“Provateci voi ad andare in carrozzina sui sanpietrini”

“Provateci voi ad andare in carrozzina sui sanpietrini”

Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.

Invece di eliminare i sampietrini, si pensi alle strade della periferia

Una domanda al sindaco di Roma: perché invece di sperperare denaro pubblico per attuare il progetto sconsiderato di smantellare i sampietrini che rappresentano la storia di Roma, non provvede a rifare subito le strade della periferia ridotte in condizioni pietose, visto che in alcuni quartieri come Tor Vergata, Romanina, Casilino, nonostante numerose segnalazioni, nulla di nulla è stato fatto sul piano della riqualificazione.

Guglielmo Rocco, [email protected], da Repubblica del 2 gennaio

Provate voi a spingere una carrozzella sui sampietrini

Invito i ‘sedicenti amici dei sampietrini’ a scendere dalle auto blu e a camminare sui suddetti, a mettersi i tacchi (non solo in privato) e a camminare sui suddetti, a prendere un autobus (mai preso?) e a percorrere i suddetti e infine accomodarsi su una carrozzina per disabili o a spingerne una.

Pier Paolo Geissa, [email protected], da Repubblica del 2 gennaio

Ma quanto ci costano i botti?

Come tutti gli anni, abbiamo il resoconto dei danni provocati dai botti. Sarebbe interessante che uno dei tanti enti pubblici facesse il conto di quanto ci viene a costare l’esplosione di mortaretti quando saltano in aria i laboratori che li producono, i magazzini che li conservano, i danneggiamenti vari e, soprattutto, quanto i danni fisici alle persone costino in cure e pensioni di invalidità.

Carlo Ferrazza, [email protected], dal Corriere della Sera del 2 gennaio

Ma non erano italiani i violenti della Norman Atlantic

Sarà anche vero che solo un italiano su cinque dà la precedenza ai pedoni sulle strisce (Corriere, 31 dicembre), però sul traghetto Norman Atlantic chi ha commesso atti di violenza sembra che non fosse italiano. Non addossiamo agli italiani colpe anche quando non ne hanno.

Massimo Avagliano, [email protected], dal Corriere della Sera del 2 gennaio

Torino, è senz’anima il grattacielo di Renzo Piano

Può piacere o non piacere, ma ora che è giunto al termine il grattacielo di Renzo Piano ci rivela quello che non ha: un’anima. Stupisce che il noto architetto, i cui edifici hanno impreziosito molte città in tutto il mondo, non abbia saputo (o voluto) realizzare anche a Torino un’opera in grado di conquistare l’immaginario collettivo e di caratterizzarsi con quei tratti di unicità, particolarità ed innovazione che segnano il discrimine tra un’opera d’arte ed un manufatto qualunque. Il nostro grattacielo, assomiglia più ad un enorme frigorifero abbandonato sul ciglio di una strada che ad un monumento dotato di una propria personalità e destinato a far sognare ! Alle soglie del 2015 non possiamo esimerci dal confermare all’architetto Alessandro Antonelli, unica vera “archistar” ante litteram di questa nostra città, il merito di aver infuso un’anima immortale alla sua opera più famosa.

Lorenzo Gnavi Bertea, da Stampa del 2 gennaio

E se la smettessimo con il pavè a Milano?

L’amministrazione comunale milanese è pervicacemente affezionata al vecchio pavè che ricopre molte strade della città. Ma i lastroni, soprattutto in certe vie molto percorse dalle auto come quelle che affiancano i Navigli, si sollevano sempre e hanno bisogno di una manutenzione continua. Ora, capisco l’importanza anche storica di questo pavè, ma calcolando i soldi che il comune spende per sistemarlo (senza contare i rallentamenti del traffico che derivano dai lavori in corso), con lo stesso importo finora accumulato si sarebbero potute asfaltare le strade e conservare magari alcuni significativi tratti in pietra in un museo a cielo aperto, a futura memoria. Mi viene in mente una bella frase del teologo Paul Tillich: “Soltanto se la tradizione viene trasformata frequentemente può essere salvata come realtà vivente”. Altrimenti, aggiunto, diventa solo una seccatura.

Guido Poretti, da ItaliaOggi del 2 gennaio

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