Ben 21.308 emendamenti. Tanti ne sono stati depositati alla Camera durante l’anno appena trascorso. Un faldone dopo l’altro, a metterli tutti insieme si potrebbe costruire una montagna di carta. E poi ci sono le 2.878 sedute delle commissioni permanenti e le 1.047 ore trascorse dai deputati in Assemblea. Necessarie per procedere, tra le altre cose, ad oltre 4010 votazioni. A voler lavorare senza prendersi neppure una pausa, i 630 parlamentari sarebbero rimasti chiusi nell’Aula di Montecitorio per 43 giorni. Senza mai uscire. Per non parlare dei 7.994 atti di sindacato ispettivo. Quasi ottomila tra interpellanze e interrogazioni al governo, rimaste in buona parte ancora in attesa di risposta. Se la politica non si fa con le statistiche, per raccontarla servono anche i numeri. Dati e cifre che al netto di tanti retroscena offrono una prospettiva diversa di quello che accade in Parlamento.
La matematica applicata alle Aule parlamentari svela qualche sorpresa. Ad esempio che alla Camera si lavora, forse più di quanto molti credono. Nel corso del 2014 l’assemblea di Montecitorio si è riunita per 207 volte. Con una media di circa 5 ore a seduta, i deputati sono rimasti seduti tra i banchi dell’emiciclo per ben 1.047 ore e 40 minuti. Almeno quelli sempre presenti. E si tratta di un incremento non indifferente rispetto all’anno precedente. Nel 2013 – quando però le Camere si erano fermate per le elezioni Politiche – l’Aula di Montecitorio si era riunita per solo 146 sedute, un totale di poco più di 790 ore di lavoro.
Assemblee decisamente più brevi a Palazzo Madama. Nel 2014 il Senato ha registrato 210 sedute, per un totale di 685 ore e 2 minuti. Una media di poco più di tre ore ciascuna. A queste, però, si devono aggiungere le venti sedute del Parlamento in seduta comune. Oltre 64 ore di lavoro dedicate all’estenuante elezione dei giudici della Corte costituzionale e dei componenti del Csm che ha bloccato i parlamentari – una fumata nera via l’altra – dallo scorso giugno fino a poche settimane fa.
Ore e ore in Aula. Ma cosa si fa in tutto questo tempo? A spulciare le statistiche di Camera e Senato si scopre che la maggior parte delle giornate che i nostri rappresentanti trascorrono in Aula servono all’attività legislativa. Nel 2014 l’assemblea di Montecitorio vi ha dedicato, per la precisione, 610 ore e 9 minuti. Lunghe discussioni, ma anche tanti voti. Del resto a ripercorrere un anno di lavori parlamentari ci si imbatte in una montagna di 21.308 emendamenti (sebbene solo il 10 per cento sia stato effettivamente rimesso al giudizio dei deputati). Sono quasi sessanta proposte di modifica depositate ogni giorno, sabati e domeniche compresi. Pagine e pagine di documenti, come i 3.336 ordini del giorno depositati in dodici mesi di attività della Camera. E così, un voto dopo l’altro, nel 2014 i deputati hanno pigiato il pulsante per oltre 4mila volte. In Aula si sono contate per l’esattezza 4.011 votazioni mediante procedimento elettronico.
I risultati di tanto lavoro sono nelle statistiche ufficiali delle Camere. In tutto il 2014 l’Aula di Montecitorio ha deliberato 90 progetti di legge. Come noto, di proposte nate per iniziativa dei singoli parlamentari non c’è molto. A farla da padrone è l’esecutivo. Ben 43 disegni di legge sono di iniziativa governativa. Altri 27 sono ddl di conversione di decreti-legge approvati a Palazzo Chigi. Come se non bastasse, non sempre i lavori procedono a ritmi particolarmente spediti. Le cifre fornite da Palazzo Madama fanno chiarezza sulla velocità dell’iter legislativo. Prendendo in considerazione solo i provvedimenti licenziati, nel 2014 il Senato ha impiegato in media 160 giorni per approvare ciascun disegno di legge di iniziativa parlamentare (59 giorni per quelli di iniziativa governativa). A Montecitorio tempi decisamente più lunghi: per approvare ciascuna delle proposte di legge parlamentare sono serviti in media 244 giorni. Otto mesi.
E poi c’è il lavoro delle commissioni. Forse il principale per i nostri parlamentari, anche se spesso il meno conosciuto. Prendendo in esame solo le 14 commissioni permanenti, nell’anno appena trascorso alla Camera si sono tenute 2.878 sedute. Circa 1.600 ore di lavoro. A queste si devono sommare 1.258 sedute di commissione dedicate ad attività secondarie: dalle audizioni informali ai comitati ristretti e gli uffici di presidenza (altre 694 ore di lavori). Le commissioni più attive? A giudicare dai progetti di legge licenziati spicca la commissione Affari Esteri, con 35 documenti approvati. Molto spesso ratifiche di trattati internazionali. Seguono Affari costituzionali e Giustizia, rispettivamente con 11 e 8 progetti di legge. Cifre simili al Senato, dove le commissioni permanenti si sono incontrate in 1.400 sedute per circa 1.200 ore di lavoro. Non è ancora tutto. Bisogna anche considerare le 780 sedute delle commissioni bicamerali e d’inchiesta. Stavolta il riconoscimento all’organismo più stakanovista va alla commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre altre associazioni criminali. Sotto la presidenza di Rosy Bindi, nel 2014 si sono tenute 154 sedute, per un totale di 230 ore di lavoro e 65 audizioni svolte.
Tanto lavoro, ma i risultati non sempre vengono raggiunti. È il caso degli atti di sindacato ispettivo. Tra interpellanze e interrogazioni, nel 2014 l’Aula della Camera si è riunita 87 volte. Dedicando all’argomento circa 126 ore. Eppure molte delle questioni sollevate restano ancora senza risposta. In totale, di 7.994 atti presentati ne sono stati conclusi 2.958. Considerando le risposte del governo e le interrogazioni ritirate, circa il 37 per cento degli atti. E la percentuale si abbassa al 20 per cento nel caso delle interrogazioni a risposta scritta (nel 2014 ne sono state presentate 4.306, ma si sono concluse solo 888). È un problema lontano, che non riguarda solo questo esecutivo. Lo si capisce leggendo le statistiche del ministero per i Rapporti con il Parlamento, relative all’intera legislatura (quindi anche al governo Letta). Prendendo in considerazione gli atti di sindacato ispettivo presentati in Assemblea e nelle commissioni, i risultati sono evidenti. Alla Camera su 13.196 atti presentati, si sono conclusi 4.602, il 34,9 per cento. Al Senato è andata persino peggio. Qui la percentuale degli atti conclusi si ferma al 22,1 per cento (1.059 su 4.802).