Questo articolo vi salverà la vita

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Quando arriva il disastro, non è come nei film. Se una barca affonda, ci si immagina la folla accalcata ai bordi, gente che grida e che si spintona, qualcuno che si butta in mare in modo dissennato, altri che vengono travolti. Non è così.

Se scoppia un incendio in un cinema, ad esempio, tutti abbandonano la sala, guadagnano l’uscita o – nel peggiore dei casi – restano schiacciati nel tentativo, o si perdono nel buio. Non è nemmeno così.

Se poi un aereo cade in mare, si spezzano le ali, si apre a metà. I passeggeri indossano i salvagenti, si precipitano in acqua, aspettano i soccorsi. Non è così.

Nella realtà, di fronte a situazioni estreme di pericolo, come si spiega qui, la maggior parte delle persone rimane disorientata. Si blocca. Si ferma a fare cose inutili, superflue, si “dimentica” di fuggire, che sarebbe l’unica cosa saggia. In altre parole, non si salva. Il 75% rimane paralizzato dal punto di vista mentale. Il 10% è rappresentato da persone pericolose che, impazziscono e disseminano problemi; il 15% sono persone che mantengono quel minimo di calma per fuggire, sono quelli più razionali. Ma soprattutto sono quelli che sono stati preparati.

Perché succede
Il problema è che nessuno si aspetta una reazione del genere. Architetti e ingegneri studiano le vie di fuga pensando che le risposte delle persone siano razionali, appena sentono allarmi o avvertono il fumo. E invece no. Anzi: durante gli attacchi dell’11 settembre molti, di quelli che non erano stati colpiti, sono rimasti nell’edificio. Altri sono usciti, ma poi sono rimasti ad aspettare gli altri, non sapendo bene cosa fare. E altri sono perfino tornati dentro. Come è possibile?

Il problema è complesso. Da un lato non si sa bene come valutare la situazione che si ha di fronte; dall’altro non si sa nemmeno cosa fare per salvarsi. Pochi hanno le conoscenze e soprattutto l’attitudine a pensarci. Ci si trova in un ambiente cambiato in modo improvviso e imprevisto, non si conoscono le regole da seguire. Gli eventi vanno in modo più veloce di quanto si riesca a processarli. Si cerca conforto nelle altre persone, ma nemmeno loro sanno cosa fare. Per cui l’immobilità, come in Aspettando Godot, prevale.

La soluzione
La pratica. Bisogna rendere automatiche alcune reazioni. Bisogna abituarsi a immaginare e prefigurare le azioni di fronte alle emergenze. Quando si va al cinema, appunto, controllare dove sono le uscite di emergenza, in aereo prestare attenzione (davvero!) alle istruzioni per la sicurezza, in barca osservare subito dove sono le scialuppe di salvataggio, per non doverci pensare dopo – e perdere tempo prezioso nel provare a farlo. Pensare prima, per non finire male dopo.

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