventi delle attività dell’associazione». Ma farebbe anche il mediatore per procurare prestiti a tassi usurari. Con Carminati è in confidenza. A lui si rivolge per «ottenere autorizzazioni al compimento di attività delittuose». Come quando gli fa presente l’idea di uccidere per motivi passionali. Stoppato dal boss. Dal canto suo, il Nero gli racconta le vicende della villa di Sacrofano, gli investimenti londinesi e la ricerca di una casa a Notting Hill. La condotta di Gaudenzi, si legge nelle carte del gip, è «condizionata dal volere di Carminati». Un rapporto gerarchico dentro il quale il boss gli affida diversi incarichi. Come fare da intermediario con un detenuto o controllare l’auto per verificare la presenza di cimici. Dai rilievi degli investigatori, Gaudenzi si muove pure nel campo dell’attribuzione fittizia di beni. Bar, case, società. Risulta gestore di un’azienda immobiliare con interessi alle Bahamas, per la quale Brugia gli mette a disposizione il suo suv Mercedes per andare a Montecarlo a incontrare potenziali investitori. «Io ce so proprio cresciuto co Riccardo. Massimo è uno che è venuto tante vorte a casa mia, era amico de mi padre, so 25 anni che stamo insieme».

FABRIZIO FRANCO TESTA

«Lassù qualcuno ci ama». Voce del verbo amare? Macchè, è l’acronimo di Azienda Municipale Ambiente, citata in una delle intercettazioni da Fabrizio Testa. Il manager avrebbe dovuto conquistarsi una poltrona da consigliere d’amministrazione, almeno secondo i piani del sodalizio. Saltò tutto perché Testa, già consigliere Enav, nello stesso periodo patteggiava per corruzione in una vicenda che riguardava proprio l’ente di controllo del volo. Colletto bianco, è stato anche nel cda di Technosky, controllata di Enav. Un rapporto molto stretto con Alemanno, lo stesso percorso politico nella destra sociale. Nel 2006 ha fatto il consigliere municipale per Alleanza Nazionale a Ostia-Casal Palocco. Nell’ambito di Mafia Capitale gli inquirenti gli affibbiano l’etichetta di «organizzatore», proprio come Carminati. Un pezzo da novanta. La testa di ponte nel settore politico e istituzionale, che avrebbe coordinato «le attività corruttive dell’associazione» e la nomina di «persone gradite all’organizzazione» in posti chiave della pubblica amministrazione.

Summit frequenti con Carminati, telefoni dedicati. Parla e agisce anche coi politici di riferimento, il cosiddetto mondo di sopra. In un’intercettazione Carminati spiega che il tandem Fabrizio Testa e Luca Gramazio, allora capogruppo Pdl al consiglio comunale, si occupa dell’aggiudicazione degli appalti in favore di Mafia Capitale. «Prendono appalti, poi passano le delibere…». Ma il manager destrorso raccoglie pure la richiesta di Giovanni Quarzo, che vuole diventare presidente della Commissione Trasparenza del Campidoglio. L’operazione, benedetta da Carminati, sortisce gli effetti sperati. Missione compiuta, Quarzo guadagna la poltrona. «Oh, a Giovà, la squadra è la squadra». Gli inquirenti riconoscono a Testa anche un ruolo nell’interferenza di Mafia Capitale nella programmazione del bilancio pluriennale 2012/2014 di Roma Capitale. Soldi utili per gli appalti del sodalizio, dal verde pubblico alla gestione degli immigrati. Così Testa intercede a favore di Buzzi per lo stanziamento di fondi per i lavori nel campo rom di Castel Romano. Dice Carminati: «Lui è uno forte, infatti mi sta a guardà tutte le cose con Salvatore (Buzzi ndr)». E quest’ultimo, parlando col Nero in una delle conversazioni intercettate, accenna ai compensi di Testa: «80 tu, 80 noi e 40 a Fabrizio». Una sorta di dividendo tra quelli che paiono gli azionisti di maggioranza di Mafia Capitale.

GIOVANNI DE CARLO

Soldi, bella vita e indipendenza. Belen Rodriguez, Daniele De Rossi e Teo Mammucari. Lo conoscono col soprannome di Giovannone, una sorta di enfant prodige. L’ex Banda della Magliana Ernesto Diotallevi dice di lui: «Sta su tutti i tavoli». E discutendo col figlio su chi fosse «il superboss» a Roma, afferma: «Teoricamente so’ io, materialmente conta Giovanni». Classe 1975, residente a via del Gesù ma domiciliato in un sontuoso appartamento  in piazza Cavour, i carabinieri del Ross annotano che Giovanni De Carlo è una «figura fino ad oggi sconosciuta alle cronache giudiziarie ma che appare di particolare carisma delinquenziale e aderenza criminale sul territorio». Frequenti i contatti con Carminati e Brugia. «È molto amico de Massimo, è stato pe tanto tempo insieme a lui, anche Riccardo c’è molto amico», conferma Fabio Gaudenzi. Allo stesso tempo però, il delfino si affranca. «Lavora per il gruppo de Massimo, da solo capito? Ha fatto cose insieme, a volte.. a volte no, è abbastanza indipendente». Nel novembre 2013 Gaudenzi riferisce infatti che De Carlo aveva litigato con Carminati «per l’atteggiamento dispotico» di quest’ultimo. «Quando c’è da guadagnà, guadagna lui, quando c’è da il problema, è un problema di tutti». Stanco di stare «sotto la cappella di Carminati», Giovannone si sarebbe guadagnato una sua indipendenza operativa. 

Oggi non è indagato per associazione mafiosa, ma per favoreggiamento e trasferimento fraudolento di valori. De Carlo a Roma si muove con disinvoltura, nonostante risulti senza lavoro nè reddito. Un tenore di vita altisonante, i locali alla moda e le amicizie giuste. Secondo quanto raccolto in un’informativa dei Ros, Giovannone è il punto di riferimento per molti vip. Daniele De Rossi gli telefona per placare una discussione in discoteca. «Chiamame sempre..bravo! Hai fatto bene Daniè, amico mio!». Teo Mammucari gli chiede sostanze dopanti per la palestra e oggi lo descrive come una persona «normalissima e simpaticissima». È stato avvistato entrare nella casa di Gigi D’Alessio dopo che il cantante aveva subito un maxifurto. Svettano pure le foto con Belen Rodriguez e le frequentazioni con le mogli dei calciatori. Sorrisi, cocktail, ristoranti. Gli inquirenti lo intercettano spesso tra Ponte Milvio e i Parioli. Ma Giovannone ha la passione per Fregene dove può rifugiarsi in una villa di lusso, «la mamma delle case, grande tipo Miami», fittiziamente attribuita a Marco Iannilli, cui è intestata anche la tenuta di Carminati a Sacrofano.

Dalle ricostruzioni degli inquirenti Giovannone figura come socio occulto in diverse attività economiche. Distributori di benzina, stabilimenti balneari, ristoranti. Ancora Ernesto Diotallevi, involontario biografo di De Carlo, annota: «Giovanni la cosa più importante che c’ha nella vita sò i soldi». Che a quanto pare non vengono nascosti. Perfino il suo avvocato lo mette in guardia: «Giovà non è che sei uno non noto! Sei notissimo! Questi qua (la Polizia) rosicano come matti perché tu non esisti! Allora dicono questo come cazzo fa…». Ecco allora un consiglio: «Per esempio perdonami…la Ferrari non la devi toccà! Poi pensi la cosa del lavoro.. cominci a lavora e finisce la questione! Poi sono io gli dico “guarda abita là non rompete i coglioni questa è la residenza, questo è il lavoro..basta». Onde evitare che gli investigatori pensassero «le cose più assurde…pensano che tu sarai..non lo so.. il referente de Totò Riina».

RICCARDO BRUGIA 

Come in Don Chisciotte anche Massimo Carminati ha il suo Sancho Panza. È Riccardo Brugia, ex Nar dal passato movimentato con il debole per le belle donne: le cronache rosa ricordano un suo flirt con la showgirl Anna Falchi. Il vestito che gli cuciono gli inquirenti non lascia spazio a equivoci. Brugia è il braccio destro e armato di Carminati, «collabora con lui in tutte le attività di direzione dell’associazione, coordina le attività criminali dell’associazione nei settori del recupero crediti e dell’estorsione». Non solo. Secondo le carte dell’inchiesta avrebbe avuto anche il compito di custodire le armi. Oggi, ma ieri? Il Messaggero scrive che «il suo percorso criminale è stato segnato da una lunga impunità pur avendo seminato violenza e terrore a Roma per anni. Il suo nome emerge a chiare lettere fra la “crema” dei rapinatori romani potenti e recidivi, legati all’estrema destra».

Gli inquirenti fermarono anche Brugia dopo la sanguinosa rapina alla banca Commerciale in viale Isacco Newton la mattina del 23 giugno del ’94 in cui morirono la guarda giurata Alfonso Tortorella e Elio Di Scala, amico di Brugia e Carminati conosciuto con il nome di “Kaplerino”, in nome di Herbert Kappler, ufficiale tedesco delle SS, comandante dell’SD e della Gestapo a Roma. Arrestato Fabio Gaudenzi, scrivono i Carabinieri che «altri tre complici riuscirono a darsi alla fuga». Brugia fu sottoposto a fermo di polizia giudiziaria «in quanto ritenuto tra i responsabili che erano riusciti a fuggire», ma poi viene scagionato da ogni accusa. Gaudenzi, intercettato, lo definisce comunque «uno dei più grossi rapinatori di Roma».

Dalle informative dei Ros su Mafia Capitale emergono pure diverse conversazioni con al centro l’acquisto di armi e giubbotti antiproiettili. È Roberto Grilli, lo skipper da cui è partita tutta l’indagine, beccato sulla sua barca con 500 chili di cocaina al largo della Sardegna nel 2012, a parlare di Brugia ai magistrati. Spiega di aver saputo che qualunque criminale avesse avuto necessità di reperire un’arma “pulita” (cioè non utilizzata in precedenti azioni), si sarebbe potuto rivolgere a Brugia. «Mi è sempre stato presentato Riccardo come l’armiere, cioè Riccardo è sempre stato presentato, negli anni, colui che, se c’era da fare una rapina, una cosa, […] se servivano le armi per fare qualcosa ci si rivolgeva a Riccardo Brugia. […] per andare da uno fidato che ti dà la roba pulita che non ti portavi appresso una cosa, che non ti dava una cosa che c’aveva già due-tre morti sul groppone, andavi da Riccardo Brugia».

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