«Prima ci avete visti in Siria. Adesso siamo a Sud di Roma, in Libia». L’ultimo video pubblicato dallo Stato Islamico minaccia direttamente il nostro Paese. Con evidente clamore mediatico, adesso il Califfato si rivolge all’Italia, lasciando intendere di essere pronto a varcare i nostri confini. E se invece la jihad fosse già qui? Stando ad alcuni recenti atti parlamentari il dubbio è concreto. A dicembre – ben prima del video dell’Isis – almeno due interrogazioni depositate al Senato avvertivano della possibilità che alcuni terroristi fossero sbarcati sulle coste siciliane. Una decina di elementi, secondo alcune analisi della nostra intelligence. Giunti sull’Isola dalla Libia e dall’Egitto, nascosti tra migliaia di migranti.
Intanto il governo italiano corre ai ripari. Ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha riunito a Palazzo Chigi i titolari di Esteri, Difesa e Interno per studiare la situazione libica. Assieme a Paolo Gentiloni, Roberta Pinotti e Angelino Alfano, ha partecipato al vertice il sottosegretario con delega ai Servizi Segreti Marco Minniti. In serata si è tenuto al Viminale, invece, il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Dove è stato deciso di ampliare il contingente di militari impiegato per vigilare sugli obiettivi sensibili nelle città italiane.
Nel frattempo proseguono incessanti gli sbarchi di migranti sulle coste meridionali. E proprio attraverso il traffico di esseri umani i terroristi dell’Isis potrebbero essere già entrati in Italia. Lo ipotizza la procura di Palermo, che ha recentemente aperto un’indagine su possibili infiltrazioni. In un’interrogazione depositata poco prima di Natale a Palazzo Madama, il senatore Augusto Minzolini, confermava lo scenario. «Da notizie giunte agli interroganti – si legge – le informazioni riservate raccolte dalla Procura di Palermo, che ha affidato l’inchiesta al pool antiterrorismo, andrebbero oltre l’allarme generico: alcuni dei membri sospetti avrebbero già lasciato il territorio italiano, altri invece si troverebbero ancora nel Paese».
Nel documento si parla di presunti terroristi libici e siriani. Qualche dettaglio in più emerge dall’interrogazione a risposta scritta presentata sempre al Senato il 22 gennaio scorso, a prima firma Francesco Molinari. Il documento cita il dossier “top secret” «messo a punto dall’Intelligence italiana», che rappresenta la Sicilia come «porta d’ingresso dei terroristi arabi in Europa». Anche Molinari, esponente del gruppo Misto, denuncia il pericolo. «Secondo quanto segnalato dai servizi segreti, tra i migranti sarebbero già approdati anche membri di gruppi terroristici arabi, forse dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e al-Sham) stesso, che verrebbero poi aiutati e indirizzati da “colleghi” con regolare permesso di soggiorno». Si torna all’indagine della procura di Palermo. Stando a precise indiscrezioni, alcuni potenziali terroristi sarebbero già stati individuati. E al momento sono controllati dai servizi segreti. Si parla di cinque persone «poste sotto attenzione», giunte in Italia dalla Siria e dalla Libia. Ma anche di tre egiziani individuati dalla procura di Catania, che lo scorso ottobre aveva aperto «un fascicolo sullo stesso tema dopo lo sbarco a Pozzallo (Ragusa)».
Un pericolo concreto, a leggere questi documenti. Reso più inquietante dall’aumento degli sbarchi sulle coste siciliane. Solo nel 2014 sono arrivati in Italia circa 197mila migranti. Stando alle cifre pubblicate ieri dal Corriere della Sera, dal primo gennaio a oggi si sono registrati già 58 sbarchi. Un totale di oltre 6mila tra profughi e clandestini. «Vuol dire il 100 per cento di aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – si legge nell’informatissimo articolo – Durante il quale ci fu già il record di arrivi».
Terroristi dell’Isis giunti in Italia via mare, ma non solo. A ottobre in Parlamento è stato sollevato il caso di alcune misteriose “sparizioni” dall’aeroporto di Fiumicino. Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, del Movimento Cinque stelle, ha depositato a Montecitorio un’interrogazione in cui si chiedevano spiegazioni su una trentina di immigrati algerini fuggiti dallo scalo romano. Al centro della vicenda, il volo Alitalia Algeri-Roma che quotidianamente atterra a pochi chilometri dalla Capitale. Da qui, si legge, «arriverebbero cittadini algerini ufficialmente diretti a Istanbul, in possesso di un visto per la Turchia, che, una volta in transito nell’aeroscalo romano, invece di aspettare la coincidenza per Istanbul tentano in tutti i modi di scappare, per rimanere clandestinamente in Italia».
Citando alcune fonti di stampa e le segnalazioni del Consap (la Confederazione sindacale autonoma di polizia), Di Maio solleva il caso di 35 immigrati che sarebbero riusciti a scappare dall’aeroporto nello scorso mese di settembre. Entrati in Italia dopo essere fuggiti tra le piste dell’aeroporto, indossando «gilet catarifrangenti del personale di terra» per non farsi riconoscere. Sulla vicenda i dubbi restano. «La polizia aeroportuale di Fiumicino – si legge ancora – smentisce seccamente la notizia, emersa durante un’assemblea della stessa polizia, e pur riconoscendo il fenomeno assicura che i 35 di settembre sono stati tutti ripresi, attenuando quindi il timore che attraverso questa via possano infiltrarsi in Italia uomini dello Stato islamico (Isis) per compiere attentati». Eppure stando ai dati del Consap, spiega ancora il documento depositato a Montecitorio, durante lo scorso anno sono riusciti a fuggire dall’aeroporto di Fiumicino almeno 500 nordafricani. «Scomparsi nel marasma dei gate capitolini», per citare la denuncia del senatore leghista Nunziante Consiglio, firmatario di una interrogazione simile.
Nessun legame dimostrato con il Califfato, certo. Secondo gli investigatori citati nell’interrogazione del deputato Cinque Stelle la vicenda sarebbe da circoscrivere «a una nuova frontiera del traffico di vite umane». Eppure «rimane il terribile sospetto – così si legge – che queste fughe siano organizzate per alimentare gli organici delle organizzazioni terroristiche internazionali che da tempo lanciano proclami minacciosi contro il nostro Paese».