Se l’Isis piace più in Europa che in Medio Oriente

Se l’Isis piace più in Europa che in Medio Oriente

La notizia, sorprendente per certi versi, è questa: il favore nei confronti del gruppo jihadista Isis è più alto in Europa che nello stesso Medio Oriente. Almeno se si guarda ai commenti fatti in lingua araba su social network, media on-line e forum tra lo scorso luglio e il 22 ottobre 2014. Il 31% dei belgi che hanno espresso commenti online in lingua araba, ad esempio, si esprime positivamente nei confronti di Isis. In Siria, lo ha fatto solo il 7,6% dei commentatori in lingua araba. Se si guarda ai dati relativi all’intera Europa e al Medio Oriente, la tendenza si conferma: nel vecchio continente i miliziani raccolgono un 21% di commenti favorevoli, in Medio Oriente il 15 per cento.

È quanto emerge da una ricerca condotta di recente da Voices from de blog, uno spin-off dell’Università degli Studi di Milano guidato dai professori Luigi Curini, Stefano Iacus e Giuseppe Porro. L’obiettivo, appunto, è stato quello di misurare la percezione del gruppo Isis nei siti di news on-line e sui social media, considerando solo in post scritti in arabo.

Tra le nazioni occidentali con alte percentuali di pareri positivi compaiono anche Gran Bretagna (23,8%) e Francia (20,8%). Negli Stati Uniti la percentuale è del 21,4.

Belgio, Francia e Gran Bretagna sono anche le nazioni, nel vecchio continente, da cui è partito il maggior numero miliziani poi unitisi alle fila dei gruppi jihadisti attivi tra Siria ed Iraq, come Isis o Jabat al-Nusra. Tremila persone in tutto, come affermato lo scorso 1 ottobre dal coordinatore europeo contro il terrorismo Gilles De Kerchove, che considera anche quelle che hanno fatto ritorno in Ue o che sono stati uccisi in Medio Oriente.

Secondo i dati diffusi dall’International Center for the study of radicalization (Icsr), e raccolti a inizio ottobre in questa infografica del Washington Post, Dal Belgio sarebbero partiti 296 persone, dalla Francia 412, dal Regno Unito 488.

I tre Paesi sono anche quelli in cui opera Sharia4, un collettivo islamico radicalista nato in Inghilterra a metà anni Novanta e guidato, come spiega questo articolo di Ispi, da Omar Bakri e Anjem Choudary. È da qui che sono nati le verie Sharia4UK, Sharia4France e Sharia4Belgium, il gruppo, quest’ultimo, contro cui è stato avviato il 19 ottobre scorso un maxiprocesso che ha portato alla sbarra 46 membri, accusati di aver reclutato decine di giovani musulmani belgi poi inviati a combattere a fianco dell’Isis.

Dati significativi sono anche quelli relativi ai Paesi arabi come Qatar e Arabia Saudita, tradizionalmente considerati i finanziatori dei movimenti fondamentalisti sunniti che operano nel mondo, compresi quelli ora attivi tra Siria ed Iraq. Nel primo il 47,6% dei post analizzati si esprimeva a favore di Isis. Nel secondo il 19,8.

Dalla Turchia sarebbero partiti per la Siria e l’Iraq, secondo l’Icsr, 400 ragazzi. E in questo Stato la percentuale di messaggi positivi verso Isis raggiunge il 22,2 per cento.

Significativo il dato iracheno. A differenza della Siria, il Paese dove Isis vanta la maggior presa territoriale, registra un 19,7 di commenti favorevoli verso gli jihadisti.

È interessante guardare alle motivazioni che stanno dietro ai sentimenti negativi o positivi verso il gruppo dello Stato Islamico. Il 32,8% dei commenti negativi si oppone all’uso politico della religione fatto da Isis. Il 28.9% non accetta la violenza usata dal gruppo. Il 17% ritiene che lo Stato Islamico non rispetti la libertà delle persone, compresa quella religiosa.

Le ragioni dei sentimenti positivi, invece, vedono un 35,7% dei post analizzati dichiarare che Isis difende l’Islam. Il 26,2% vede nell’attività dei miliziani un’opera di proselitismo. Il 17,4 % difende le loro attività come costruzione di un nuovo Stato. 

La ricerca mette in luce anche un altro aspetto: i commenti sul gruppo islamico sono cresciuti in particolare nei momenti in cui sono stati diffusi i video delle decapitazioni dei cinque ostaggi. Esattamente come accaduto ai media, che hanno iniziato a parlare ampiamente del gruppo dopo la morte di James Foley e sono tornati sull’argomento soprattutto in occasione delle successive esecuzioni. Negli stessi periodi sono aumentati i commenti negativi nei confronti del gruppo jihadista. Una conferma, parrebbe, degli effetti raggiunti dalla strategia mediatica del gruppo islamista, che ha usato la violenza anche per imporsi all’attenzione internazionale e diventare il nuovo nemico dell’Occidente

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