Il Parlamento riapre le indagini sull’uranio impoverito

Il Parlamento riapre le indagini sull’uranio impoverito

Dopo due anni di silenzio, il Parlamento torna a occuparsi dei rischi legati all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito. L’ultima commissione di inchiesta aveva smesso di operare al termine della scorsa legislatura. Adesso, grazie all’impegno della deputata di Sel Donatella Duranti, le indagini potrebbero ripartire. «Lo dobbiamo ai tanti militari che nel corso degli anni si sono ammalati – racconta a Montecitorio la parlamentare – E che sono ancora in attesa di risposte».

La battaglia risale all’estate del 2013. È stata una delle prime iniziative della deputata, appena eletta alla Camera. Un impegno personale e sentito. Donatella Duranti è una dipendente civile delle nostre Forze Armate. Originaria di Taranto – dove ha sede uno dei principali arsenali della Marina – negli anni è venuta a contatto con le storie spesso drammatiche di tanti militari. Eppure ci sono voluti quasi due anni per poter discutere la sua proposta di istituire una commissione di inchiesta. Non c’è mai stato un problema legato alla volontà politica, assicurano alla Camera. Semmai a rallentare l’iter sono stati i numerosi impegni della commissione Difesa, titolata a esaminare la proposta. «Mettiamola così – racconta adesso la deputata – tutti hanno sempre considerato importante questa inchiesta, ma in pochi ne hanno sentito l’urgenza». 

Adesso l’impegno di Donatella Duranti è stato premiato. Nei giorni scorsi è iniziata la discussione nella IV commissione. Nominato il relatore, tutti i gruppi hanno preso l’impegno di procedere il prima possibile alla stesura di un testo condiviso da inviare in Aula. Se tutto andrà come previsto, entro l’estate la nuova commissione di inchiesta potrà essere istituita. E inizieranno le prime audizioni. Rispetto alle precedenti esperienze, si cercherà di estendere il campo di indagine. L’obiettivo è fare luce sui casi di morte e malattia che hanno colpito tutto il personale italiano – non solo quello militare – impiegato nei depositi di munizioni, ma anche nei poligoni di tiro e nelle missioni internazionali «in relazione all’esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno». Si parla di uranio impoverito, ovviamente. Ma non solo. «Adesso – racconta la parlamentare – si inizia a sottintendere la pericolosità non solo dell’uranio impoverito, ma anche di tutte le nanoparticelle derivanti dall’esplosione o dalla lavorazione dei vari materiali bellici».

Si parte da quanto già scoperto nelle precedenti legislature. «In base alle relazioni conclusive delle commissioni parlamentari di inchiesta che si sono succedute – racconta la Duranti – si possono trarre molti elementi utili, ma non esaustivi». Quella che sarà avviata a Montecitorio è un’indagine fondamentale. I risarcimenti di tanti militari che si sono ammalati negli ultimi anni passano dai risultati che si otterranno. Nonostante il lavoro svolto fino a questo momento, racconta la deputata, non è stato ancora possibile dimostrare in maniera incontrovertibile il nesso di causalità «tra l’eventuale esposizione a fattori patogeni e i casi di malattia». Non è un aspetto secondario. Fino a oggi «le domande risarcitorie che hanno trovato accoglimento sono in gran numero inferiori rispetto a quelle presentate». E questo riguarda soprattutto le “vittime terze”. I figli del personale interessato, nati con gravi malformazioni. «Il loro numero è abnorme rispetto alla probabilità statistica descritta nella letteratura medica – si legge nel documento – ma finché non sarà stabilito con certezza il nesso di casualità le loro famiglie non potranno avere adeguato sostentamento».

La commissione di inchiesta che dovrà nascere nei prossimi mesi si occuperà anche di altro. «Dobbiamo studiare l’uso indiscriminato delle pratiche di vaccinazione», racconta la Duranti. Un argomento già lambito, ma mai approfondito, dalle precedenti inchieste parlamentari. «Sono stati infatti riscontrati e documentati – si legge nel documento all’attenzione della commissione Difesa – numerosi casi di vaccinazioni ripetute in lassi di tempo bevessimo, senza alcun rispetto delle precauzioni indicate dalle stesse case farmaceutiche e senza, addirittura, la preventiva e indispensabile anamnesi del paziente». Un grave rischio per la salute di tanti esponenti delle Forze Armate. «Come se la normativa nazionale sulla salute procedesse su un binario parallelo rispetto a quella applicata dagli stati militari».

La commissione di inchiesta potrà lavorare per due anni. Si partirà dai risultati raggiunti nelle precedenti indagini, si diceva. Bisognerà convocare in Parlamento una serie di personalità direttamente interessate dal fenomeno: rappresentanti di militari, associazioni, medici e consulenti scientifici. Per provare a velocizzare l’iter, Donatella Duranti ha proposto una commissione monocamerale. «Più snella e rapida nei lavori» spiega. Ventuno deputati in tutto. E l’obiettivo di arrivare a una prima relazione già dopo un anno. «Dobbiamo chiudere finalmente questa partita e dare risposte ai militari che aspettano da troppo tempo».