TaccolaLa finanza ora si mangia il cibo italiano

La finanza ora si mangia il cibo italiano

Le multinazionali lo snobbano, le quotazioni sono rimaste sulla carta. Per questo il food italiano, a dispetto dell’interesse sempre maggiore che riscuote nel mondo, rischia di rimanere quello che è sempre stato: piccolo, poco internazionalizzato, sfruttato nell’immagine da operatori stranieri che costruiscono imperi della produzione e della ristorazione con un’offerta che di italiano ha solo il nome. È da qua che bisogna partire per capire la novità degli ultimi anni nel settore agroalimentare: l’ingresso sempre più massiccio di fondi di investimento e le acquisizioni numerose di imprese italiane da parte di operatori industriali di dimensioni medio-grandi, europee ma anche statunitensi, cinesi e coreane.

Quello dell’agroalimentare è un comparto fatto ancora di piccole e medie imprese, con forti limiti dal punto di vista manageriale. La finanza serve per esportare e crescere

Le due tabelle riportate in fondo all’articolo sono una ricostruzione quasi esaustiva delle operazioni avvenute dal 2012 al 2015: sono 24 ingressi di fondi di investimento (italiani e stranieri) e 20 acquisizioni da parte di operatori stranieri. Tra le prime la più nota è l’acquisizione del 20% della catena di negozi di “alti cibi” Eataly (fondata da Oscar Farinetti) da parte di “Clubitaly S.r.l.”, un fondo guidato da Tamburi Investment Partners. Lo scopo è farla crescere ancora all’estero e portarla verso una quotazione in Borsa. Ma c’è anche l’investimento nel capitale di Inalca (l’azienda del gruppo Cremonini che lavora le carni) da parte di IQ Made in Italy Investment Company, una joint venture tra il Fondo Strategico Italiano (di Cassa depositi e prestiti) e Qatar Holding, il fondo che ha comprato anche i palazzi di Porta Nuova a Milano. Il Fondo Strategico, che ha tra gli obiettivi quello di far crescere e consolidare il settore, figura anche per l’ingresso in Surgital, la società nota per i surgelati e in particolare per la pasta precotta.

Ha fatto parlare anche l’acquisizione, in questo caso per l’80% del capitale, di Nuova Castelli, uno dei primi operatori del Parmigiano Reggiano, da parte dell’inglese Charterhouse Capital Partners: con 300 milioni è stato l’intervento maggiore degli ultimi anni nel comparto. Figurano poi lo shopping dei marchi di moda nelle pasticcerie milanesi, la Marchesi da parte di Prada e Cova da parte di Lvmh, gli investimenti della famiglia Benetton nel vino (attraverso 21 Investimenti), quelli della famiglia Marzotto nella celebre gastronomia milanese Peck. E ancora l’ingresso di Antares nella catena di rivendita di succhi di frutta Juicebar (la versione all’italiana di Jamba Juice) e quello di Quadrivio (in passato già entrata in Rossopomodoro, prima di cederla a Change Capital) nel rRaviolificio varesino Lo Scoiattolo. 

Tra gli operatori industriali stranieri, tra le acquisizioni basta fare tre nomi: Riso Scotti (dove però la quota si ferma al 25%), Pernigotti e la Pasta Garofalo di Gragnano. 

I tempi degli investitori finanziari sono compatibili con quello dell’agroalimentare? No, per questo devono allungarsi a 8-10 anni

Come si vede nelle tabelle in fondo all’articolo, lo scopo degli interventi dei fondi di investimento è quasi sempre quello di supportare l’espansione all’estero. «I numeri delle acquisizioni sono importanti e sono destinati a mantenersi su livelli elevati anche in futuro – dice Manuela Geranio, ricercatrice del Dipartimento di Finanza dell’Università in Bocconi e specializzata -. Quello dell’agroalimentare è un settore cruciale per l’economia, il secondo in termini di mercato». «Abbiamo un indiscusso vantaggio competitivo – continua -, ma è un comparto fatto ancora di piccole e medie imprese, con forti limiti dal punto di vista manageriale. Possono continuare a tenere la loro nicchia o, se vogliono migliorare il rapporto con la Gdo e avere uno sviluppo internazionale, devono fare investimenti. Se sono troppo piccoli non ce la fanno, nella migliore delle ipotesi mantengono il loro orticello». 

Quello della dimensione limitata delle imprese italiane del food è un leitmotiv che ritorna in tutte le analisi. «A fronte di un settore, come quello de food italiano, che è apprezzato in tutto il mondo, rimane un problema di dimensione delle aziende, che è ancora mediamente piccola – commenta Alessandro Martinoni, direttore advisory di Tamburi Investment Partners -.  La dimensione piccola non attrae né gli operatori finanziari né della Borsa. Le poche realtà che sono riuscite a fare dei percorsi di sviluppo, con direzioni evolutive, hanno avuto un riscontro positivo. Una di queste è Eataly, un’altra è Nuova Castelli, acquisita da un private equity internazionale».

Ma i tempi degli investitori finanziari sono compatibili con quello dell’agroalimentare? No, per la maggior parte delle persone che lavorano nel settore, a partire dalla famiglia Barilla, a lungo corteggiata dalle società finanziarie. Troppo bassi i tassi di crescita e troppo lunghi i tempi richiesti per rientrare negli investimenti. La buona notizia, tuttavia, è che i fondi stanno gradualmente cambiando approccio, rispetto alla logica delle “locuste” che, quasi per definizione, poco si sposano con quel che nasce dai campi. «Il settore agroalimentare non è compatibile con i tempi dei fondi di investimento intesi all’anglosassone, che hanno rendimenti attesi a due cifre, se non al 30% – commenta Carlo Piana, head of corporate credit risks presso Crédit Agricole, la banca che in Italia controlla Cariparma, nel cuore della “food valley” italiana, Friuladria e Carispezia -. Noi come Crédit Agricole pensiamo di restare nelle aziende target nel medio-lungo termine, circa 8-10 anni. Io, che vengo da una famiglia di agricoltori, non credo nei ritorni rapidi, anche perché le aziende agroalimentari in cui entrano i fondi sono spesso mature. In questo caso più che private equity bisognerebbe chiamarlo capitale di sviluppo». La banca francese ha fatto operazioni da 5-10 milioni di euro in società quali Mutti (sughi e conserve alimentari) e Polenghi Group (succo di limone). 

I fondi entrano nell’agroalimentare anche perché le quotazioni in Borsa annunciate negli ultimi anni sono fallite

Le tempistiche della finanza, dettate dalle trimestrali, e la pressione verso risultati scoppiettanti impossibili da raggiungere, sono stati anche i motivi che hanno frenato le Ipo (offerte pubbliche iniziali, ndr) in Borsa degli ultimi anni, da Grandi Salumifici Italiani al caffè di Segafredo Zanetti. Proprio il fallimento di queste operazioni può aver spinto le aziende ad aprirsi ai fondi di investimento. «Quello che ho visto è che le aziende che non sono riuscite a quotarsi, sono andate sui fondi – commenta Manuela Geranio -. Negli ultimi anni sul fronte della Borsa si è visto poco, l’alimentare è uno dei settori meno rappresentati nel mercato finanziario italiano. È un gap che si potrebbe colmare e in questo senso molti dipenderà da come andranno le prossimi Ipo in alti settori, a partire da quelllo di Ovs nell’abbigliamento. Le Ipo procedono a ondate, se le prossimo andranno bene il mercato si scalderà». Non sarà però probabilmente un’opportunità che riguarderà le grandi aziende già affermate del food: «Le quotazioni servono per raccogliere capitali -continua Geranio – e per impostare strategie di crescita aggressive. Andare in Borsa non serve a Ferrero, è piuttosto la Borsa che avrebbe bisogno di aziende come Ferrero. Per Eataly il discorso è diverso: è ancora una società tutto sommato piccola e per un’espansione internazionale una quotazione avrebbe senso».

E quando invece dei fondi sono gli operatori stranieri a entrare nelle aziende del food italiano? «L’obiettivo degli operatori industriali – risponde Martinoni – può avere logiche di integrazione, di completamento di una gamma produttiva, di sfruttamento del marchio, per svilupparlo. Altre operazioni sono legate all’acquisto di quote di mercato in Italia, in una logica di concorrenza».  

Per evitare le delocalizzazioni è importante tutelare i marchi, anche con l’obbligo di indicazione sulle etichette di orgine e produzione degli alimenti

C’è però il rischio che, una volta acquisito il marchio, con tutta la sua storia, un operatore straniero delocalizzi la produzione e impoverisca il territorio delle aziende “target”? «Ci sono più opportunità che pericoli, ma i pericoli ci sono – risponde Carlo Piana -. Il punto è conservare la piattaforma produttiva e le teste pensanti, continuando a elaborare strategie. Ci sono stati casi in cui è andata così (come nel caso di Inalca-Cremonini, ndr). In altri casi le aziende straniere possono prendere il marchio e produrre altrove». Per evitare questa prospettiva, una tutela indispensabile è quella che viene dall’indicazione sulle etichette dell’origine degli alimenti e dello stabilimento di produzione. Se sul primo punto l’Unione europea con l’ultimo regolamento sul tema ha fatto passi avanti notevoli, sul fronte dell’indicazione dello stabilimento la retromarcia è stata clamorosa. Tanto che l’Italia, che aveva previsto l’obbligo dal 1992 legandolo al precedente regolamento europeo, ha dovuto rendere l’indicazione facoltativa. Si discute ora di una nuova legge nazionale per reintrodurre l’obbligo, per tutelare i consumatori, ma anche le realtà produttive di aziende comprate dai gruppi internazionali. 

Le operazioni dei fondi di investimento nelle società agroalimentari italiane

Anno Investitore Società target Settore della target Investimento (mln euro) Quota acquisita Obiettivo
2014 Clubitaly S.r.l. Eataly Food retail 120 Eataly Food retail 120 20% Sviluppo con obiettivo di quotazione
2014 IQ Made in Italy Investment Company Inalca S.p.A. Carne bovina e distribuzione alimentare all’estero 165 28,4% Crescita organica ed espansione
2014 Prada S.p.A. Marchesi Angelo S.r.l. Pasticceria 8,4 80% Espansione all’estero
2014 The Riverside Company Optima S.r.l. (Mec3) Preparati per gelati n.a. n.a. (maggioranza) Supportare la crescita
2014 21 Investimenti S.p.A. e Quadrivio SGR S.p.A. Forno D’Asolo S.p.A. Alimenti da forno dolci e salati surgelati n.a. n.a. (maggioranza)
2014 Charterhouse Capital Partners LLP Nuova Castelli S.p.A. Formaggi e altri prodotti alimentari 300 80% Espansione del business
2014 Bharyn Investments Limited Malgara Chiari & Forti S.p.A. Pasta 25
2014 Red Circle Investments and Forever S.R.L EcorNaturasi S.p.A. Food retail di prodotti biologici e biodinamici n.a. 34,8% Espansione di negozi e produzione 
Sviluppo Imprese Centro Italia SGR (S.I.C.I.) e HAT Holding S.p.A Drogheria & Alimentari S.p.A. Spezie ed erbe aromatiche n.a. 40% Espansione nei mercati internazionali
2013 21 Investimenti S.p.A. Farnese Vini S.r.l. Vino n.a. n.a. (maggioranza) Crescita
2013 Alto Partners SGR S.p.A. Dolciaria Val D’ Enza S.p.A. Crostate e torte n.a. 41,88% Crescita
2013 LVMH Moet Hennessy Louis Vuitton SA Cova Montenapoleone S.r.l. Pasticceria 33 80% Espansione internazionale
2013 Fondo Italiano d’Investimento SGR S.p.A. SurgitalS.p.A. Pasta fresca e surgelata, dolci e cibi precotti 11 15% Crescita interna e sviluppo per vie esterne
2013 Intrapresa S.r.l (controllata dalla famiglia Marzotto) Peck S.p.A. Food retail 10 33,33%* 
2013 NEM SGR Doreca S.p.A. Distributore di food & beverage nel settore Ho.re.Ca. n.a. 13% Diventare riferimento nella distribuzione di food italiano nei mercati esteri
2013 Aliante Equity Tre S.p.A. (Aliante Partners S.r.l.) Contri Spumanti S.p.A. Ho.re.Ca. n.a. n.a (maggioranza) Crescita
2012 PM & Partners S.P.A. Monviso S.p.A. Prodotti da forno 50 maggioranza Crescita nazionale ed internazionale 
2012 Antares Private Equity S.p.A. Juicebar S.r.l. Food & Beverage  5,5 35% Apertura di nuovi punti vendita
2012 Quadrivio SGR S.p.A. Raviolificio Lo Scoiattolo S.p.A. Pasta fresca n.a. 40% Crescita del business sui mercati esteri
2012 AVM Private Equity S.p.A. Goccia di Carnia S.p.A. Acqua e soft drink n.a. Quota: n.a. (maggioranza)
2012 Assietta Private Equity SGR S.p.A. Pamfood S.r.l. Pasta fresca, pesto, sughi e salse 10 90% Espansione all’estero
2012 Assietta Private Equity SGR S.p.A. Essedue Alimentare S.r.l. Pasta 13 Quota: n.a. (maggioranza) Espansione internazionale 
2012 Banca Popolare dell’Emilia Romagna Gruppo Fini S.p.A. Pasta e condimenti 21 10%
2012 Aliante Equity Tre S.p.A. (Aliante Partners S.r.l.) Morato Pane S.p.A. Pane n.a. 30%

Nel 2011 Marzotto aveva acquistato il 66,66% della target per 17 mln di euro

Le operazioni degli operatori industriali esteri nel food italiano

Anno Acquirente Paese acq. Società target Settore  Inv.(mln euro) Quota scopo
2015 Cristal Union Francia S.F.I.R. Raffineria di Brindisi S.p.A. zucchero n.a. 33% Più presenza dell’acquirente nel Sud Europa
2015 Vandemoortele NV Belgio LAG S.p.A. prodotti da forno surgelati n.a. Acquisizione Più presenza dell’acquirente in Italia, ampliamento gamma
2014 Royal Wessanen nv Germania Abafoods S.r.l. Bevande organiche vegetali 52 Acquisizione Più diffusione della società acquirente in Europa
2014 Shanghai YiMin No.1 Foods (Group) Co., Ltd. (Yimin)* Cina Salov S.p.A. Olio n.a. 90% Espansione internazionale
2014 LIVIA Corporate Development SE Germania Trentinalatte S.p.A. Yogurt e yogurt drink n.a. Quota: n.a. (maggioranza)
2014 Royal FrieslandCampina N.V. Belgio DEK S.r.l. e Orange S.r.l. Formaggi e burro n.a. 100% di DEK e 80% di Orange Espansione dell’acquirente nel mercato italiano formaggio e burro
2014 Brenntag AG Germania Chimab S.p.A. Ingredienti alimentari e semilavorati n.a. Maggioranza
2014 Bidvest Group Limited Sudafrica Dac S.p.A. Distribuzione food & beverage 120 60%
2014 Haitai Confectionery and Foods Co., Ltd Sud Corea Palazzo del Freddo Giovanni Fassi S.r.l. Gelati n.a. 100% Entrare nel mercato premium del gelato
2014 Ebro Foods SA Spagna Pastificio Lucio Garofalo S.p.A. Pasta 63 52% Entrare nel mercato premium della pasta
2014 aniMedica GmbH Germania Industria Italiana Integratori Trei spa Integratori alimentari e medicine veterinarie n.a. n.a (maggioranza)
2013 Ebro Foods SA Spagna Riso Scotti S.p.A. Riso e pasta n.a. 25% Internazionalizzare il business della target e rafforzare la caoacità produttiva
2013 Toksoz Holding Turchia Pernigotti S.p.A. Dolci e cioccolata 37 Maggioranza Espandere il business all’estero, sinergie operative
2013 Emmi AG Svizzera Rachelli Dessert e dolci n.a. Maggioranza Espandere il portafoglio prodotti dell’acquirente, più potere distributivo
2012 R&R Ice Cream plc Inghilterra Eskigel S.r.l. Gelato 77 n.a (maggioranza) Rafforzare acquirente nel mercato europeo del gelato
2012 FMC Corporation Stati Uniti Pectine Italia S.p.A. Ingredienti alimentari 13 n.a (maggioranza) Espansione acquirente nel mercato degli ingredienti alimentari naturali
2012 Ralcorp Holdings Inc Stati Uniti Gelit S.r.l. Prodotti alimentari surgelati n.a. 78,60% Rafforzare acquirente nell’industria alimentare a marca privata
2012 Pasta Lensi S.r.l.** Stati Uniti Pastificio Annoni S.p.A. Pasta n.a. n.a (maggioranza) Rafforzare acquirente nell’industria della pasta e consolidare presenza nel mercato italiano
2012 Princes Food Limited Inghilterra “AR Industrie Alimentari S.p.A.” Pomodoro (Passata di pomodoro) n.a. 51% Espandere il business ed ampliare la base clienti dell’acquirente
* (una subsidiary di Bright Food (Group) Co Ltd)
** controllata da American Italian Pasta Co AIPC