Si vota l’Italicum: prove tecniche per il Quirinale

Si vota l’Italicum: prove tecniche per il Quirinale

Sono le ore più difficili per il premier Matteo Renzi. Dopo un anno al governo è il momento di tirare le somme. La legge elettorale, la riforma del bicameralismo, l’elezione del presidente della Repubblica. I nodi arrivano al pettine tutti assieme, come del resto era stato deciso a Palazzo Chigi. Sono partite complicate, connesse tra loro. Se tra pochi giorni Renzi uscirà vittorioso – nel caso dell’Italicum si scoprirà tra poche ore – sarà un trionfo. Ma se il premier sbaglia un passaggio, come in un gioco di incastri rischia di venire giù tutto.

Sulla legge elettorale lo scontro con la minoranza del Pd è ormai deflagrato. L’ultimo vertice con i senatori democrat, poco prima del voto in Aula, ha sancito la spaccatura all’interno del partito. E a nulla sono serviti gli inviti di Renzi. «Bene le discussioni aperte, ma poi si decide insieme. Dalle nostre scelte dipende la tenuta del Paese». Alla fine la relazione del segretario viene approvata da 71 parlamentari. Mentre i 29 critici – guidati dal bersaniano Miguel Gotor – preferiscono non partecipare al voto. Difficile immaginare un esito più negativo. Se Renzi accusa i dissidenti di voler usare l’Italicum come pretesto per danneggiare l’esecutivo, la minoranza tiene il punto. Al centro del contendere restano il sistema delle pluricandidature e i cento capilista bloccati. Un regalo ingiustificato, si lamentano i senatori contrari, a Silvio Berlusconi e Denis Verdini.

Sullo sfondo resta un problema ormai evidente. I rapporti tra Renzi e una parte rilevante del suo partito sono ai minimi storici. «La minoranza non voterà? Sarebbe uno strappo che pesa» spiega il ministro Maria Elena Boschi. I numeri per approvare l’Italicum non dovrebbero comunque essere in discussione. E questo nonostante il fronte contrario ai capilista bloccati sia ampio e trasversale. Ai critici del Pd – un terzo del gruppo – potrebbero unirsi i dissidenti di Forza Italia più vicini a Raffaele Fitto. E poi ci sono i Cinque Stelle. In mattinata, il grillino Danilo Toninelli ha lanciato la proposta su twitter. «Oggi al Senato è un giorno cruciale. Uniamoci per votare sì alle preferenze e contro le liste bloccate».

Renzi ostenta tranquillità. «Affrontiamo l’Aula serenamente, sapendo che i numeri ci sono» conferma il ministro Boschi. Come spiega il premier durante l’assemblea dei parlamentari dem, in Aula la maggioranza voterà l’emendamento presentato dal senatore Stefano Esposito. Una proposta di modifica che, ricalcando perfettamente l’accordo sull’Italicum, se approvata permetterebbe di saltare gran parte delle votazioni successive. «Facendo così – ha spiegato Renzi – in 48/72 ore arriveremmo all’approvazione della nuova legge elettorale». Era quello che ieri i bersaniani temevano. Un maxi-canguro che permetterebbe di evitare oltre il 90 per cento degli emendamenti depositati. «Un trucco offensivo» per dirla con alcuni dissidenti.

Pochi lo ammettono chiaramente, ma molti lo lasciano intendere. Il braccio di ferro sull’Italicum potrebbe avere chiare conseguenze nell’elezione del presidente della Repubblica. E così la battaglia sulla legge elettorale rischia di essere solo un anticipo del confronto che si aprirà in Parlamento tra meno di dieci giorni. Una partita già resa complicata dentro il Pd dalle ultime polemiche sulle primarie liguri e l’uscita dal partito di Sergio Cofferati. Non mancano le accuse al Patto del Nazareno. La minoranza dem chiede di essere coinvolta nella scelta del capo dello Stato prima di un eventuale accordo con Forza Italia. Un nome calato dall’alto dell’intesa con Berlusconi difficilmente sarebbe digerito. A quel punto in molti nel Pd potrebbero manifestare il proprio dissenso nel segreto dell’urna.

Da una parte c’è la minoranza interna, dall’altra il centrodestra. L’ultimo incontro tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si è tenuto stamattina a Palazzo Chigi. Accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini, l’ex Cavaliere ha fatto il punto con il premier sull’Italicum. Da questo punto di vista anche Forza Italia ha i suoi grattacapi. Il partito è diviso sul patto del Nazareno. E non tutti i senatori forzisti sembrano decisi ad assicurare in Aula il proprio sostegno alla legge elettorale (qui a far discutere è il premio di maggioranza assegnato alla lista anziché alla coalizione).

Stavolta, però, Berlusconi si è seduto al tavolo delle trattative con un nuovo mandato. Dopo il faccia a faccia di ieri a Milano con Angelino Alfano – il primo dopo la scissione – l’ex premier adesso sembra quasi parlare in rappresentanza di un’intera coalizione, che però non c’è. Non è un particolare irrilevante. Al momento di eleggere il nuovo presidente della Repubblica sarà difficile prescindere dal centrodestra. Numeri alla mano, Berlusconi può “offrire” al premier un pacchetto di circa 250 grandi elettori. Nessuna fretta, la trattativa è appena iniziata. Per confrontarsi sul Quirinale c’è ancora tempo. Berlusconi e Renzi torneranno incontrarsi martedì prossimo. Ma se il patto del Nazareno reggerà sull’Italicum, è probabile che anche il nome del successore di Giorgio Napolitano passerà da qui.

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