προσέξτε! (Attenzione!) Inizia il tour del leader greco nelle capitali che hanno guidato il fronte anti-austerità: Roma, Parigi e la City londinese. Assente Berlino, per ora. Eppure, nonostante Tsipras giochi in casa, questa può essere la fase più critica del rapporto con l’Europa. La Grecia può essere infatti strumentalizzata non solo dai Paesi “forti”, per impartire una lezione memorabile al blocco mediterraneo, ma anche dai Paesi “deboli”, per scardinare il fronte dell’austerità o per ragioni di politica interna.
Ma sarebbe un vero peccato se la Grecia venisse usata come una pedina sacrificabile nella vera partita che si sta giocando in Europa tra il fonte della crescita e quello dell’austerità. La vittoria di Tsipras nelle elezioni greche incarna il sogno di un’Europa giusta e progressiva, senza regole di bilancio ma con cittadini che godono degli stessi diritti economici e sociali indipendentemente dallo Stato in cui lavorano e risiedono. Non si può uccidere un sogno che vede l’Europa come protagonista. Sarebbe una vittoria di Pirro, che rischierebbe di spalancare le porte alla Destra anti-europea in tutta Europa. Una Destra che, appoggiandosi sulla dimensione nazionale e sociale, non ha alcun bisogno del sogno europeo.
Hollande e, soprattutto, Renzi aiutino Tsipras a tornare in contatto con la realtà, senza alimentare pericolose derive oniriche
Se è vero che la politica non può sopravvivere senza sogni, è altrettanto vero che non sono ancora maturi i tempi di un’Europa “senza regole” ed è impensabile che sia un Paese “periferico” e debole come la Grecia a cambiare verso all’Europa e alla Germania. È una utopia ed è quindi importante che Hollande e, soprattutto, Renzi aiutino Tsipras a tornare in contatto con la realtà, senza alimentare pericolose derive oniriche. Come ha detto lo stesso Tsipras nel corso di una intervista «quello che pochi vogliono ricordarsi è che l’economia per metà è psicologia». Appunto, per metà. L’altra metà sono cifre e vincoli.
Tsipras deve rendersi conto che non è affatto difficile riuscire a trovare un compromesso con l’Europa
In primo luogo, Tsipras deve rendersi conto che non è affatto difficile riuscire a trovare un compromesso con l’Europa. Come è stato rivelato dalla stampa internazionale, l’Europa è già pronta da un paio di mesi a fare concessioni importanti alla Grecia per quel che riguarda i tempi e i modi del ripagamento del debito. Per una nazione come per un individuo, quello che conta non è la dimensione del debito ma il suo “peso”, ovvero l’impatto della spesa per interessi e dell’ammortamento. Se la scadenza è prorogata ad libitum e se gli interessi sono nulli o quasi, il peso è zero. E questo può diventare il caso del debito pubblico greco che è ormai per il 75% nelle mani della Bce e dei partner, che applicano condizioni finanziarie non molto diverse da quelle che pagano i migliori prenditori europei (vedi qui). Già adesso la Grecia ha un costo medio del debito pari all’1,5%, meno della metà di quello italiano. Tanto per capirci, se noi italiani nel 2014 avessimo potuto usufruire di un costo medio del debito simile a quello greco, avremmo potuto disporre di quasi 30 miliardi di euro in più da spendere, senza intaccare l’obiettivo del deficit/PIL al 3 per cento.
Più che chiedere la cancellazione del debito, Tsipras dovrebbe puntare a un po’ di respiro sulle scadenze imminenti e fare di tutto per qualificare la Grecia per il Qe di Draghi
Quindi, più che chiedere la cancellazione del debito, Tsipras dovrebbe puntare ad ottenere un po’ di respiro sulle scadenze più imminenti e fare di tutto per qualificare la Grecia per il Qe di Draghi. Con il Qe, l’Europa si appresta a monetizzare, cioè di fatto a cancellare, un 10-20% del debito pubblico dei Paesi dell’eurozona. Tra l’altro, la Grecia sarebbe uno dei maggiori beneficiari del Qe della Bce (vedi qui). I titoli di Stato ellenici in mano al mercato sono relativamente pochi e quindi, se partecipasse al Qe, la Grecia si potrebbe ritrovare con tutto il suo debito in mano a pochi creditori, tutti potenzialmente “amici”: il fondo salva-stati europeo, il Fmi, gli altri partner europei e l’Eurosistema (cioè Bce e la banca centrale greca).
La Grecia sarebbe uno dei maggiori beneficiari del Qe della Bce
In questo scenario, rischiare il default e l’uscita dall’euro non ha alcun senso. Lo stesso rifiuto di parlare con la Troika può aver fatto guadagnare l’applauso dei movimenti antagonisti e magari anche qualche governo del Sud Europa avrà segretamente sorriso. Ma l’unico effetto sarà probabilmente quello, controproducente, di mantenere in vita un organismo che è stato già superato dall’Opinione espressa il 13 gennaio 2015 dall’Avvocatura Generale della Corte di Giustizia in merito al famoso ricorso sulle Omt (Outright Monetary Transactions) della Bce, avanzato dalla Corte Costituzionale tedesca. Si legge infatti nell’Opinione che «se si giungerà ad applicare il programma Omt, perché questo mantenga il suo carattere di misura di politica monetaria la Bce dovrà astenersi dal partecipare direttamente al programma di assistenza finanziaria applicato allo Stato interessato». Basta cambiare il termine Omt con quello di Qe e si capisce subito che la Troika (Commissione Ue + Fondo Monetario Internazionale +Bce) di fatto non esiste più, indipendentemente da una richiesta in tal senso da parte di Tsipras.