Boko Haram, l’insurrezione infinita

Boko Haram, l’insurrezione infinita

Domenica 11 gennaio due attentatrici suicide hanno causato la morte di quattro persone e il ferimento di almeno altre 40 nella città di Potiskum, in Nigeria. Il giorno precedente, un’altra attentatrice suicida – forse di soli dieci anni – aveva ucciso 19 persone in un mercato di Maiduguri, importante città del nordest del paese e al centro dell’area dell’insurrezione armata del gruppo terroristico Boko Haram.

Gli attentati sono arrivati pochi giorni dopo la conquista da parte di Boko Haram della città di Baga, nello stato di Borno, e a un mese dalle delicate elezioni presidenziali nel paese. Baga è un centro di circa diecimila abitanti sulle rive del lago Ciad ed era già stata attaccata in passato. L’attacco è cominciato sabato 3 gennaio, ma ha ricevuto poca attenzione sui media occidentali fino a quando non è arrivata la notizia che molte centinaia di abitanti potrebbero essere stati uccisi.

All’inizio dell’attacco, i miliziani di Boko Haram sono arrivati a un avamposto militare nella città: dopo la fuga dei soldati regolari nigeriani, i miliziani hanno preso l’avamposto e cominciato ad attaccare i villaggi vicini uccidendo diversi civili. Baga è stata attaccata direttamente mercoledì 7 gennaio, e secondo un testimone citato dal New York Times i miliziani hanno cominciato a uccidere sistematicamente tutti i civili che incontravano.

Il motivo dell’attacco non è chiaro, ma sembra che nei villaggi vicino alla città Boko Haram abbia minacciato i sopravvissuti dicendo loro di non andare a votare: le violenze sarebbero quindi collegate alle prossime elezioni nel paese. La città è difficilmente raggiungibile dai giornalisti e dalle stesse autorità nigeriane, ma un amministratore locale, ripreso da molti media internazionali, ha parlato di duemila morti.

Il prossimo febbraio si voterà in Nigeria per le elezioni legislative e presidenziali e il tema della sicurezza e della risposta a Boko Haram è uno di quelli al centro della campagna elettorale

Se i diversi resoconti che parlano di molte centinaia di vittime saranno confermati, si tratterebbe del peggior attacco in un’insurrezione che dura da oltre sei anni e che messo in crisi il controllo del governo nigeriano in alcune zone del nordest del paese. Le attività di Boko Haram hanno causato oltre 3mila morti e decine di migliaia di sfollati, sia all’interno della Nigeria che nei paesi confinanti.

Cos’è Boko Haram

Formato nel 2002 a Maiduguri, città di 1,1 milioni di abitanti e capitale dello stato nigeriano di Borno, dal predicatore musulmano Mohammed Yusuf, Boko Haram è un gruppo militante islamista che ha come obiettivo il rovesciamento del governo centrale e l’instaurazione di uno stato islamico.

Nel 2009, Boko Haram attaccò alcune stazioni della polizia a Maiduguri e, nelle violenze che seguirono, Yusuf venne ucciso. Le forze di sicurezza nigeriane dichiararono sconfitto il gruppo, che invece passò sotto la guida di un nuovo leader, Abubakar Shekau, e cominciò una campagna di sanguinosi attentati, principalmente negli stati settentrionali a maggioranza musulmana.

Il nome ufficiale del gruppo è Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati wal-Jihad, che in arabo significa “Persone dedicate alla propagazione degli insegnamenti del Profeta e del Jihad”. “Boko Haram” è il nome in lingua Hausa con cui viene chiamato nella città di Maiduguri, dove il gruppo ha il suo quartier generale. Boko significa “falso” ma nel tempo è diventata anche una parola per indicare l’educazione occidentale.

Negli anni, Boko Haram ha attaccato diverse scuole e ha compiuto una serie di rapimenti, il più noto dei quali è avvenuto nell’aprile 2014 e ha riguardato oltre 200 ragazze in una scuola di Chibok, nello stato di Borno

Boko Haram dichiara “proibito” – haram – per i musulmani partecipare alle attività considerate “occidentali”: tra queste, ad esempio, anche partecipare alle elezioni. Di conseguenza, anche i musulmani che fanno parte dell’attuale classe dirigente nigeriana sono considerati infedeli. Tra i bersagli degli attacchi di Boko Haram ci sono stati politici locali e leader religiosi, sia cristiani che musulmani.

L’educazione occidentale è un altro dei bersagli principali di Boko Haram: questa ostilità ha le sue radici in una antica diffidenza verso le scuole “occidentali” e controllate dal governo fin dai primi anni del Novecento, quando i britannici presero il controllo delle regioni settentrionali della Nigeria. Negli anni, Boko Haram ha attaccato diverse scuole e ha compiuto una serie di rapimenti, il più noto dei quali è avvenuto nell’aprile 2014 e ha riguardato oltre 200 ragazze in una scuola di Chibok, nello stato di Borno.

Un paese diviso

Nel maggio 2013, il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha dichiarato lo stato di emergenza in tre stati del nordest del paese – Borno, Yobe e Adamawa – a causa delle attività di Boko Haram. Migliaia di militari dell’esercito nigeriano sono arrivati a Maiduguri e parte dei miliziani del gruppo terroristico si sono spostati verso il confine con il Camerun, da cui hanno continuato i loro attacchi.

In rosso le regioni di Boko Haram

Nel corso del 2014, oltre al rapimento che ha portato all’effimera campagna di sostegno internazionale #BringBackOurGirls, Boko Haram ha compiuto diversi attentati esplosivi in molte città nigeriane, tra cui la capitale Abuja (colpita ad aprile e a maggio).

Si pensa che Boko Haram conti su alcune migliaia di miliziani armati, appartenenti per la maggior parte all’etnia Kanuri. I Kanuri costituiscono il 4 per cento della popolazione nigeriana – la Nigeria è lo stato più popoloso dell’Africa con oltre 170 milioni di abitanti – e sono concentrati nel nordest del paese.

Nel corso del 2014, oltre al rapimento che ha portato all’effimera campagna di sostegno internazionale #BringBackOurGirls, Boko Haram ha compiuto diversi attentati esplosivi in molte città nigeriane, tra cui la capitale Abuja

I tre stati nigeriani dove Boko Haram colpisce più duramente sono anche tra i più poveri, tagliati fuori dal relativo sviluppo assicurato in alcune regioni del sud dal petrolio, estratto unicamente nella zona del delta del Niger. La Nigeria è infatti un paese profondamente diviso lungo linee etniche, culturali e religiose: la principale divisione è quella tra nord e sud del paese, il primo a maggioranza musulmana, il secondo cristiana.

Il dilemma della sicurezza

Il prossimo febbraio si voterà in Nigeria per le elezioni legislative e presidenziali. Il presidente uscente Goodluck Jonathan si ricandiderà – una scelta che gli ha attirato parecchie critiche, perché interrompe nel suo partito la tradizione di alternanza tra un candidato musulmano-settentrionale e uno cristiano-meridionale – e il tema della sicurezza e della risposta a Boko Haram è uno di quelli al centro della campagna elettorale.

Non è sicuro nemmeno se le elezioni potranno svolgersi nelle regioni nordorientali, vista l’attività del gruppo islamista e la difficoltà delle forze di sicurezza nel contenerla. Nel corso della campagna elettorale nigeriana, che ha assunto toni molto violenti, c’è chi ha accusato il governo di Jonathan (un cristiano meridionale) di non aver fatto abbastanza per contrastare Boko Haram o di averlo addirittura sostenuto per colpire la popolazione musulmana.

Dall’altro lato, Jonathan si sente sotto pressione da parte dell’esercito, che ha un lungo passato di accuse di brutalità e violazioni dei diritti umani. Le gerarchie militari sono anche ai ferri corti con gli Stati Uniti, che si è mostrato riluttante a fornire altre armi pesanti per contrastare l’insurrezione.