TaccolaCrisi infinita: 153 “nuove Ilva” sul tavolo del governo

Crisi infinita: 153 “nuove Ilva” sul tavolo del governo

Sarà un ospedale affollato per tutto il 2015, quello del ministero dello Sviluppo economico. Le imprese malconce nei tavoli di confronti attivi al Mise sono 153 e i lavoratori coinvolti fino a 450mila, secondo l’ultima ricognizione di un apposito osservatorio della Uil. Il 2014 si è chiuso con alcune partite avviate a una risoluzione: Termini Imerese (con l’arrivo della società di componentistica Metec, in precedenza impegnata per l’Om di Modugno), ex Lucchini di Piombino (cessione agli algerini di Cevital), Ast di Terni (accordo con la Thyssenkrupp), che hanno fatto seguito ad altre affrontate in precedenza: Alitalia, Eni di Gela, Ferriera di Trieste, Electrolux. Per altre operazioni recenti si è arrivati ad accordi, se non risoluzioni: come per Meridiana, dove è stata siglata un’intesa sugli esodi volontari. C’è poi la grande partita dell’Ilva (dove tra dipendenti diretti e indotto sono in gioco quasi 20mila posti di lavoro), ancora tutta da giocare ma per la quale il decreto annunciato il 24 dicembre ha segnato il ritorno dell’intervento diretto dello Stato per interesse strategico nazionale. 

Parlare di vittorie spesso è fuori luogo, più spesso si tratta di limitare i danni perché il punto di partenza, per le vertenze che arrivano al ministero, sono cessazione di attività, ristrutturazioni con forti eccedenze occupazionali, difficoltà finanziarie e occupazionali. La Uil ricorda che il numero delle aziende risulta più alto (di 17) rispetto a quelle allo scorso febbraio, ma nel corso dello scorso anno sono state raggiunte intese per 40 di queste aziende, circa il 25% del totale.  «Sostenere che il nostro sia un osservatorio da cui si può monitorare l’andamento della crisi è sbagliato. Semplicemente, in base alle risorse che abbiamo a disposizione, 150 è il carico massimo dei casi che possiamo affrontare. Per cui, questo non può essere un parametro esaustivo per valutare lo stato di salute dell’economia del Paese», ha ricordato di recente a L’Avvenire Giampiero Castano, responsabile dell’Unità di gestione delle vertenze presso il Mise.

Tra le 153 partite ancora aperte i settori più colpiti non sono quelli classici del made in Italy come tessile (6 tavoli aperti) o arredamento (3 tavoli). In testa risulta l’Ict, con 13 vertenze, tra cui quella di Almaviva Contact, call center che impiega 10mila dipendenti. Seguono il settore dell’automotive, edilizia, energia, chimica, ma anche agroalimentare ed elettronica di consumo e componenti.

Fonte: elaborazione Linkiesta su dati Uil

La crisi ha colpito l’industria del Nord come del Sud. Le regioni più presenti ai tavoli di crisi (spesso anche fisicamente, con esponenti degli enti locali che partecipano) sono Lombardia, Lazio, Campania, Veneto e Puglia. 

Venti delle aziende ammesse ai tavoli di crisi hanno più di duemila dipendenti, 16 tra mille e duemila, 26 tra i 250 e i mille, mentre 91 sono quelle sotto i 250 lavoratori.  

Dall’inizio dell’anno sono già stati convocate le aziende per le vertenze Sangalli Vetro, Om Carelli, Ideal Standar, oltre al tavolo su Porto Marghera. A gennaio ci saranno l’Arcelor Mittal di Piombino (14), l’ex Merloni di Fabriano (16) e Hp (26), oltre ai tavoli di settore dei call center (15 gennaio), del termoelettrico (il 19) e del farmaceutico (il 20). Ecco lo stato delle crisi, vertenza per vertenza. 

Sangalli Vetro 

È un gruppo nel settore del vetro con sede legale a Susegana, Treviso. Tre degli stabilimenti sono in provincia di Foggia, a Monte Sant’Angelo, non lontano da Manfredonia, e uno a Udine, a San Giorgio di Nogaro, aperto nel 2011. Per uno di questi tre, Sangalli Vetro Manfredonia S.p.A., era stata prevista la chiusura nel piano industriale, che prevedeva anche l’acquisto della quota del 58% della holding ad oggi di proprietà della famiglia Sangalli da parte di un terzo soggetto imprenditoriale, probabilmente una newco. La chiusura si deve all’indebitamento dell’azienda e ai costi eccessivi del rifacimento di un forno, giunto a fine vita. Secondo i lavoratori è collegata all’apertura nel 2011 dello udinese, che produce prodotti di vetro float chiaro (come lo stabilimento pugliese), oltre che extra-chiaro. I lavoratori sono in sciopero dal 7 dicembre, con presidi davanti ai cancelli. Lo stabilimento di Sangalli Vetro Manfredonia sorge su un’area ex Enichem. 

Nell’incontro del 7 gennaio il Mise ha invitato l’azienda a riformulare il piano industriale, in modo che preveda la gestione concorsuale dell’intero gruppo e non solo dello stabilimento di Manfredonia-Monte S. Angelo. La società si è dichiarata disposta a recepire le richiesta. Di fatto è un dietrofront che ha raccolto le richieste degli enti locali e dei sindacati. Secondo il consigliere regionale pugliese di Forza Italia, Giandiego Gatta, «i Contratti d’Area hanno avuto effetti ben lontani da quelli auspicati nel nostro territorio: troppo spesso abbiamo assistito a logiche coloniali di imprenditori interessati a finanziamenti ed agevolazioni, che poi hanno fatto le valigie» (fonte: Statoquotidiano.it). Il tavolo è aggiornato al 15 gennaio. 

Om Carrelli 

Un’altra azienda pugliese di Modugno. All’incontro dell’8 gennaio ha partecipato anche il ministro Federica Guidi. Non è stato un caso: nel comune in provincia di Bari sono convinti di aver subito uno scippo. Nel sito della Om Carrelli sarebbe infatti dovuta arrivare la Metec, la società di componenti per auto che ha poi rilevato gli stabilimenti ex Fiat ed ex Magneti Marelli a Termini Imerese (770 dipendenti diretti più altri 300 di indotto), subentrando a dicembre in extremis alla precedente proposta della newco Grifa, rivelatasi incosistente. Nello stabilimento di Modugno, chiuso, lavoravano 200 lavoratori, in cassa integrazione. «Il piano industriale di Metec era talmente attendibile che ce lo hanno scippato – ha commentato alla tv locale Punto tv l’assessore al Lavoro della Regione Puglia, Leo Caroli -. Il governo ci ha scippato quello che abbiamo costruito. Adesso viene un ministro a metterci la faccia, di persona. È un fatto nuovo, sicuramente è un fatto positivo. Vedremo quali risultati verranno». Sono state annunciate 2-3 delle manifestazioni di interesse, che saranno valutate da un gruppo di lavoro costituito dalla task force del ministero e da quella della Regione Puglia. 

Ideal Standard 

La vertenza che riguarda la società di rubinetteria e sanitari è comparsa a più riprese sulla stampa nel 2014, è piuttosto complessa e non è ancora arrivata a soluzione. Dopo il tavolo dell’8 gennaio è stato fissato un secondo incontro per metà febbraio. La crisi ha riguardato soprattutto lo stabilimento di Orcenico, frazione del comune di Zoppola (Pordenone), che ha l’azienda ha stabilito di chiudere. Dopo un accordo per la cassa integrazione in deroga per due mesi firmata a novembre, la maggior parte delle 398 maestranze ha firmato le conciliazioni per il licenziamento incentivato, con bonus fino a 30mila euro. Il sito non dovrebbe vedere la chiusura, perché la coop Ceramiche Idealscala, costituita lo scorso luglio da 18 dipendenti della multinazionale, si è fatta avanti per la reindustrializzazione dello stabilimento. I tavoli al ministero servono proprio a mettere d’accordo la coop e Ideal Standard sul perzzo di cessione. La trattativa andrà chiusa entro il 31 gennaio. I punti controversi, ha ricostruito Il Messaggero Veneto, vanno dai volumi di produzione che dovrebbero essere lasciati a Orcenico ai costi dei macchinari. La multinazionale continua a essere contraria alla concessione a titolo gratuito degli impianti produttivi, mentre sindacati e lavoratori insistono sulla cessione a condizioni di favore. 

Arcelor Mittal (Magona Piombino)

È il lato della siderurgia di Piombino rimasto irrisolto. Mentre l’ex Lucchini è stata venduta agli algerini di Cevital, per la Magona, stabilimento di Arcelor Mittal dove lavorano 540 persone (nel 2007 erano 870), con contratti di solidarietà. Attualmente circa 240 persone sono al lavoro, 300 a casa, come ha ricostruito Il Tirreno. La società considera in esubero 320 lavoratori. Mercoledì 14 gennaio i sindacati saranno al ministero dello Sviluppo. Il punto principale del confronto con il governo sarà il costo dell’energia (al centro anche di tutta la vicenda ex Lucchini). Arcelor Mittal ha relegato Magona a un ruolo marginale, preferendo privilegiare stabilimenti maggiormente remunerativi. «Marcegaglia e Arvedi negli stabilimenti del nord pagano 42 euro per chilowattora, Cevital 75, Magona 135. Il costo dell’energia va allineato e la questione risulterà molto importante anche per gli algerini che hanno appena comprato gli stabilimenti Lucchini», ha detto una fonte sindacale a Toscana24

Ex Merloni (Fabriano) 

A Fabriano tutti gli sguardi sono rivolti a un giudice. Negli scorsi mesi gli istituti bancari creditori dell’ex Merloni si sono visti accogliere dal Tribunale e della Corte di appello di Ancona il loro ricorso contro la vendita della ex Merloni alla JP di Porcarelli. Risultato: produzione e lavoro bloccati per 700 dipendenti, di cui 350 in Umbria. 

«Dall’incontro di fine anno a Colle, con la presenza del presidente della Jp, sono emerse indiscrezioni, che confermano le dichiarazioni del sottosegretario De Vincenti, e cioè che qualche spiraglio si starebbe aprendo per dare la possibilità di produrre alla Jp», ha dichiarato a Perugia Online Luciano Recchioni, della Fiom provinciale e sindacalista della Rsu interna. L’attesa è quindi per il prossimo incontro al ministero dello Sviluppo Economico, il 16 gennaio. Si dovrà capire se c’è un accordo tra banche e l’azienda Antonio Merloni, dopo che a novembre il viceministro Claudio De Vincenti aveva detto che la questione era in via di definizione. «Le lungaggini e le false illusioni stanno scoraggiando tutto e tutti – ha spiegato il sindacalista Fiom –  non resta quindi che forzare la mano, di tempo ormai ne rimane poco. L’obiettivo è evitare la sentenza sul ricorso in Cassazione, se c’è accordo con le banche. Ma occorre anche trovare un imprenditore capace di mettere in moto una attività utilizzando l’accordo di programma per salvare quei lavoratori che ad ottobre 2015 saranno disoccupati in quanto trascorso un anno di mobilità».

Con l’accordo di fine dicembre tra ministero del Lavoro e sindacati è stata rinnovata la cassa integrazione per gli operai della JP Industries per il 2015. Si tratta degli ultimi 12 mesi di cassa previsti, rinnovati di anno in anno dal 2012.

Hp 

La crisi di Hp, uno dei marchi dell’informatica più noti al mondo, è su scala mondiale. A ottobre la società ha anche annunciato il licenziamento di 55mila persone. Circa 36.000 sono già stati effettuati nell’ambito del piano di ristrutturazione. Hewlett-Packard si dividerà in due, separando la divisione che si occupa di stampanti e personal computer da quella che segue hardware e servizi. Le conseguenze ci sono anche in Italia. Il 26 gennaio ci sarà l’incontro al Mise. Il 1° ottobre è stata avviata una procedura di cessione di ramo d’azienda, che ha coinvolto 170 lavoratori. 

Porto Marghera

Non una vertenza ma un piano per polo industriale: per Porto Marghera sono stati stanziati 153 milioni di euro. Di questi 103 dal Mise, mentre altri 50 verranno da un credito d‘imposta a favore delle imprese che vogliono realizzare progetti di reindustrializzazione e bonifica. L’obiettivo è quello di consolidare le attività esistenti, favorire nuovi investimenti finalizzati alla riconversione industriale, alla salvaguardia dell’ambiente e a nuove infrastrutture. 

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