Ancora non si è spenta la fiammata emotiva per le stragi terroristiche in Francia che in alcuni ambienti già circola il pesante interrogativo: quanto è merito “loro” e quanta colpa è “nostra”? Cioè, quanto sono stati abili i terroristi nel pianificare ed eseguire gli attentati e invece quanta colpa ha l’intelligence francese nel non averli prevenuti? I terroristi che hanno colpito erano persone note ai servizi di sicurezza, con precedenti specifici e gravi. L’accusa che comincia a serpeggiare è che si sarebbe potuto e dovuto fare di più. Prima, durante e dopo l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo.
Eric Denécé, direttore del Centre Français de Recherche sur le Renseignement ed ex 007 francese, non condivide queste critiche. «Non penso che si possa parlare di gravi responsabilità per i nostri servizi. È vero che i fratelli Kouachi erano soggetti già conosciuti ma da mesi conducevano una vita irreprensibile, non si poteva arrestarli senza un motivo. Inoltre di persone con il loro profilo in Francia ce ne sono migliaia. Non è possibile controllarli tutti. Mi sembra che attualmente ci sia una reazione emotiva sproporzionata, da noi e non solo. Quanto è successo, anche se grave, non è un 11 settembre, e non è nemmeno paragonabile con le stragi di Londra o Madrid. Tre terroristi hanno ucciso a colpi di arma da fuoco 17 persone: questa è la dimensione della vicenda. Negli ultimi 30 anni sono morti per terrorismo 39 cittadini francesi, una percentuale minima. Il sistema nel 99% dei casi funziona».
«Premesso che stiamo commentando episodi freschissimi e che un’analisi accurata sarà possibile solo tra qualche tempo, per il quadro che sta emergendo a me sembra che si possa parlare di una pessima gestione da parte dei servizi francesi», è invece il parere di Claudio Neri, direttore dell’Istituto italiano di studi strategici. «I terroristi non erano solo soggetti noti, avevano un profilo da bersagli primari. Persone che avrebbero essere tenute sotto una vigilanza costante. Uno era già stato in Yemen oltre che in Siria, nei campi di addestramento. Esistevano già condanne a suo carico per aver aiutato a inviare foreign fighters in Iraq e per altre attività terroristiche. Inoltre – ma qui bisogna valutare la rilevanza della notizia – pare che dall’Algeria fosse arrivata una “soffiata” sull’attentato alla redazione di Charlie Hebdo con un giorno di anticipo. Non penso si possa incolpare le forze di sicurezza francesi per non aver intercettato le armi pesanti con cui sono state commesse le stragi. Il mercato nero è fiorente e – a differenza dell’Italia – non centralizzato, controllarlo è molto difficile. Più che altro lascia perplessi la scarsa protezione di un bersaglio noto come la redazione del giornale satirico. Non c’era nemmeno una volante fissa».
«Anche con un auto della polizia stabile davanti alla redazione penso sarebbe cambiato poco», sostiene invece Denécé. «Due poliziotti in più, con le sole pistole di ordinanza e colti di sorpresa, non avrebbero ribaltato la situazione». E quanto alle critiche sull’insufficiente equipaggiamento della polizia «non hanno senso: nel 99% dei casi è assolutamente sufficiente. E in generale – conclude l’ex 007 – la mia impressione è che le forze di sicurezza abbiano lavorato bene. In due giorni i terroristi sono stati individuati ed eliminati».
Giudizio più severo da parte di Claudio Neri: «Dopo la strage i terroristi hanno avuto troppo tempo prima di incontrare le forze dell’ordine e il poliziotto ucciso si trovava lì di pattuglia, non era intervenuto appositamente per loro. La loro fuga è stata troppo semplice, non hanno trovato posti di blocco e per due giorni sono stati un passo avanti rispetto alle forze di sicurezza. Questo secondo me dimostra ancora una volta che la fase di prevenzione non è stata fatta in modo adeguato. Altrimenti – conoscendone spostamenti, asset e abitudini – i due fratelli Kouachi non avrebbero potuto muoversi con questa facilità. Inoltre se fosse stata fatta bene la fase di prevenzione, subito dopo l’attentato sarebbero stati fermati tutti i soggetti potenzialmente collegati ai due terroristi (amici, parenti, affiliati etc). Invece qui è spuntato un terzo uomo, Coulibaly, che ha potuto fare altri morti in un negozio kosher».
Polemiche queste destinate a non spegnersi tanto in fretta. Perché se parlare di 11 settembre dell’Europa sembra decisamente un’esagerazione, il dubbio che si sarebbe potuto fare di più deve essere assolutamente fugato. Specie sapendo che nella sola Parigi potrebbero esserci altre centinaia di “fratelli Kouachi” a cui serve solo l’innesco giusto per far esplodere la violenza e il terrore.