File di lato, capelli impomatati, gonne e pantaloni a vita alta, gioielli e visi truccati. Politica, mazzette, magistratura, indagini, mani pulite e mani sporche. Pompini, pacche sulle spalle e ancora pompini. Bocche insozzate di umori e di sorrisi falsi. È il gioco della Repubblica delle Banane: è così che inizia ed è così che molto probabilmente finirà 1992, la nuova serie tv di Sky, ambientata – come suggerisce il nome – nell’Italia dei primi anni ’90, quando Di Pietro si mise sulle tracce della (mala) politica e scoppiò il caso Tangentopoli.
La musica è quella degli anni ’80, intermezzata dagli stacchetti di Non è la RAI e dalla sigla di Casa Vianello (c’è un momento, quasi da cult, in cui Dell’Utri resta di spalle a fissare uno schermo su cui compare la scritta “Assassinato Salvo Lima” e parte la sigla della sitcom di Sandra e Raimondo. Drama con sfumature pulp. Sembra finzione, ma è la verità). Si sentono i REM, con Everybody hurts, e si sentono le hit italiane, quelle da discoteca e da prima serata tv.
Poi ci sono gli abiti, c’è Milano, ci sono volti più o meno noti. C’è una scuderia di attori famosi e un’altra, più piccola, di nuove leve. 1992 è come un enorme puzzle: ogni frammento del racconto si incasella perfettamente con un altro, e dal quadro generale, dalla corruzione e dalle mazzette, passiamo a quello particolare, più piccolo, del microcosmo di ciascun personaggio, che può essere vero oppure no, fittizio ma anche possibile.
Il protagonista è Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi che di 1992 è anche l’ideatore: è un consulente di Publitalia, ambizioso, attento, sulla cresta dell’onda. Insieme a lui ci sono anche Luca Pastore (Domenico Diele), agente di polizia che collabora con Di Pietro (Antonio Gerardi) e Pietro Bosco (Guido Caprino), reduce della Guerra del Golfo, ora esponente di punta della Lega Nord, che proprio nel ’92 cominciò a muovere i primi passi nella politica nazionale. Dividiamo l’Italia per salvarla, era quello lo slogan allora.
Dopo Gomorra, Sky continua con le sue serie realistiche, vere, lontane anni luce dalle produzioni della RAI
Dopo Gomorra, Sky continua con le sue serie realistiche, vere, lontane anni luce dalle produzioni della RAI: c’è un po’ di HBO e c’è un po’ di BBC. 1992 è un prodotto che unisce alla cronaca la finzione, all’attualità il romanzo, e a storie vere storie meno vere, ma non per questo impossibili. È il 1992 e ogni frame ce lo ricorda: con una fotografia pulita, e con una narrazione che non soffre di italianismi eccessivi (la sceneggiatura è snella, i pochi monologhi filano brillantemente, attingendo a piene mani dalla riserva della cronaca degli anni ’90).
I primi due episodi della serie prodotta da Wildside, che in questo periodo sembra aver quasi preso il posto di Cattleya e che ha in cantiere anche la serie di Paolo Sorrentino, The Young Pope, fanno da introduzione al resto del racconto: il primo più del secondo, e il secondo con un piede nelle elezioni del ’92, a un passo dall’esplosione della “bomba” Tangentopoli.
Si sente che sta tirando aria nuova, aria diversa, nella televisione italiana. Si sente e, con 1992, si torna a vedere
Si sente che sta tirando aria nuova, aria diversa, nella televisione italiana. Si sente e, con 1992, si torna a vedere: non c’è censura, il grigiore di personaggi molesti e praticamente estranei alla letteratura televisiva italiana comincia ad avvolgere ogni cosa e come in Gomorra non sappiamo chi sono i buoni e chi sono i cattivi.
Giuseppe Gagliardi, regista, ha confermato che durante la lavorazione della serie “non abbiamo avuto paletti”. Assoluta libertà. Il sesso, i nomi, i rimandi. Sky che racconta Mediaset nel suo momento di massimo splendore, il mostro di Publitalia che proietta la sua ombra su Milano, quella vecchia e quella nuova, quella delle colate di cemento e delle iniezioni continue di soldi, quella delle scuole alternative, per ricchi, e delle prime soubrette pronte a tutto pur di diventare come la Cuccarini. C’è Tea Falco che interpreta la figlia viziata di un ricco industriale colluso, e c’è Miriam Leone, Veronica Castello nella serie: che va in tv nelle reti locali, sogna l’Ammiraglia ed è pronta a tutto pur di riuscire.
La Democrazia Cristiana e il Partito Socialista di Craxi sono lì, presenti nella cultura e nella vita milanese, punto di riferimento per i potenti e per i meno potenti. Avanza il nuovo partito, la Lega, che nei suo slogan – “Tutti a casa, via cazzo!” – ci riporta con la mente a ricordi più recenti, a un Movimento che si è velocemente trasformato in partito e a una promessa, la bella speranza della politica, che è andata anch’essa persa tra i meandri di Palazzo. Roma – la Roma capitale, del Parlamento e delle camere di potere – è uno sfondo: un’immagine con cui riempire gli occhi e gli spazzi tra uno spezzone e l’altro.
«La gente di fuori è orribile. Non io, non lei, gli altri. Sognano cose indicibili»
C’è il Batman vigilante, quello che diventa simbolo della Lega, che picchia gli albanesi molesti e salva l’italiano (sul serio: c’è veramente), c’è la perfetta metafora di un’Italia in declino – quella della Chiquita e della sua evoluzione, e della sua fortuna dovuta a un pubblicista e a un’idea – e c’è la promessa di un nuovo mondo, di un ritorno agli anni ’80: tempo di abbondanza e di raccolto. La serie si chiama 1992, ma quello che ci racconta non è poi così lontano da quello che stiamo vivendo oggi. E in questo, forse più di ogni altra cosa, il nuovo prodotto Sky acquista punti, vince, si impone.
Quindi abbiamo l’ambientazione, convincente e nuova, e abbiamo la scrittura, che riesce a non svilire i protagonisti e a riunire tutto, compattando e eliminando spazi e pause inutili, in una storia convincente e – al di là di qualsiasi considerazione – vera. 1992: la Repubblica delle Banane, la Repubblica di chi sa vendere e si sa vendere. La Repubblica del Belpaese, delle chiacchiere, del sesso e dei cattivi pensieri. «La gente di fuori è orribile. Non io, non lei, gli altri. Sognano cose indicibili».