Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
Repubblica 21 febbraio
Piano ha ragione: l’Italia ha bisogno di un’architettura di frontiera
Ho letto su Repubblica l’intervista a Renzo Piano, dove il grande architetto insiste sui rammendi delle periferie, concludendo col dire vitale interessarsene perché lì abita il 90% delle persone. Verissimo. Ma soprattutto fuori dall’Italia. La qualità che rende unico il nostro Paese è il suo essere segnato da centinaia di città grandi e piccole e da migliaia di più o meno piccoli paesi colmi di storia. Centinaia di città con centri storici oggi in via d’abbandono — frutto malato delle demagogiche e sbagliatissime politiche dei vincoli e dei divieti degli anni ‘70 — e migliaia di piccoli paesi sempre meno abitati, quando non già in abbandono. Perché allora non pensare, come Piano dice, a un’architettura “di frontiera” che ricucia le città storiche ai paesi storici in via d’abbandono? Un’architettura che riveda la progettazione nei centri storici facendo di vincoli e divieti non più limitazioni, ma occasioni per una progettazione in positivo d’un nuovo “armonico” che va comunque costruito per non far morire l’Italia di storicismo? Sarebbe una sfida unica al mondo, vista l’unicità del paesaggio storico italiano. Un industriale illuminato, Brunello Cucinelli, una decina d’anni fa ha trasferito la sua azienda in un paesino medievale semi-abbandonato dell’Umbria, Solomeo, cogliendo il paradosso di operai che, alla sera, tornavano malvolentieri a chiudersi nei condomini speculativi della vicina Perugia.
Bruno Zanardi, [email protected]
Perché non tornerò mai più in Sicilia
Sto cercando di metabolizzare la rabbia per la morte della piccola Nicole. Sono nata a Catania e ho vissuto in Sicilia fino ai 21 anni. Poi, come tanti amici, ho deciso di proseguire lo studio universitario a Milano e qui sono rimasta. Ho 30 e sono una mamma. Ho partorito individuando un ospedale con Terapia intensiva neonatale ed epidurale gratuita. Non avrei mai scelto di far nascere i miei bambini a Catania. Certo, lì c’è la mia famiglia, ma c’è una sanità della quale non mi fido. Sono stufa di sentire l’alibi del “accade ovunque”. Esistono le eccellenze anche in Sicilia. Ma nascere in questa regione è più “pericoloso” che altrove (non lo dico io ma l’Istat). Per mio marito, non siciliano, “la cosa più misera è il fatto che tutte le persone coinvolte siano talmente indignate che lì con cambia mai nulla”. Mi ritrovo a desiderare che la mia famiglia si trasferisca a Milano: forse in Sicilia non andrei più. Tornare mi causa rabbia, magone e frustrazione. Non riesco a chiudere gli occhi.
Olga Zappalà, Milano
Messaggero 21 febbraio
Continuo a essere straniero in patria
Rifiutato. Ancora una volta. Non posso andare nel Regno Unito perché mi è stato negato un visto. L’ennesimo rifiuto. L’ennesima occasione persa. Avrei potuto partecipare a un importante corso di formazione sul volontariato organizzato da una grande Ong internazionale. Ma tant’è. Lo aggiungo alla lunga lista. D’altronde uno come me dovrebbe anche essersi abituato. Per l’Italia non sono ancora cittadino italiano, nonostante ci abbia passato buona parte della mia vita. Gli anni sui banchi di scuola, prima, e all’università, poi, non sono sufficienti per dimostrare la mia italianità. Ho scritto a Matteo Renzi per raccontare la mia vita. E con la mia racconto quella di altre centinaia di migliaia di giovani di “seconda generazione”. Italiani di fatto, ma non per lo Stato. Condannati a sentirsi perennemente ospiti nel proprio Paese. E soprattutto secondi a tutti gli altri. Lo racconto perché spero che Renzi possa agire per cambiare. Ho sempre avuto fiducia nelle Istituzioni, anche quando mi hanno consegnato più dinieghi che permessi. Ho 29 anni, sono laureato in Lettere e Filosofia con il massimo dei voti, 110 e lode. Ho rinunciato a qualche bando pubblico perché la cittadinanza italiana era un equisito. Di conseguenza mi sono privato di tante opportunità formative e lavorative. Non di certo per mia negligenza. Non mi è stata data la possibilità di dimostrare le mie capacità. Nessuno ha potuto esaminare i miei titoli di studio. Sono escluso per principio. Non sono italiano. Non ancora. Ho rinunciato a tanti viaggi all’estero. Alcuni erano per lo studio, altri per il lavoro. Molte persone, che l’italiano lo capiscono a malapena, sono stati riconosciuti come cittadini italiani. Aspetto da tanto ma sono fiducioso.
Yassine Lafram, Bologna
Corriere della Sera 21 febbraio
Quello un califfo? Macché: è soltanto un avventuriero
Penso che i media occidentali commettano un grave errore nel prendere per buono il titolo di «califfo» di cui si è insignito un avventuriero che opera in Iraq e Siria. Califfo significa «successore» e tali furono i primi quattro califfi che, dopo la morte del profeta Maometto nel 632, furono eletti fra i membri più eminenti della sua stessa tribù di arabi (i Quraish, o Coreisciti, della Mecca). Il Califfo, inteso come autorità suprema, tanto religiosa quanto politica, della comunità islamica, non ha retto alle concrete dinamiche della storia, come dimostrano le vicende della dinastia dei califfi Omayyadi (dal 661 al 750) quando il dominio degli arabi raggiunse la sua massima espansione territoriale, e poi della dinastia degli Abbasidi (dal 750 al 1258), quando il potere reale dei califfi andò progressivamente scemando. In ogni caso, sarebbe bene comprendere che l’attuale sedicente «califfo»: 1) dal punto di vista della religione islamica è un bestemmiatore tanto per i sunniti quanto per gli sciiti; 2) ha un programma antistorico; 3) costituisce una minaccia in primo luogo per tutti gli Stati nazionali islamici che dovrebbero essere annientati per ritornare a un’unica comunità islamica mondiale. Come se qualcuno da noi volesse ritornare all’Impero romano nel periodo della sua massima espansione.
Livio Ghersi, Palermo
Repubblica 22 febbraio
Tra le industrie illuminate la Fiat non c’è
Ricordo con rimpianto la morte di Adriano Olivetti, figura di grande imprenditore che lavorava di concerto ed in armonia con i suoi dipendenti, e che fu il primo a fornire le fabbriche di asili nido. Ho seguito con commozione la scomparsa di un altro pioniere del lavoro come Michele Ferrero che l’Italia e il suo paese, Alba, piangono. Ma se mi guardo intorno ho la sensazione che la stirpe di imprenditori come questi non sia del tutto estinta. Solo quest’anno si sono distinte altre due figure di grande esempio civile e morale: un industriale che si è ritirato senza figli, ha regalato l’azienda a chi aveva contributo alla sua ascesa, cioè agli operai. Un altro illuminato capitano d’industria con analoga mentalità e attenzione distribuisce parte del guadagno anche ai dipendenti: Cucinelli che si occupa di lavorazioni di lana cachemire. Se esempi così si diffondessero, l’Italia non avrebbe i problemi che ha per l’eccessivo egoismo e l’esclusiva ricerca del tornaconto che hanno preso il sopravvento. Purtroppo tra gli esempi positivi non posso citare — anzi — la Fiat dopo il lungo periodo in cui, aiutata anche dallo Stato, ha contribuito al famoso boom del dopoguerra.
Francesco de Goyzueta, fdegoyzueta@tiscali. It
Italia talebana nella protezione dell’arte
Sono un giovane cittadino italiano estremamente scosso dalla guerriglia urbana avvenuta recentemente in piazza di Spagna a Roma, e vorrei esprimere un mio pensiero al riguardo. 110 scalfitture e danni permanenti alla Fontana della Barcaccia di Bernini. Mi chiedo: che differenza c’è tra i regimi talebani che fanno saltare in aria i monumenti e uno Stato che li lascia in preda ai vandali? Chi danneggia un monumento compie un crimine contro l’umanità, un delitto contro la civiltà umana, perché l’Arte, ovvero il Bello, è l’unica Cosa che ci distingue veramente dagli animali. Senza l’Arte non siamo esseri umani ma bestie. Ora, uno Stato che non tutela il patrimonio artistico è uno Stato volgare, immorale, fallito. Uno Stato dove è possibile per i vandali asportare un pezzo di pietra dal Colosseo, o un pezzo di affresco da Pompei, o un reperto archeologico dai templi greci di Selinunte, ebbene uno Stato così è uno Stato morto, e una comunità nazionale come la nostra che non si ribella di fronte a questi scempi è una comunità senz’anima.
Massimiliano Canale, massi. canale@gmail. com
All’Anagrafe di Roma colazione coram populo
Qualche giorno fa mi sono recata negli uffici anagrafe della mia circoscrizione di Roma. Aspettando il mio turno per alcuni certificati mi sono accorta che dietro il bancone, indifferente ai cittadini in fila, c’era una funzionaria che faceva beatamente colazione. Nessun motivo di imbarazzo per lei, un po’ di imbarazzo per me. Possibile che un dipendente pubblico non si renda conto che l’ufficio in cui lavora, per di più aperto al pubblico, non sia la cucina di casa sua? Ma forse sono io che esagero.
Anna Baldi, Roma
Corriere della Sera 22 febbraio
Jobs act vuol dire ritorno agli anni Cinquanta? Magari…
Commentando la conclusione dell’iter della legge sul Jobs act, la minoranza Pd ha affermato che la legge ci riporta agli Anni 50. Forse quei politici non ricordano che tra la fine degli Anni 50 e gli Anni 60 in Italia c’era lavoro per tutti, tanto da essere ricordati come quelli del boom economico. Magari si tornasse a un simile periodo…
Giuseppe Bodini, Gessate (Mi)
Avvocato o notaio, restano le spese di registrazione
Non comprendo il sillogismo per cui, andando a comprare una cantina o un box dall’avvocato invece che da un notaio «per i cittadini (…) si profila (…) una riduzione delle spese di registrazione». Infatti le tasse di registrazione non sono state affatto né abolite né ridotte e se domani vorrò acquistare davanti all’avvocato una cantina, poniamo di diecimila euro, continuerò a pagare le stesse tasse di ieri, partendo da un minimo di legge di ben millecento euro. Il risparmio ci sarà solo se, a parità di prestazioni (controllo di legalità, controllo ventennale dei titoli di proprietà, assicurazione professionale ecc.), gli avvocati potranno offrire parcelle competitive, il che è tutto da dimostrare a fronte dell’attuale livello degli onorari notarili conseguente all’abrogazione per tutti i professionisti della obbligatorietà di tariffe fisse o minime. Temo quindi che ci troviamo di fronte alla stessa presa in giro dell’abolizione dell’autentica notarile dei passaggi d’auto, quando diversi suoi promotori fecero credere che l’eliminazione dell’autentica (costo circa 20 euro) avrebbe abbattuto anche le spese di registrazione (qualche centinaio di euro). Molti abboccarono, ma subito si resero conto che per intestarsi un catorcio occorrevano ancora quasi 500 euro, e così ricominciarono a «stramaledire le donne, il tempo ed il governo» (De André).
Antonio Vullo, [email protected]
Corriere della Sera 23 febbraio
Jobs act, poche tutele per il lavoratore
In merito al Jobs act desidero far notare che, per quanto riguarda la cosiddetta rottamazione dei contratti co.co.pro, non è tutto oro quel che viene sottolineato con enfasi dai cantori del jobs act. La sacrosanta abolizione dei co.co.pro, così come previsto dalla nuova legge sul lavoro, è pagata dal lavoratore e dalla collettività. Come? Oltre a regalare alle aziende che assumono a tempo indeterminato col nuovo contratto a tutele crescenti (dove le tutele sono solo scarsi indennizzi in caso di licenziamento) tre anni di esenzione dal versamento di contributi (a carico della collettività), si è pensato di arrivare all’obbrobrio di una sanatoria pro aziende disoneste, e cioè, in caso di assunzione il lavoratore deve rinunciare a rivendicare legalmente quanto gli è dovuto per il pregresso. Sanatoria che avrebbe dovuto essere di segno opposto, a favore del lavoratore truffato per anni da contratti illegali, su cui politica e sindacato hanno da sempre chiuso gli occhi. Invece si è preferito premiare il datore di lavoro disonesto, che non pagherà un centesimo per violazioni magari perpetrate per anni. In cambio l’azienda darà al lavoratore la garanzia di non essere licenziato per un anno. Alla faccia delle regole.
Valentina Strada, Milano
Stampa 23 febbraio
Rivoglio il bigliettaio sui mezzi pubblici
Sono nato a Torino 83 anni fa e a Torino ho sempre vissuto, usando i suoi mezzi di trasporto pubblici per spostarmi nella città. Già in passato vedevo con rammarico che non tutti pagavano il biglietto per il servizio che sfruttavano, ma ora, il fatto che i controllori vengano attaccati ed addirittura mandati all’ospedale per aver cercato di esigere quanto giustamente dovuto, mi indigna ancor di più. Forse è giunto il momento di tornare indietro, quando si saliva sui mezzi solo dalle porte davanti e, sfilando davanti al controllore (che dovrebbe tornare ad essere una figura fissa su tutti i mezzi ed affiancherebbe il guidatore), si mostrava il tesserino di abbonamento o si poteva acquistare il biglietto necessario. E’ sicuramente vero che bisognerà pagare i bigliettai, ma si creerebbero posti di lavoro il cui costo verrebbe coperto in parte (solo in parte?) dalla scomparsa dei “portoghesi”, il personale non sarebbe mai solo sui mezzi, con meno rischi di scontrarsi con i male intenzionati e i mezzi sarebbero più sicuri. Aggiungo ancora che il fatto di essere mandati all’ospedale, per aver fatto il proprio mestiere, è un indicatore di un paese in cui l’inciviltà è tollerata e lasciata proliferare… ma non è certo questa l’immagine che vogliamo dare, vero? Visto dove siamo arrivati, perché non riprovare?
Ermanno Negro
Repubblica 24 febbraio
Combatto l’antisemitismo e voglio lo Stato di Palestina
Ho cominciato ad appassionarmi alla persecuzione antisemita e all’Olocausto da quando a 14 anni lessi Il diario di Anna Frank. Poi da insegnante ho cercato di sensibilizzare i miei ragazzi attraverso letture, film, incontri con sopravvissuti, ho letto e sto leggendo tantissimo su questa tragedia. Adesso per esempio Storia di una vita di Aharon Appelfeld, ma tutto questo non m’impedisce di pensare che non si può più a lungo rimandare il riconoscimento dello Stato di Palestina. Gaza è diventato un campo di concentramento, dove nessuno è libero, dove prende sempre più posto la violenza, perché dalla disperazione non nasce la pace. Per questo bisogna combattere con tutte le nostre energie l’antisemitismo (gli ebrei devono vivere dove hanno scelto di vivere) ma contemporaneamente bisogna riconoscere ai palestinesi il diritto di avere la loro patria e il loro Stato.
Anna Pieri, Cesena, [email protected]
Che cosa manca alle classi del futuro
«Quello della dispersione scolastica deve diventare un tema centrale nel nostro dibattito». Queste le parole di Matteo Renzi. Peccato però che non si tenga mai presente di ciò che avviene veramente nelle scuole. Insegno alle superiori. La composizione delle classi di una prima superiore è sempre meno omogenea: su ventiquattro alunni almeno due o tre sono stranieri, due o tre Bes (ragazzi con Bisogni Educativi Speciali), uno è disabile. Per ognuno di loro andrebbe svolta una programmazione diversa, pur rimanendo in classe con gli altri. Ma gli insegnanti di sostegno ci sono solo alcune ore per gli alunni con disabilità gravi. Per il resto si deve arrangiare il docente curricolare, il quale prova, facendo i salti mortali, a seguire tutti. Ma non ci riesce mai. Intanto il primo della classe legge di nascosto Zerocalcare e disimpara a studiare e a fare i compiti a casa.
Maddalena Orfei, [email protected]
E se mettessimo i pensionati in difesa dei monumenti?
La mia vecchia passione per il tennis mi ha portato due volte a Wimbledon, in Inghilterra. Lì a controllare la folla di spettatori ci sono uomini in divisa che non sono altro che pensionati. Il loro impegno è spesso gratuito e anzi sono molto gratificati nello svolgere tale mansione. Perché noi in Italia non riusciamo a sfruttare questa categoria per vigilare i nostri monumenti?
Luciano Veri, [email protected]
Corriere della Sera 24 febbraio
Incassano mica male i commercianti romani….
Secondo la Confcommercio di Roma i mancati incassi dei negozi nella zona della devastazione compiuta dagli hooligan del Feyenoord ammonterebbero a 3 milioni. Bene: se tre milioni sono l’incasso di due giorni, 405 milioni sono gli incassi di un anno (per 270 giorni di lavoro). Supponendo che i negozi interessati siano 1.000 (e sembra un’esagerazione), ognuno avrebbe un incasso medio annuo di 405.000 euro. Non mi sembra che i commercianti dichiarino redditi di tal fatta.
Gian Paolo Squillace, Como
Però! Che risparmio se l’Iva sul sale calasse al 4%
Circa la lamentela di un lettore (Corriere, 12 febbraio) per l’Iva sul sale troppo elevata (22%), segnalo che su un consumo annuo pro capite da 3,65 a 5,48 kg e un prezzo da 0,19 a 0,55 euro, con l’Iva al 4% si risparmierebbero in un anno da 12 a 54 centesimi.
Pasquale Coniglione, [email protected]
Stampa 24 febbraio
Ma che ne sanno i giornalisti delle farmacie?
Sono uno della casta, sono un farmacista. Che tristezza leggere sul mio giornale articoli scritti da giornalisti che ignorano l’argomento e che si ergono a paladini difensori dei consumatori asserendo che la liberalizzazione selvaggia sarebbe un vantaggio. Scrivono che in farmacia forse non c’è l’ossigeno, che non trovano farmacie aperte in città, che l’apertura alle società di capitali e l’abolizione al limite di titolarità è una conquista… Ma guardate la Gran Bretagna: solo multinazionali e nessuna farmacia nei piccoli centri. Ma lo sanno che in città le farmacie turnano? E che nei paesi il farmacista è reperibile 24 ore su 24? O che negli Stati Uniti, dove molti farmaci di fascia c sono di libera vendita, la popolazione abusa di farmaci? Allora si può essere d’accordo sulle liberalizzazioni, ma bisogna informarsi e magari parlare con qualcuno della casta e non solo dare ragione ai supermercati. Il contratto del farmacista che lavora nella parafarmacia è quello del commercio, quindi è sottopagato, spesso part-time, senza possibilità di avere altro lavoro perché deve rispettare l’eventuale chiamata improvvisa. Ma i sindacati e i giornalisti paladini dove sono? Non è che dovranno difendere una casta? Copiamo dall’estero solo ciò che funziona.
Gino Porqueddu
Mettiamo una targa vicino alla Barcaccia. Perchè i turisti sappiano
I testi di storia riportano le cronache delle incursioni di orde di barbari calate in Italia dal Nord Europa. Per ultimi, sembrava, i Lanzichenecchi. Invece nell’elenco bisogna aggiungere gli hooligans olandesi. Sarebbe educativo aggiungere presso la fontana del Bernini danneggiata una targa per ricordare, specialmente ai turisti olandesi, questo deprecabile episodio di inciviltà.
Aldo Galli, Bergamo
Manifesto 24 febbraio
Scherza con i santi e lascia stare la troika
Premettendo tutto il mio orrore per la strage di Parigi e comunque contrarietà per ogni misura che limiti la libertà di stampa, mi stupisco però che si consideri coraggioso rappresentare il profeta di una grande religione sotto le spoglie di un maiale ed esecrabile invece descrivere ironicamente un politico della destra più dura come nazista. Mi riferisco all’unanime indignazione di tutto il demi-monde politico europeo contro Syriza che in una vignetta fa pronunciare al “simpatico” ministro dell’economia tedesca Schauble dei propositi nazisti. Scherza con i Santi ma lascia stare la Troika?
Giorgio Carillo, Torino