Turchia, la stretta di Erdogan sui tifosi del Besiktas

Turchia, la stretta di Erdogan sui tifosi del Besiktas

«Il Carsi proteggeva tutti, era il difensore del distretto. Fin da quella prima sera di scontri a Gezi Park, il Carsi si schierò al fianco di venditori, residenti, turisti». Emre Gucdemir abita a Istanbul ed è un tifoso del Besiktas, una delle squadre calcistiche principali della città (non riveliamo il nome completo per motivi di sicurezza, ndr). Il Carsi è il più numeroso gruppo di supporter di quella squadra. Le parole di Emre corrono indietro nel tempo.

È la primavera del 2013. Attivisti, giornalisti, giovani e semplici cittadini si riversano nelle strade che circondano Gezi Park, a Istanbul. Protestano pacificamente contro i progetti edilizi del governo Erdogan, che proprio sopra il parco di Gezi avrebbe voluto costruire un centro commercialEmre Ma in breve tempo, dopo la repressione brutale da parte della polizia, le proteste si diffondono a macchia d’olio in tutto il PaesEmre La polizia lancia spray al peperoncino, gas lacrimogeni ad altezza d’uomo, e all’acqua degli idranti aggiunge gas urticanti. E quella si trasforma nell’occasione per manifestare il dissenso verso l’autoritarismo crescente del Premier Receyp Erdogan, e la corruzione dell’esecutivo. Dopo quei primi fatti, Amnesty International accusa il governo di Ankara di «violazione su vasta scala dei diritti umani», mentre organizzazioni come Human Rights Watch, denunciavano le restrizioni alla libertà di stampa, al diritto di associazione e di assemblea che il governo Erdogan, in Turchia, andava intensificando. 

Le proteste di Gezi Park tornano d’attualità oggi, nei giorni in cui si apre il processo contro 35 tifosi del Besiktas. L’ennesima manifestazione dei tentativi del governo Erdogan di piallare ogni dissenso interno al Paese

Le proteste dei tifosi del Besiktas di questa mattina a Istanbul nel giorno di inizio del processo contro 35 di loro

Già, perché nella primavera del 2013, a manifestare a Gezi Park c’erano anche loro, i tifosi del Besiktas, molti dei quali iscritti a uno dei più popolari club di supporters della squadra, il Carsi Group, che porta nel logo una marcata A anarchica e ha uno slogan che recita: «Carsi is against everything». Accanto a loro scesero in piazza anche migliaia di supporter del Fenerbahce e del Galatasaray, gli altri due team storici della città. Ma solo su 35 tifosi del Besiktas pende ora un’accusa gravissima: aver partecipato alle proteste di piazza con l’intenzione di rovesciare il governo. 

Quel che si sa, delle proteste dei tifosi del Besiktas nei giorni di Gezi, è che furono presenti e sfoggiarono una serie di slogan coloriti. Alcuni di loro si impadronirono di un escavatore con cui inseguirono un blindato della polizia. Ventidue di loro furono fermati. «Il primo giorno di giugno una folla enorme si riversò a Taksim», racconta Emre Gucdemir, tifoso del Besiktas anche se non ufficialmente iscritto al Carsi, presente alle rivolte di Gezi Park. «La sera di quel giorno la polizia chiuse il parco. Ma la gente che si era radunata non ci stava nella sola piazza Taksim. Molti iniziarono a spostarsi nella zona di Besiktas, a 15 minuti da Taksim» (i nomi delle squadre di calcio, a Istanbul, prendono il nome dai quartieri della città. Il Besiktas, prende il nome dall’omonimo quartiere). Sfortunatamente un gruppo tentò di raggiungere gli uffici di Erdogan, a Dolmabahce. La polizia cercò di impedirlo e iniziarono gli scontri», racconta Emre.

Di tutt’altro tipo le accuse del procuratore che portano alla minaccia di ergastolo per 35 di loro.

Nelle 38 pagine di relazione del procuratore Adem Meral si sostiene la tesi secondo cui quei 35 tifosi non erano interessati alle manifestazioni popolari di Gezi Park, ma stavano sfruttando l’occasione per tentare un’azione di forza contro il governo. Secondo Meral, i 35 avevano studiato anche un piano di cattura del premier Erdogan. Per quell’accusa, rischiano ora l’ergastolo. 

Le proteste dei tifosi del Besiktas di questa mattina a Istanbul nel giorno di inizio del processo contro 35 di loro (OZAN KOSE/Getty Images)

Il pubblico ministero cita tweet, chiamate telefoniche e il tentativo di occupare l’ufficio del primo ministro a Istanbul come prove della tentata eversione. Ma Hrw denuncia: «Le prove presentate in requisitoria dal pubblico ministero non contengono alcuna denuncia di attività paragonabili a un tentativo di rovesciare il governo o degli altri reati per cui gli imputati sono sotto processo, tra cui l’agire come una banda criminale e la resistenza a pubblico ufficiale». E parla di «abuso del sistema di giustizia».  

Il processo contro i tifosi è solo l’ultimo di una serie di tentativi fatti dal premier turco per indebolire il Carsi. «Durante un incontro pubblico, negli stessi giorni delle proteste – racconta ancora Emre – Erdogan chiese alla folla di applaudire a un gruppo che portava il logo del Carsi, affermando che era dalla sua parte. Ma il logo di quelle persone era falso. Non c’era la A anarchica che invece vi comparEmre Il Carsi non si allea mai per interesse o per il bene di qualcuno. È stupido credere di poter gestire un gruppo anarchico», spiega Gucdemir.

Ma dopo quell’episodio il governo di Ankara non si dà per vinto. Mentre la curva del Besiktas continua a portare in campo striscioni di commento a qualsiasi fatto politico di interesse, un sistema viene introdotto per restringere l’accesso agli stadi. «Per entrare ora occorre acquistare una carta, la Passolig, una sorta di carta di credito. Ma è davvero difficile ottenerla e il risultato è che le tribune sono piene solo al 20, 30% per ogni squadra», racconta Emre.

Il Governo di Erdogan, denuncia Human Rights Whatch in questo report del settembre 2014, ha intensificato «la repressione della libertà di stampa, dei diritti di associazione e di assemblea» proprio dall’inizio delle proteste di Gezi Park. Ricordando anche come Ankara nel dicembre 2013 abbia tentato di sopprimere discussioni e informazioni sulle accuse di corruzione scoppiate in quel mese, mettendo al bando anche Twitter e You TubEmre «Fin dalle proteste di Gezi, si legge nel report, le autorità hanno incolpato migliaia di persone a Istanbul, Ankara, Izmir e altre città perché partecipavano a manifestazioni non autorizzatEmre Almeno 5500 persone sono state sottoposte a processi, afferma Hrw. 

Il caso dei 35 tifosi del Besiktas non è isolato. A giugno è stato aperto un processo contro cinque persone accusate di guidare una organizzazione criminale Si tratta degli organizzatori di Taksim Solidarity, gruppo che supportava le proteste di Gezi Park. 

Intanto, fa notare ancora una volta Human Rights Watch, i processi aperti contro molti manifestanti del Parco Gezi contrasta con il numero esiguo di poliziotti ritenuti responsabili di un uso eccessivo della forza nelle manifestazioni della primavera 2013. 

«Le proteste dei tifosi del Besiktas si sono raffreddate negli ultimi tempi. La gente è caduta nello sconforto dopo la doppia vittoria di Erdogan (alle amministrative e alle presidenziali, ndr)», racconta Emre Gucdemir. «E noi del Besiktas ora dobbiamo essere cauti. Aspettiamo ancora la fine della costruzione del nostro stadio e ora 35 di noi sono in ostaggio. Quando avremo di nuovo uno stadio, torneremo a gridare cori su tutto quello che sappiamo, come abbiamo fatto finora». È nella tribuna del Besiktas che Emre dice addirittura di aver imparato la libertà, l’uguaglianza e la verità. «non certo nelle scuole turche». È per questo che ha partecipato alle proteste di Gezi Park. «È nostra missione reagire alle situazioni in cui in gioco c’è la libertà». 

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