Come è giusto, le punizioni diposte dall’Isis contro chi commette illeciti (di ogni genere, eh), fanno impressione al pubblico occidentale. Eppure non si tratta di atti di efferatezza gratuita. Si basa su un preciso regolamento di delitti e di castighi, scale di valore di corrispondenza tra il reato e la pena. Un sistema giuridico, insomma, basato sulla sharia.
Le sanzioni per furto, adulterio, calunnia e banditismo sono registrate negli Hadith, i detti del profeta (che sono altra cosa rispetto al Corano, ribadiamo) ma al giorno d’oggi sono poco applicati. Tranne che nei territori controllati dall’Isis e in Arabia Saudita. Nelle prime due settimane del gennaio 2015, il governo saudita ha fatto decapitare quindici persone. Nel 2014 sono state 87, e 74 di queste sono avvenute tra agosto e dicembre. Notizie di questi processi non sono molto diffuse perché anche la documentazione (e la diffusione di immagini) è molto difficile. Per capirsi, il video di una donna decapitata al termine di un processo è diventato virale, ma il poliziotto che lo ha diffuso è stato arrestato.
Per quanto riguarda i reati commessi, non è noto sapere molto. Di sicuro, in passato, alcune persone sono state incriminate, arrestate e condannate per stregoneria.
In questo contesto, non è male notare questa infografica, elaborata dal sito Middle East Eye, che mette a confronto il sistema penale dell’Isis e quello dell’Arabia Saudita. Le somiglianze, per chi non se lo aspetta, sono sconcertanti. Lapidazioni, morte per blasfemia, taglio delle mani per banditismo. Una differenza notevole è che l’Isis pratica la morte per crucifissione, cosa che non avviene in Arabia Saudita.
Un augurio da parte di LinkPop al nuovo sovrano saudita, Salman bin Abdelaziz al Saud, sperando che, magari, cambi qualche cosa.