Dentro l’Eurozona, ma con un nuovo modello economico. E’ questo il paradigma cui aspira Syriza e che spera di mettere in atto tra poco, non appena il Paese andrà alle urne. Una possibilità concreta se oggi, in occasione del terzo e ultimo voto per l’elezione dell’ex Commissario Ue Stavros Dimas a nuovo Presidente della Repubblica, il Parlamento greco non troverà un accordo. Uno scenario che appena qualche settimana fa ha messo in allarme mercati mondiali, Fmi e la stessa Unione europea. Perché, tuttavia, Bruxelles teme l’arrivo di Alexis Tsipras? Lo abbiamo chiesto a Dimitrios Papadimoulis, Vicepresidente del Parlamento Ue, uomo del leader di Syriza in Europa.
L’Unione europea negli ultimi anni ha lavorato – spiega Papadimoulis a Linkiesta – per proteggere il proprio status quo, come ha sempre fatto, del resto. La crisi, invece, chiedeva ai Governi di prendere decisioni straordinariamente coraggiose in grado di rilanciare l’unione politica e la coesione sociale. Detto questo – continua – Syriza immagina il futuro della Grecia all’interno dell’Unione europea e della zona euro, ma quello che pensiamo è che sia Atene che Bruxelles posanno prosperare soltanto rafforzando l’unione politica, la coesione sociale e la solidarietà tra gli stati membri.
La vostra è una critica radicale all’austerità…
Siamo reduci da un ciclo recessivo senza precedenti, che dura da sei anni ormai. Le conseguenze a livello sociale sono state pesantissime, e questo soprattutto a causa delle ricette scelte per curare la crisi. L’austerità ci ha condotti a un punto morto, in ogni settore. Il bisogno di un cambiamento radicale di direzione è forte e sempre più diffuso tra la popolazione. Se I greci sceglieranno di votare per un Governo targato Syriza, la nostra prima preoccupazione sarà proprio la parte di società ad aver pagato di più la crisi. Allo stesso tempo ci impegneremo a rivitalizzare l’economia riportando crescita nel Paese. Sono politiche che andrebbero attuate immediatamente e con I mezzi economici esistenti.
A proposito di mezzi economici disponibili: cosa pensa del Piano per rilanciare gli investimenti di Juncker?
È un fatto positivo che la Commissione europea abbia finalmente capito che investire nella crescita economica è prioritario. Il piano Juncker, però, è deludente, perchè si basa su una premessa inadegauta al contesto finanziario attuale. E cioé che, grazie a una minima garanzia europea si riuscirà a mobilitare più di 300 miliardi di euro di investimenti privati. Non si consdiera che viviamo in tempi di depressione economica, segnati da una fortissima reticenza a investire nell’economia reale.
Quindi cosa proponete?
Come ha ammesso anche Juncker affinché gli investitori privati tornino in Europa c’è bisogno di mobilitare I capitali pubblici, e in grandi quantità. In quest’ottica apprezzo moltissimo la politica di Mario Draghi. Lui e la Banca Centrale Europea rappresentano forse gli unici attori che in questo momento si stanno impegnando di più per far cambiare l’economia europea. Spingendola di nuovo ad attrarre investimenti, e quindi verso la crescita e la creazione di nuova occupazione. Siamo in attesa di vedere la portata e soprattutto i risultati del Quantitative Easing, che Draghi ha promesso e che dovrebbe apportare benefici tangibili all’economia reale. Mi auguro soltanto che il Presidente della Bce sia nelle condizioni di mantenere la promessa.
In caso di vittoria alle elezioni, quali sono le vostre proposte per l’Europa?
Le nostre proposte partono da due premesse, anzi da due evidenze. La prima: l’austerità estrema imposta ai greci e accettata dai governi del Paese si sono dimostrate fallimentari. La seconda: l’entità del nostro debito è insostenibile per il Paese. Partendo da queste basi intendiamo muoverci a livello europeo in modo da negoziare un alleggerimento della pressione fiscale, in modo da riportare i capitali necessari per la crescita nell’economia reale. La Grecia potrà riacquistare la propria credibilità sui mercati internazionali soltanto se l’economia reale dimostrerà di poter tornare a crescere.
E sul debito?
Come ho già detto il livello del debito greco é insostenibile.
Sì, ma come intendete rassicurare i mercati?
La logica dell “Instabilità” che vorrebbe essere legata a una possibile vittoria elettorale di Tsipras e Syriza non regge più. Si tratta di un timore che è stato messo in giro dai nostri oppositori politici. Syriza è una forza politica in crescita. La nostra battaglia contro le misure di austerità – risultate generatrici di depressione economica e regressione sociale- ha visto crescere il consenso dei cittadini nei nostri confronti. Lo abbiamo detto chiaramente: vogliamo delle politiche diverse, ma all’interno dell’Eurozona e dell’Unione europea. Le nostre posizioni sono ormai note. E anzi cresce il numero di economisti a condividere il nostro punto di vista.
Eppure tra I cittadini europei, sono in molti a credere che Tsipras rappresenti una forza anti-euro se non addirittura euroscettica. Dove nasce l’incoprensione ?
Sempre dai nostri oppositori politici, soprattutto in Grecia, che continuano a dipingerci come una forza anti europea. E in questo modo giustificano le loro politiche di austerità come le uniche possibili. La verità, invece, è un’altra. L’austerità ha indebolito l’economia europea e la forza politica europea all’estero. Insieme ai nostri partner europei intendiamo, invece, proporre un modello sostenibile, fondato sulla coesione sociale e sul rafforzamento dell’unione politica, e soprattutto puntiamo a una presenza europea nel mondo più indipendente di quella attuale.
A proposito di alleati. Quali sono quelli su cui potete contare al di fuori dei confini greci?
Sicuramente in Spagna su Podemos che, al pari di Syriza, sta vedendo crescere il proprio consenso tra I cittadini. In Italia esiste il movimento L’altra Europa, che è vicinissimo a Syiriza. Crediamo che la logica delle alleanze sia fondamentale per il nostro Partito e per questo stiamo lavorando ad aumentarle. Al momento troviamo molti punti di contatto con molti partiti socialdemocratici europei, dove alcuni membri iniziano a chiedere con insistenza cambiamenti radicali nelle politiche economiche comunitarie e soprattutto in quelle sociali.