«Caro direttore, il Papa è contro CL e fa bene»

«Caro direttore, il Papa è contro CL e fa bene»

Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.

Isis: dobbiamo imparare anche noi a fare propaganda

L’Isis dimostra di saper padroneggiare bene la propaganda, specialmente in Internet; appare eroica e compatta agli occhi di chi, insoddisfatto di sé e del mondo, guarda a questa congrega di assassini come ad una apprezzabile conventicola religiosa. Noi che facciamo? Alcuni titoli dei giornali, dopo ignobili uccisioni come le ultime di Parigi e di Tunisi non fanno che esaltare l’animo di chi ci odia. Mi chiedo se non dovremmo studiare meglio le motivazioni di chi si unisce all’Isis per far capire che quelle azioni sono lontane dall’eroismo — sono anzi azioni vili contro esseri indifesi e innocenti. Bisognerebbe smentire l’immagine di un unico movimento teso a rifondare il vero Islam. Dovremmo dare una mano ai tanti musulmani che non si riconoscono in quelle gesta scellerate. In poche parole: dovremmo imparare anche noi a usare la propaganda.

Vanni de Maigret, Corriere della Sera

Non tornano i conti sull’evasione fiscale

L’Agenzia delle Entrate ci informa che lo scorso anno sono stati recuperati oltre 14 miliardi di evasione fiscale, in analogia a quanto avvenuto negli anni precedenti. Ricordo che negli ultimi dieci anni il recupero è stato mediamente di una decina di miliardi annui, per un totale di circa cento miliardi. Ora, siccome è da presumere che un evasore, una volta scoperto, non ricomincia ad evadere negli anni successivi, allora mi chiedo perché l’evasione nel nostro Paese resta inchiodata sempre sui famosi 120 miliardi annui. Non si può immaginare che ci sia un’evasione per redditi aggiuntivi, perché, essendo ormai da anni in recessione, abbiamo assistito ad una diminuzione della base imponibile. C’è qualcosa che non torna.

Delio Lomaglio, Corriere della Sera

Baci e abbracci ma l’Italia conta sempre poco

Il mancato invito dell’Italia all’incontro, sia pure informale, fra Tsipras Merkel e Hollande dimostra che non sono sufficienti i sorrisi, gli abbracci e le pacche sulle spalle per godere di maggiore riguardo e del ruolo che ci dovrebbe essere riconosciuto. Siamo i secondi creditori della Grecia e qualcosa dovrebbe pur significare.

Giorgio Tescari, Milano, Il Fatto Quotidiano

E’ la solita cricca che impedisce le opere contro le grandi calamità

Guai a togliere finanziamenti alle Grandi Opere per far fronte alle grandi calamità naturali ! Se i fondi per le popolazioni colpite da terremoti, alluvioni e frane non arrivano mai, dopo gli scandali di questi giorni si capisce come non sia solo colpa dell’inefficienza dello Stato ma di una sua peculiare cricca!

Giuseppe Zaccaria, Finale Emilia (Mo), Il Fatto Quotidiano

Se la fede cristiana è provata non c’è inchino di fronte al boss

Ho appreso che a Oppido Mamertina – dove una processione della Madonna aveva fatto inchinare la statua davanti alla casa di un boss della ‘ndrangheta – le processioni, che erano state proibite, hanno di nuovo il permesso del vescovo, ma alla condizione che “i portatori delle statue siano scelti tra fedeli di provata testimonianza cristiana”. Garanzia sufficiente?

Milena, La Repubblica

Questo papa sì che ha capito tutto di Cl (e di Lupi & C.)

Le vicende di Lupi, Formigoni e altri loro amici implicati in affari di varia natura mi hanno spinto a rileggere il discorso di papa Francesco al raduno del 7 marzo di Comunione e Liberazione. Ci sono alcuni passaggi espliciti, per chi li vuole intendere, sulla centralità di Gesù e non del carisma. Per esempio: «Quando metto al centro il mio metodo spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di strada». Oppure quando ha ribadito la necessità di coltivare l’eredità di don Giussani non come «un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta». Forse il passaggio più significativo è stato l’invito a «respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme, a saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera. Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una spiritualità di etichetta». Parole chiare che descrivono, e insieme denunciano, uno dei caratteri più discutibili di quel movimento: la sicumera, il guardare gli altri come persone che non capiscono il loro mondo, l’uso strumentale delle istituzioni pubbliche, il comportamento più simile a quello di un clan e di una lobby che non a quello di una comunità che si definisce cristiana.

Giuseppe Prosperi, Rimini, Corriere della Sera

Qualcuno è stato danneggiato dalla svalutazione dell’euro

La repentina svalutazione dell’euro ha sorpreso e danneggiato chi deve sostenere nell’area del dollaro spese per studi, cure mediche, viaggi, impegni per il futuro o altro. Non sono un esperto di cambi o di economia, ma mi sembra che la rapidità con la quale si è manifestato il fenomeno sia il frutto di ben organizzate speculazioni e non di normali fluttuazioni del mercato. Non è il caso che si ponga rimedio a tali tipi di operazioni finanziarie che rovinano, in genere, solo piccoli e sprovveduti risparmiatori?

Domenico Agostini, Corriere della Sera

L’ultima moda? Filmare l’aggressione invece di intervenire

Uno degli aspetti più inquietanti dell’uso dei telefoni cellulari è dato dal loro utilizzo per filmare momenti di violenza quotidiana. Succede sempre più spesso che le persone che casualmente si trovano in prossimità di aggressioni, anziché intervenire per difendere le vittime, si limitino a filmare l’accaduto per il piacere sottile di mettere la scena in rete, come per potere dire io c’ero. Certo, per intervenire in difesa di chi è aggredito occorre avere coraggio, sangue freddo, altruismo, tutti valori che mi sembrano sempre più rari. Chi non li ha, farebbe pertanto bene a non mettere in rete quella che in realtà è una sua deprecabile debolezza.

Ermanno Padovan, Il Messaggero

Da ex dico che chi calpesta i banchi in Parlamento calpesta l’Italia

Avendo avuto peraltro l’onore e il privilegio di essere stato seduto su quei banchi (una ventina di anni fa) mi feriscono le immagini sempre più frequenti di risse a Montecitorio con deputati che salgono addirittura con le scarpe sui banchi e sulle poltrone per aggredire altri colleghi. Sarà un riflesso condizionato ma i miei genitori, poveri e con un basso livello di istruzione, fin da piccolo mi hanno insegnato a rispettare, oltre alle persone, anche le cose (di chiunque) e soprattutto a non mettere mai le scarpe laddove ci si siede. Questa regola a maggior ragione dovrebbe essere rispettata da chi per l’art. 54 della Costituzione avrebbe il dovere di adempiere alle funzioni pubbliche con dignità ed onore. Chi calpesta materialmente i banchi e le sedie del Parlamento calpesta il Paese perché il Parlamento è il luogo sacro della democrazia. Chi si comporta così non è degno di sedere su quegli scranni anche se avesse da difendere la più nobile delle cause. In politica, poi, la forma è sostanza e la pedagogia dei gesti, soprattutto per chi esercita una funzione pubblica, è fondamentale.

Riccardo Canesi, La Stampa

I muri imbrattati siano puliti da chi non sa punire chi sporca

Ho letto che il Comune di Torino vuole obbligare i proprietari di case a pulire i muri imbrattati dai vandali! Ma stanno scherzando! Devono essere i proprietari delle case a denunciare il ministero degli Interni e la polizia locale per non aver controllato in modo efficace e non aver punito severamente quei pochi imbrattatori locali identificati. Posso consigliare ai responsabili del Comune di multare anche gli automobilisti che con i pezzi di finestrino rotti hanno imbrattato il suolo pubblico, dopo che i ladri gli hanno scassinato la vettura rompendo i vetri? 

Guido Pautasso, La Repubblica

Caso Erri De Luca. Comunque sia Vive la République!

Sapevo che lo scrittore Erri De Luca è sotto processo per “attività anti-Tav,”; ignoravo che lo fosse per istigazione al sabotaggio. De Luca ha rivendicato in un’intervista la necessità di sabotare la Tav per evitare danni ambientali e perché, a suo dire, improduttiva. Va da sé che il verbo “sabotare” ha significati ampi, oltre a indicare concrete azioni da sovversivo carbonaro. Se qualcuno poi tali azioni le esegue davvero, la responsabilità è soggettiva e per tali azioni se la vedrà con i giudici. Il presidente Hollande ha stigmatizzato il processo allo scrittore nonostante sia iniziato proprio su denuncia di un’azienda francese impegnata nei lavori. A portare lo scrittore in tribunale sono stati però i nostri codici, quelli che troppo spesso soccorrono il re anche quando è “nudo”. Quindi “ Vive la République! ” e ciò che ne è derivato, per esempio un diritto liberale che ha bisogno di altro prima d’interpretare un invito a sabotare come un sabotaggio.

Giovanni Moschini, Il Messaggero

C’era una volta il sabato in famiglia

Anni fa, mi ricordo, le famiglie al sabato sera erano solite farsi visita. Un sabato venite da noi, un sabato veniamo da voi, era una sorta di rituale. Le scale risuonavano di “Oohh, come stai, ciaoo”. I cappotti stesi sul letto matrimoniale. I bambini tiravano fuori i regali più recenti: il piccolo chirurgo, il piccolo chimico, i giochi di società e poi l’intramontabile monopoli. I condomini risuonavano di voci. Oggi nei condomini al sabato sera c’è un silenzio assordante, sembra ci sia un fastidio tra gli esseri umani a frequentarsi.

Alessandro Valente, Il Messaggero

Ma quanto sono bravi e pazienti gli autisti dei bus

Scrivo questa lettera nella speranza che venga pubblicata per due ragioni: la prima è che l’ho pensata centinaia di volte, la seconda è che spesso ci si prende la briga di esprimere il proprio disappunto ma raramente si ha tempo per manifestare il proprio apprezzamento. Voglio dire grazie agli autisti degli autobus, una categoria di dipendenti pubblici operosi e silenziosi (a parte pochi casi) di cui non si sente tanto parlare, che svolge un lavoro impegnativo, carico di responsabilità, in condizioni disagiate ed è sempre pronta a dare un’indicazione gentile alle persone che le chiedono. Vengo da una città del Nord e per anni ho usufruito dei mezzi pubblici e registrato con una certa fierezza questi atteggiamenti. Ma con altrettanta fierezza li ho riscontrati a Roma, come a Torino e a Milano. Mi sono sempre chiesta se le aziende di trasporto facciano corsi zen per gli autisti, unica risposta alla loro lucida pazienza, al loro controllo vigile e pacato. In una giungla di pedoni, motorini, parcheggi selvaggi, utenti frenetici, anziani, indecisi poi decisi, loro, gli autisti, svolgono il loro lavoro con uno spirito e una serietà oramai rari in questo Paese. Di fronte ai recenti episodi che hanno macchiato la categoria dei vigili urbani di questa città i quali, anziché chiedere scusa ai cittadini che li pagano hanno addirittura avuto il coraggio di fare una manifestazione di protesta (contro loro stessi dovevano farla), e la cui latitanza spesso rende il lavoro dei guidatori di mezzi pubblici un vero inferno, mi sembra doveroso evidenziare chi costruisce tutti i giorni, con i fatti, il nostro senso di cittadinanza.

Daniela Liverani, Roma, La Stampa

No ai ghetti scolastici per i bambini affetti di sindrome di Down

Siamo un gruppo di genitori e volontari di un’associazione che da anni lotta perché l’inclusione degli alunni con sindrome di Down e disabilità intellettiva sia effettiva nella scuola e nella società. Abbiamo letto l’articolo «La falsa integrazione dei disabili» di Giovanni Orsina, pubblicato su «La Stampa» il 7 marzo, e sentiamo il bisogno di esprimere alcune considerazioni. L’integrazione degli alunni disabili è una vittoria di civiltà che l’Italia ha ottenuto e che non può essere messa in dubbio. Operando nelle scuole sappiamo quanto l’inclusione degli alunni disabili sia talvolta un traguardo lontano. Non solo per le difficoltà burocratiche citate nell’articolo ma anche per una mentalità vittima di pregiudizi. Fatichiamo a far considerare i nostri ragazzi alunni con diritto all’istruzione pari agli altri. Eppure ribadiamo con forza che anche la peggiore delle esperienze di integrazione scolastica è preferibile al confino in scuole specializzate, veri ghetti sul cui minor costo ci sarebbe da discutere. Nella rappresentazione che Orsina fa della scuola mancano due personaggi fondamentali: gli insegnanti di classe e i compagni. I primi sono coloro che effettivamente rendono possibile o meno l’inclusione; i secondi coloro che rendono qualsiasi esperienza di inserimento, anche la peggiore, un’opportunità irrinunciabile per qualsiasi bambino. C’è tanto da fare per «adeguare la civiltà praticata a quella pensata», ha ragione Orsina, ma non dobbiamo arrenderci. L’errore commesso in passato è stato pensare che bastasse emanare una legge per cambiare una mentalità. La legge impone alla scuola di inserire il disabile in classe ma non può imporre ai docenti di «percepirlo» alunno al pari degli altri. Non si può imputare l’insuccesso di un’esperienza di inclusione scolastica solo alla mancanza di risorse. Né si deve pensare alla scelta di integrazione scolastica come a una costo di cui la società si fa carico per assistenzialismo. Le risorse spese per l’inclusione scolastica sono risorse investite nel futuro della società.  

Cristina Bolla, coordinatrice Associazione A.I.R. Down, Corriere della Sera

Ma perché il bollo auto non si può pagare on-line?

Perché non è possibile pagare il bollo automobilistico comodamente tramite una procedura online della propria banca? Basterebbe che la Regione inviasse l’avviso di scadenza della tassa completo di Iban o codice Mav. Invece, tra luoghi non abilitati, modalità non accettate, scadenze ristrette e interessi elevati, anche una semplice operazione di routine diventa un fastidio e una perdita di tempo per il solito contribuente tartassato!

Silvano Brandi, ItaliaOggi

Le scatole cinesi non piacciono ai cinesi

Le scatole cinesi tipiche del mercato italiano non piacciono a Pechino. Accordo sì per la quota (26%) di controllo di Pirelli in mano alla Camfin di Tronchetti Provera (e, non da molto, dei russi). Ma poi Opa per tutti.

Paolo Melzi, Italia Oggi

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