Quando nei lontani anni ’90 l’allora sconosciuto umorista di origine camerunense Dieudonné M’bala M’bala si esibiva con l’umorista Elie Semoun nel duo Elie et Dieudonné incarnando l’uno un uomo di colore alto e grosso dall’improbabile accento e dai modi buffi e l’altro un piccolo ebreo impaurito dalla violenza e dall’idiozia della società, molti già presagivano una carriera di successi e di militanze ad uso e consumo della fragile e divisa sinistra francese. In quegli anni Mitterand era oramai un lontano ricordo e Hollande neppure una figura politica che si stagliava nell’orizzonte socialista ma soltanto un oscuro consigliere regionale del Limousin.
La statura fisica dei due (uno grosso e di colore, l’altro più piccolo, magrolino e bianco), la loro origine cosi diversa, uno stile diametralmente opposto, li faceva sembrare la coppia comica perfetta. L’uno autoironico, l’altro febbrilmente sottile, i due incarnavano anche l’estrema diversità di una certa Francia. Per la prima volta poi apparivano sulla scena teatrale, rappresentate in modo caustico e irriverente, i disagi dei giovani delle banlieues che di li a qualche anno avrebbero messo a fuoco tutte le grandi città. Dei due Semoun era l’ottima spalla mentre Dieudonné il vero Deus ex machina, colui che tirava le fila invisibili degli spettacoli modellando tutte le sfumature delle maschere di cui Dieudonné incarnava incredibilmente l’anima antixenofoba e antirazzista che denunciava con linguaggio salace la discriminazione dei neri, degli arabi ed in generale degli immigrati. Chi meglio di lui riusciva infatti a cogliere il senso del disagio dei giovani di due, tre generazioni di immigrati ammassati in squallide periferie dall’esorbitante tasso di disoccupazione, dalle prospettive professionali tutt’altro che rosee, giovani cittadini francesi solo di nome ma non di fatto?
La scintilla però s’accende nella mente di Dieudonné nel 1995 a Marsiglia. Come tutta la Francia, il comico resta infatti scosso dalla storia di Ibrahim Ali, un giovane francese originario delle Comore assassinato da un militante del Front National. Il tragico evento permette a Dieudonné di cavalcare l’onda del malcontento di quella Francia civile e intelligente che rifiutava il neofascismo lepenista e dei suoi violenti scagnozzi armati di pistole e manganelli. Dallo scranno teatrale Dieudonné denuncia la deriva fascista in cui scivola il paese, il razzismo, l’intolleranza atavica dello stato francese. Chapeau. Dietro di lui la scia lasciata da una fetta critica della società cresce inesorabilmente. Il giovane comico sente odor di gloria e sangue e non si limita a denunciare il razzismo, il fascismo ma entra attivamente in politica e fonda addirittura un partito, il “Partito degli Utopisti”, che si presenta alle elezioni legislative del 1997.
Dieudonné non vincerà ma il prezioso 7,7% ottenuto sarà deciso per la sconfitta della candidata lepennista Marie-France Stirbois nella città di Dreux, dove il Front National tra l’altro è maggioritario. Ovazione dalla sinistra. “Dieudo” dicenta un eroe, il guignol di una sinistra che ha perso la bussola e si affida alle battute taglienti ed irriverenti del giovane comico delle banlieues: viene corteggiato da intellettuali e politici di primo piano, i suoi spettacoli sembrano il grimaldello per penetrare li dove il borioso discorso politico socialista non penetra le menti di abitanti che chiedono solo parità di diritti, integrazione, condizioni egualitarie, rispetto della diversità etnica e religiosa. Dieudonné sa come parlare loro, la sua lingua è affilata ed il suo umorismo spezza più catene di una tronchese raffazzonata di partito.
Eppure in pochi anni succede l’imponderabile. La rottura con Semoun, un finanziamento mancato del Centre National du Cinéma (Cnc) che gli farà inveire contro la lobby ebraica e infine il famoso sketch di Dieudonné travestito da colono ebreo con cappello da ortodosso ed in pugno un kalashnikov che urla “Isra-Heil” mimando grottescamente il gesto di saluto nazista. È il suo capolinea criticista e al tempo stesso il suo lancio nell’orbita dell’estrema destra antisemita e negazionista. Inizialmente osannato da una parte dell’elettorato del Front National, da intellettuali di destra, Dieudonné entra a far parte del comitato centrale del partito tra il 2007 ed il 2009 poi pian piano si defila, posizionandosi “a destra del Front National” perché in fondo anche quest’ultimo, dopo la caduta del fondatore Jean-Marie Le Pen, è diventato funzionale al sistema di finta alternanza di partiti che affossano la Francia degli esclusi e degli offesi.
Da qui nasce il famoso gesto della “quenelle” (una sorta di saluto nazista capovolto) gli spettacoli in cui afferma che “i crucchi avrebbero dovuto completare il lavoro nel ‘45”, la crisi israelo-palestinese e Gaza come pretesto per alzare il tiro contro la comunità ebraica, il delirio che denuncia il complotto giudaico-massonico fino ad arrivare agli spettacoli vietati, ai dibattiti pubblici intrisi di odio. Dieudonné non si ferma e va sempre oltre. Ingaggia negazionisti e li fa salire sul palco, inneggia a Bin Laden, attacca con violenza la comunità ebraica ed in particolare il Crif (Consiglio Rappresentativo degli Ebrei di Francia), il concistoro, esalta l’Islam radicale pur di glorificare il suo odio viscerale, e quello di una parte dei ragazzi delle Cités, verso Israele. I suoi spettacoli alla Main d’Or sono happening politici, Dieudonné subisce processi, interdizioni che fanno gridare addirittura alla repressione della libertà di espressione, «ma la libertà di un imbecille – dirà qualcuno – può essere anche soppressa per salvaguardare l’intelligenza di molti».
Ed oggi? Dopo i processi nei tribunali, i pamphlet incendiari su YouTube e la colonna infame delle rappresaglie degli editorialisti della gauche caviar che dieci anni prima lo esaltavano, Dieudonné ritorna in politica. Questa volta non a sinistra della sinistra, ma a destra della destra. Assieme al sociologo del nazional-socialismo alla francese Alain Soral fonda il partito “Riconciliazione Nazionale” forse per sfuggire ai suoi guai giudiziari (ma è ineleggibile per le condanne subite in tribunale), partito che minaccia direttamente il Front National di cui è una costola oramai impazzita, scheggia lanciata nello spazio vuoto del post-hollandismo e forse destinata ad estinguersi da sé.
Per anni sinistra e destra si sono serviti di Dieudonné, e del suo violento eloquio, per agganciare l’elettorato che non si piega al linguaggio impastato dei politicanti. Forse solo ora, dopo più di un ventennio di derive autoritarie, si rendono conto che forse è stato lui ad usarle, e per lungo tempo. In fondo Dieudonné nei suoi spettacoli non veicola alcuna ideologia, né presenta alcuna visione politica. E’ semplicemente animato dalla vecchia tara che baca la mente di chiunque salga su un palco e assapori il fragore della folla: l’ego smisurato e cinico dell’attore.
@marco_cesario