Pierferdinando Casini attraversa il Transatlantico a passi lenti, sottobraccio a un assistente parlamentare. Si guarda attorno, sorridendo. Dentro l’Aula di Montecitorio sono da poco iniziate le votazioni per il presidente della Repubblica. Mentre i grandi elettori sfilano al centro dell’emiciclo infilando le schede nell’urna di vimini e raso, Casini si avvia verso la buvette. La sua corsa al Quirinale si è appena fermata. L’assemblea dei parlamentari Pd ha approvato all’unanimità la candidatura di Sergio Mattarella, dopo un lungo silenzio l’ex presidente della Camera torna a parlare.
«Il mio nome circola ancora come candidato al Colle? – spiega ironico ai giornalisti – Forse continua a farlo chi non ha ancora capito che il presidente c’è già». Nelle ultime settimane Casini ha cercato di evitare troppe vetrine. Poche dichiarazioni, poche passerelle. Come impone il regolamento non scritto dell’aspirante presidente della Repubblica, per evitare di bruciarsi è meglio non dare nell’occhio. Evidentemente non è bastato. «Non devo decidere nulla, io non sono leader di nulla, sono una riserva della Repubblica, non dispongo di truppe parlamentari» spiega modesto. Elegante, non può mancare un omaggio al presunto avversario. «Mattarella è un’ottima persona – racconta ancora Casini – lo conosco da quando siamo entrati insieme alla Camera nel 1983». Poi sarcastico corregge: «Può mai un candidato al Colle parlar male di un altro candidato?».
C’è chi la prende con ironia, come Casini. Chi evita qualsiasi commento per ostentare disinteresse. Quasi tutti preferiscono fare i complimenti al candidato designato da Renzi, con apposito comunicato stampa. In poche righe giurano di aver sempre apprezzato la figura del prescelto, senza dubbio la più adatta in circolazione. È il triste destino dei candidati esclusi. Dirigenti politici e rappresentanti delle istituzioni, nelle scorse settimane sono stati inseriti più o meno a ragione nella lista dei papabili presidenti. Protagonisti dei retroscena della vigilia, alla fine molti di loro hanno finito per crederci. C’è chi si sentiva a un passo dal Quirinale, e oggi mastica amaro. Chi al Colle non ci ha mai sperato e chi, forse, irriducibile ancora ci spera.
Anna Finocchiaro anticipa tutti. Per lungo tempo è stata lei la candidata più accreditata per sostituire Giorgio Napolitano. Donna, esperta di riforme costituzionali, apprezzata trasversalmente. Stamattina, a pochi minuti dalla riunione dei grandi elettori democrat, ammette la resa. «Il percorso scelto dal segretario Pd per arrivare alla scelta del candidato al Quirinale mi sembra corretto e positivo. Se il segretario indicherà il nome di Mattarella troverà tutto il partito unito su questo nome che saprà garantire le nostre istituzioni e la nostra democrazia».
Più o meno nelle stessi minuti interviene Sergio Chiamparino. Il presidente della Regione Piemonte giura di non aver mai sperato al Quirinale. Anzi, proprio ieri ha rivelato che la sua candidatura al Colle è stata solo frutto «delle invenzioni dei giornalisti». Verso l’ora di pranzo, lasciando la conferenza Stato-Regioni si unisce al coro dei colleghi. Mattarella? «Una candidatura di alto profilo». Rispettoso e telegrafico, il presidente dell’Anci Piero Fassino saluta la scelta del giudice della Consulta. «Una candidatura che, per il suo profilo istituzionale, può raccogliere un ampio consenso in Parlamento». Inutile dire che proprio Fassino – così almeno raccontano i retroscena di Palazzo – sia stato davvero vicino a strappare il sì di Matteo Renzi. Chissà se ci ha mai creduto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che da Bruxelles festeggia con entusiasmo la nomina di Mattarella. «È una bellissima notizia» spiega poco prima di arrivare al Consiglio Esteri straordinario. «Mattarella ha le qualità e l’autorevolezza necessarie per essere un ottimo presidente della Repubblica». E se non dovesse spuntarla, poco male. Matteo Renzi ha già una lista di candidati da cui ripartire.