Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
Vanity Fair 16 febbraio
E in casa mia arrivò la Signora Cocaina
Eravamo giovani, belli, innamorati, pieni di speranze, forti e sicuri di potercela fare. Prima una convivenza. Poi -ok, si può fare- il matrimonio: in fondo stavamo ormai bene economicamente, avendo un’attività ben avviata. E si può fare anche il primo figlio, accolto con tutto l’amore possibile. Finché è arrivata lei, in sordina, e piano piano è scivolata nelle nostre vite.. Le prime scuse. Le docce improvvisamente fatte con la porta chiusa a chiave. I primi soldi che mancavano….In casa mia è arrivata la Signora Cocaina, e non c’era più nulla: non la nostra attività, non il nostro amore, non i nostri figli. Magari fosse stata un’amante, quella tante volte l’ho desiderata: almeno avrei saputo come combatterla e riprendermi mio marito. Ma contro la Signora Cocaina nulla si può fare. Ho ricevuto promesse, abbracci, ma duravano il tempo di un giorno: non si può vincere, vince sempre lei. Capisco ormai che l’unica vittoria possa essere riprendermi la mia vita, la mia dignità, i figli che ho trascurato ostinandomi, inutilmemte, a salvare lui.
Marzia 73
Repubblica 14 febbraio
Accettare bordelli legali è come accettare un mondo sempre maschilista Caro Augias, leggo con interesse le sue risposte e di solito le trovo sagge; non ho però condiviso la risposta di mercoledì scorso dal titolo “Il decoro umano” dedicata alle prostitute. Certo che, come lei ha scritto, la prostituzione c’è sempre stata. Anche la guerra c’è sempre stata; anche il maschilismo — anche se nel XX secolo si è attenuato notevolmente, nel mondo occidentale. Le prostitute c’erano nella Bibbia, certo. Ma la Bibbia ci racconta di un mondo terribilmente maschilista. Allora che facciamo? Vediamone i vari aspetti 1) Quello criminale (schiavizzazione) va combattuto in quanto criminale. 2) Quello gestito da donne più »libere» va sanzionato se disturba la quiete pubblica (con multe ai clienti!). Accettare bordelli riconosciuti e
protetti e accettare le tasse provenienti dalla prostituzione è come accettare che il mondo maschilista e guerrafondaio rimanga sempre maschilista e guerrafondaio. È molto più bello credere che con l’impegno, con l’esempio e con la cultura lentamente l’umanità potrà civilizzarsi seguendo il precetto dantesco di seguire «virtute e canoscenza».
Carla Liuzzi, [email protected]
AmoRoma: uno slogan non esterofilo per Roma
Nell’articolo di giovedì, Francesco Merlo stigmatizza giustamente il logo «Rome and you» adottato dal Comune di Roma. Purtroppo non è l’unico esempio della sciatta moda esterofila del nostro Paese, basti pensare al portale «Verybello » del ministero dei Beni Culturali. Per quanto riguarda Roma, vorrei tanto che si adottasse il palindromo «AmoRoma », unico al mondo, perché penso non esista in nessuna lingua la possibilità di condensare in un’unica parola/frase l’idea dell’amore e il nome della città. Parecchi anni fa, ho visto riprodotto «AmoRoma» con la «R» centrale raddoppiata e le due «R» unite e disposte specularmente, a suggerire l’idea della lettura nei due sensi. Il Comune di Roma non potrebbe cercare di farlo proprio?
Guido Berdini, Roma
Perché lo sciopero dei vigili è incomprensibile
Di tutti gli scioperi, o dei motivi per scioperare, quello dei vigili di ieri era il più surreale. L’assenteismo del giorno 31 dicembre, almeno a Roma, è sufficientemente spiegato dalle percentuali. Poco conta la donazione di sangue: il sangue si può donare anche il 16 dicembre o il 4 gennaio o il 13 febbraio, non necessariamente il 31 dicembre. Sia le assenze del 31 dicembre che lo sciopero di giovedì che le motivazioni sono lì a spiegare in modo chiaro quale sia il loro attaccamento al servizio e il senso del dovere. Non della categoria, sia chiaro, ma di chi approfitta di una agevolazione per fare il furbastro.
Marco Data, [email protected] la prassi diventa sberleffo della Corte
C’è una norma, all’interno della legge costitutiva della Corte costituzionale, che stabilisce che il presidente della Corte, eletto dai membri della stessa, deve potere presiedere la Corte per almeno tre anni. Da sempre, questa norma viene sistematicamente disattesa, cioè viene nominato presidente il più anziano a livello pensionistico così che tutti, ma proprio tutti, una volta eletti giudici della Corte, diverranno presidenti, magari solo per qualche mese, come già avvenuto, con tutti i benefici pecuniari e non che ne conseguono. Credo non esista al mondo un Paese che accetti supinamente un così plateale sberleffo al diritto.
Pierluigi Ziliotto, Verona
Corriere della Sera 14 febbraio
Un’impresa costosissima fare del Quirinale la casa degli italiani
Sulla base della mia lunga esperienza di servizio diplomatico alla presidenza della Repubblica, ho letto con interesse le rinnovate proposte di trasformazione del Quirinale in museo. Non nascondo le mie perplessità. Anzi tutto il Palazzo, simbolo e sede della più importante istituzione dello Stato, assumerebbe un carattere ibrido anche a detrimento di quella esclusiva ufficialità adeguata alle visite di autorità italiane e straniere. In secondo luogo la sua armonica complessità di insieme mal si adatterebbe a riduttivi percorsi imposti dalla rapidità e superficialità di molti programmi turistici. Non solo: l’abbondanza e la ricchezza degli arredi esigerebbero una sorveglianza onerosa, oculata e massiccia mentre la fragilità dei pavimenti porrebbe problemi di preoccupante usura a causa delle previste migliaia di visitatori. Ulteriori difficoltà si avrebbero se anche i giardini venissero aperti al pubblico. D’altra parte il Quirinale non è un’irraggiungibile fortezza perché già da tempo hanno luogo visite concordate e guidate che ne consentono ampia godibilità. Insomma, la «casa degli italiani», immagine felicemente evocata, richiederebbe, se si convertisse in museo, uno sforzo colossale di manutenzione. I danni a carico del patrimonio artistico nazionale sono già troppo frequentemente all’ordine del giorno.
Francesco Mezzalama, Roma
ItaliaOggi 14 febbraio
Davide Serra è stato corretto. E tutt’altro che infallibile
Per sottrarsi dal sospetto di aver approfittato di informazioni avute in anticipo sulla riforma delle popolari italiane, il fondatore di Algebris Investments, Davide Serra, ha fatto pieno outing affermando che dall’1 al 19 gennaio 2015 l’unica operazione di rilievo effettuata per conto dei propri fondi e mandati di gestione è stata la dismissione di 5.254.928 azioni del Banco popolare a un prezzo medio di 9,72 euro. Tali azioni erano state acquistate nel 2014, durante l’aumento di capitale del banco popolare, a un prezzo medio di 13,76 euro, “realizzando così una perdita”, si legge nella sua nota al riguardo. Si consideri che lo stesso titolo il 12 febbraio, giorno in cui Serra ha fatto la precisazione, ha chiuso in borsa a 12,86 euro. Insomma, il gestore ha dimostrato la sua buona fede. E’ la sua fama di money manager infallibile che ne esce meno bene.
Il Fatto 14 febbraio
Giornalismo: si insegue il finto cieco dimenticando chi vede e…
Non c’era bisogno che ce lo dicesse “Reporter senza frontiere” che il giornalismo italiano è ai piedi di Pilato. Non solo o non tanto per le minacce da più parti e le denunce, che pure ci sono e sono consentite da una normativa approntata da chi, democraticamente, vuol chiudere la bocca a tutti, persino al web. Lo avevamo già intuito di nostro. Nel paese di Montanelli, Fallaci, Cederna, Cutuli, Igor Man, il giornalismo lo sta uccidendo quello spurio, promiscuo, alla Barbara D’Urso e alla Parodi. O se si preferisce alla Giletti, che insegue con la telecamera il finto cieco ma ignora quelli che ci vedono benissimo quando portano i soldi all’estero. Incluso Berlusconi: basta leggere tre pagine de “Il Cavaliere nero”. Ci vorrebbero milioni di finti ciechi per uno di quelli compresi nella lista Falciani. Giletti, demagogicamente, fomenta il livore popolare verso l’impiegata che timbra il badge e poi va a fare la
spesa. E se questo è “giornalismo”, aver perso 24 posizioni è anche poco.
Repubblica 15 febbraio
Questo è un paese che non riflette mai su se stesso
Caro Augias, nella sua rubrica del 4 febbraio, parlando del declino di Berlusconi, lei conclude con: « Che si goda in pace la vecchiaia — e noi pure, finalmente » . Non sono d’accordo. Non tanto per acrimonia — sia pure, come italiano, giustificatissima — verso B, ma perché si confermerebbe ancora una volta che questo è il Paese che non riflette mai su se stesso. All’indomani della guerra in Germania venne promossa una autoriflessione di massa che si articolò in scuole, convegni, libri, dibattiti e che a tutt’oggi fa sì che i gruppi neonazisti siano, per l’appunto, gruppi, largamente isolati. In Italia niente del genere, col bel risultato che quasi tre generazioni di giovani sanno del fascismo solo quello che hanno sentito in casa, mentre tracimano nei talk gli eredi politici del regime. Potrei fare molti esempi del recente passato ma credo che il concetto sia chiaro. Oggi c’è Berlusconi: noi non riflettiamo mai su niente, per cui ripetiamo gli stessi errori con un candore e una stolidità
che sarebbero commoventi se non fossero tragici.
Roberto Balili, [email protected]
Se tutti aggiustassero la caffettiera l’inquinamento calerebbe
Ho impedito a mia moglie di gettare nella spazzatura una caffettiera di acciaio inox del peso di 500 grammi. La valvola di sicurezza aveva una perdita d’acqua lungo il bordo e quindi il caffè prodotto si riduceva a mezza tazzina. Ho smontato la valvola, ho inserito un filo di canapa sulla filettatura e l’ho rimontata. Ho fatto un calcolo: se 4 miliardi di persone seguissero il mio esempio, verrebbero risparmiati 2 milioni di tonnellate d’acciaio; tenuto conto che la produzione mondiale d’acciaio inox nel 2013 è stata di 38 milioni di tonnellate, potrei dire che ogni 19 anni tutte le acciaierie altamente inquinanti potrebbero osservare un anno di riposo e far respirare un po’ l’ambiente.
Angelo Casamassima Annovi, [email protected]
La pena è esosa e la causa si trascina
La disposizione sulla conversione delle pene detentive in quelle pecuniarie, ammessa dalla legge per i reati minori, prevedeva, sino al 2009, un ragguaglio di euro 38 per ogni giorno di detenzione. Ma il legislatore ha inteso incrementare l’importo e l’ha fissato a 250 euro, maggiorandolo di quasi sette volte. La conseguenza è che vengono emessi decreti penali di condanna a pagare pene pecuniarie anche di 10.000, 20.000 e più euro, contro cui l’interessato è costretto naturalmente a fare opposizione; il tutto va ovviamente ad incrementare il contenzioso penale e soprattutto rappresenta una vera e propria vessazione nei confronti dei cittadini economicamente più deboli.
Loris Parpinel, Prata di Pordenone (PN)
Si fa presto a dire ristrutturazioni. Perché l’Agenzia delle entrate…
Dovendo ristrutturare il bagno di casa mi sono scontrato con la pubblicità ingannevole che parla del contributo statale del 50% sulle ristrutturazioni. Il contributo è previsto dall’Agenzie delle Entrate solo per i lavori straordinari, ma i lavori in un bagno per togliere una vasca e sostituirla con la doccia non è considerato lavoro straordinario e la richiesta di contributo viene respinta.
Stefano Bacchelli, Bologna
Corriere della Sera 15 febbraio
Parolisi: con quante coltellate si è crudeli?
Davvero strana la giustizia italiana: alla Cassazione 35 pugnalate non sono bastate perché a Salvatore Parolisi fosse riconosciuta l’aggravante della crudeltà. Ne occorrevano forse 39, il limite di frustate imposto ai condannati al tempo di Gesù («quadraginta una minus»)? Oppure sarebbe stata sufficiente soltanto una coltellata in più?
Leone Pantaleoni, [email protected]
Corriere della Sera 16 febbraio
Riforme: bisognerebbe imitare i viterbesi del 1271
Nel 1271, dopo una sede vacante di 1006 giorni, venne eletto papa Teobaldo Liegi che prese il nome di Gregorio X. L’elezione avvenne però solo dopo le forti pressioni dei viterbesi che chiusero i cardinali nella grande sala di un edificio oggi chiamato Palazzo dei Papi, e dopo alcuni giorni ridussero il cibo e scoperchiarono parte del tetto della sala. Ormai da 35 anni aspettiamo che i nostri parlamentari facciano le riforme necessarie. Dobbiamo imitare i viterbesi ?
Virgilio Avato, [email protected] alessandro.prandi51@ gmail.com
Termini stranieri al Festival: Sanremo è ancora in Italia?
A Sanremo abbiamo sentito parlare di black music, soulblack, talent, playlist, share, freestyle, coldplay, reunion, storytelling, drag queen, song contest, trash ecc. ecc. Ma Sanremo è ancora in Italia?
Alessandro Prandi, [email protected]
Repubblica 17 febbraio
Heidegger: guardiamo al filosofo e lasciamo perdere l’uomo
Si vorrebbe che i grandi filosofi fossero anche uomini di grande livello, non sempre è così, dell’adesione al nazismo di Heidegger si sapeva, e tuttavia, passando per la fenomenologia di Husserl a cui Essere e tempo è dedicato, e agli sviluppi successivi dell’Esistenzialismo di cui Heidegger è un fabbricatore, non si può non prendere ciò che di nuovo e di spessore ci sia nella sua filosofia. Anche Furtwangler è stato nazista, ma resta un grande direttore d’orchestra. Forse bisogna separare, in alcuni (o molti?) casi, l’uomo dall’opera, Andrea Emo, grande metafisico, poco conosciuto è stato fascista, e tuttavia leggere (grazie a Cacciari) i suoi quaderni di metafisica, è necessario, per chi ami la filosofia, che se non aiuta a vivere a volte è sicuramente una consolazione (vedi Boezio). Gli uomini sono complessi, figuriamoci i filosofi, questo certo non giustifica certe scelte ma dobbiamo essere giusti, qualcuno lo ha detto che Heidegger è stato un grande filosofo e un piccolissimo uomo, quindi lasciamo perdere l’uomo…
Gianfranco Coci, [email protected]
Le scarpe sugli scranni calpestano la Carta
Scrivo in merito all’indegna rissa accaduta alla Camera lo scorso 13 febbraio. Avendo avuto peraltro l’onore e il privilegio di essere stato seduto su quei banchi (una ventina di anni fa) mi hanno molto ferito le immagini di quella notte a Montecitorio quando dei deputati sono saliti con le scarpe sui banchi e sulle poltrone per aggredire altri colleghi. Sarà un riflesso condizionato ma i miei genitori, poveri e con un basso livello di istruzione, fin da piccolo mi hanno insegnato a rispettare, oltre alle persone, anche le cose (di chiunque) e soprattutto a non mettere mai le scarpe laddove ci si siede. Questa regola a maggior ragione dovrebbe essere rispettata da chi per l’articolo 54 della Costituzione avrebbe il dovere di adempiere alle funzioni pubbliche con dignità
ed onore. Chi calpesta materialmente i banchi e le sedie del Parlamento calpesta il Paese perché il Parlamento è il luogo sacro della democrazia. Chi si comporta così non è degno di sedere su quegli scranni anche se avesse da difendere la più nobile delle cause. Non illudendomi che questi rappresentanti del Paese cambino o si dimettano mi auguro almeno severe sanzioni nei loro confronti. Il mio non è moralismo spicciolo. In politica la forma è sostanza e la pedagogia dei gesti, soprattutto per chi fa politica, è fondamentale.
Riccardo Canesi, Massa Carrara
“Normale”, una parola che più infame non si può
Normale è una parola che eliminerei dal vocabolario, perché le parole indicano le cose e usarle o non usarle cambia il mondo. Ciò che è “normale” per una persona infatti non lo è per un’altra, dunque chi delle due è “normale”, cioè corrispondente alla norma? Quest’ultima, scritta da chi e per chi? Esiste un legislatore unico al mondo, per tutto il mondo? E, quanti pregiudizi scaturiscono da questa “infame parola”? Quanti crimini si perpetuano in suo nome? Se dunque cominciassimo a farla circolare di meno sarebbe già un primo passo verso un vivere più civile, ossia più libero.
Giulia Livi, [email protected]
Corriere della Sera 17 febbraio
Intervento in Libia: ma abbiamo un esercito capace?
A proposito di un possibile intervento militare del nostro Paese in Libia, logica vorrebbe che fra le altre domande da porsi rispetto a un simile scenario vi fosse anche quella sulle reali capacità delle nostre Forze armate. Tra continui tagli ai fondi, riforme mancate e un certo disinteresse generale, queste ultime sono infatti ormai arrivate a un punto di non ritorno; se non si inverte subito la rotta, gli attuali (ed elevati) livelli di inefficacia e inefficienza dello strumento militare saranno irreversibili. Ecco dunque perché ogni singola mossa futura dovrà essere valutata con attenzione; il rischio di affrontare una missione per le quali le stesse Forze armate potrebbero non essere preparate appare, infatti, quanto mai concreto.
Giovanni Martinelli, [email protected]
L’Europa sarà solida solo quando sarà solidale
Ho partecipato al corteo pro Grecia. Credo sia importante esprimere solidarietà al popolo greco, ma io ho voluto manifestare soprattutto per l’Europa. Vorrei infatti che la questione greca diventasse un’opportunità per creare una vera unione, dove — cioè — ci si aiuta. La parola solidarietà ha lo stesso etimo di solido, cioè la compattezza data dal legame. L’Europa sarà solida, soltanto quando sarà solidale. Non il contrario.
Massimo Marnetto, massimo.marnetto@ gmail.com
Stampa 17 febbraio
Giordano Bruno, oggi sarà la volta buona?
Grazie al calendario, oggi dovrebbe essere la volta buona per ricordare Giordano Bruno e il suo rogo in Campo de’ Fiori del 17 febbraio 1600. Perché cade di martedì grasso. E perché domani è il mercoledì dei pentimenti e delle ceneri. Anche delle sue ceneri…Ricordiamo tra coriandoli e stelle filanti, dunque, lo scienziato che predisse gli «infiniti mondi» che soltanto oggi la scienza scopre, l’uomo che con inconscia certezza spostò lo sguardo dall’alto dei cieli al «dentro» degli esseri umani, il religioso che rifiutò e bestemmiò senza pentirsi quella religiosa Chiesa che dovette bucargli la lingua e bruciarlo vivo per farlo tacere. A oggi quella Chiesa non ha ancora chiesto scusa alla Storia, per quell’assassinio. Ma oggi è anche l’ultimo giorno di Carnevale e le grida di un uomo riarso 415 anni orsono nel centro di Roma possono ben risuonare come un grande, infinito, umanissimo sberleffo e come il primo tragico inno alla libertà di pensiero ed espressione.
Paolo Izzo, Roma
ItaliaOggi 17 febbraio
Gran brutto biglietto da visita per Milano la mostra su Van Gogh. Sono andato a vedere la mostra su Van Gogh a Palazzo Reale a Milano. Dovrebbe essere (anche per l’esplicito richiamo che viene fatto in sede di presentazione) una delle mostre di punta della proposta milanese nell’anno dell’Expo, proprio perché fortemente legata (il cibo, l’agricoltura) ai temi di Expo. Ora, al di là dei ben poveri contenuti della mostra, che annovera un gran numero di disegni e stampe (soprattutto del primo Van Gogh, che disegnava come un ragazzino delle medie) e poche tele di cui solo un paio veramente apprezzabili, la cosa che colpisce è l’estrema incuria della location. Le didascalie che illustrano i vari quadri sono in molti punti consunte con lettere illeggibili così come i numeri necessari per seguire il percorso con le audio guide. La moquette che ricopre il pavimento si è squarciata in diversi punti ed è stata riparata con scotch da quattro soldi messo lì alla bell’e meglio. In un paio di zone la moquette si è proprio sollevata, creando avvallamenti anche pericolosi per il rischio di inciamparci. Immagino che all’inizio dell’esposizione la situazione non fosse questa, ma è inammissibile che chi arriva dopo non possa godersi la mostra allo stesso modo di chi l’ha vista prima, considerando che paga lo stesso (molto costoso) ticket d’ingresso. Non un bel biglietto da visita per
Milano.
Alberto Giacomazzi