A occupare quasi interamente la scena e il gossip editoriale italiani questa settimana sono stati due argomenti, anzi due tormentoni: il caso Elena Ferrante allo Strega, tra dichiarazioni ufficiali e falsi clamorosi, e la manifestazione d’interesse non vincolante di Mondadori per l’acquisizione di RCS Libri, con tutti gli scossoni che tale acquisizione, se andasse in porto, provocherebbe nel panorama editoriale nostrano.
Se siete appena tornati dalla luna, ci pensiamo noi ad aiutarvi a fare il punto sulla situazione, o quantomeno sulla situazione ad oggi, perché siamo certi che entrambe le vicende faranno ancora parlare di sé.
C’è molta preoccupazione davanti alla prospettiva della creazione di un gruppo che occuperebbe quasi il 40 per cento del mercato librario italiano
Se sul caso Ferrante ci ha informati dettagliatamente ieri il nostro Andrea Camillo, dell’interesse di Mondadori verso RCS Libri vi avevamo parlato in settimana, dando conto delle reazioni nel mondo editoriale italiano, reazioni che nella totalità dei casi sono state di preoccupazione davanti alla prospettiva della creazione di un gruppo che occuperebbe quasi il 40 per cento del mercato librario italiano. Prospettiva data come più che probabile se non imminente, potrebbero esserci novità già da lunedì. La fusione riunirebbe sotto una sola insegna una quantità di marchi forti: lato Mondadori, Einaudi, Sperling & Kupfer, Harlequin, Piemme, Electa; da parte RCS: Rizzoli, Bompiani, Adelphi, Marsilio, Sonzogno, Skira, Lizard, Sansoni, Fabbri. Rimarrebbero fuori il Gruppo Gems (Garzanti, Longanesi, Guanda, Salani, Bollati Boringhieri, Chiarelettere), Feltrinelli, Laterza, Sellerio e una galassia di editori indipendenti sempre più a corto di ossigeno. Con tutte le conseguenze che questo potrebbe comportare per l’ autonomia delle singole identità editoriali acquisite, la concorrenza sul mercato, la ridotta capacità di negoziazione di autori e agenti letterari.
Il fronte del NO ha registrato non solo l’adesione di quasi tutta la stampa italiana e la preoccupazione del Ministro della Cultura Franceschini — e quella di Bersani — ma anche unappello da parte degli scrittori, partito dagli autori di Bompiani che hanno pubblicato una lettera aperta sul Corriere , poi sottoscritta da scrittori di altre case editrici.
«La fusione potrebbe mettere a rischio oltre 4mila piccoli editori e 12 mila occupati del settore»
Si è fatta sentire ieri anche la voce della CNA , attraverso il presidente di CNA Comunicazione Andrea Nannini, secondo il quale la fusione potrebbe mettere a rischio oltre 4mila piccoli editori e 12 mila occupati del settore, in un mercato che oggi è già controllato al 90% dai grandi gruppi editoriali. Ma ricordiamo che la percentuale di mercato di Mondadori-RCS non violerebbe attualmente le regole dell’antitrust, che permette concentrazioni fino a un massimo del 50 per cento.
Poche, anzi pochissime, le voci fuori dal coro, voci che provengono da giornali politicamente schierati, ma sulle cui tesi, condivisibili o meno, ci vogliamo soffermare. Partiamo da Libero, sulle cui pagine alcuni degli autori firmatari dell’appello vengono accusati di essere “ricchi grazie a Mondadori e ora firmare per sabotarla”, posizione che sembra dare per scontato che il fatto di pubblicare un libro presso un editore comporti l’impossibilità di criticarlo.
“È un matrimonio che s’ha da fare quello tra Mondadori e RCS , con buona pace di Umberto Eco”; così titola un articolo uscito su Il Foglio e firmato da Nicoletta Tiliacos. L’argomentazione principe dell’articolo verte sul paragone con altre acquisizioni avvenute all’estero in passato, come quando nel 2002 la Hachette dei fratelli Lagardère acquisì il comparto editoriale di Vivendi Universal Publishing, diventando il primo gruppo librario del paese con più del 40 per cento del mercato nazionale. In realtà, ammesso che abbia un senso fare un paragone tra il mercato editoriale italiano e quello francese, la questione dell’acquisto di VUP da parte del gruppo Lagardère suscitò un polverone simile in Francia, nonché l’attenzione dell’Unione Europea e la vicenda si risolse con un’acquisizione su scala ridotta degli assets editoriali del gruppo.
Il problema, secondo la Tiliacos, non sarebbe tanto il fatto in sé, ovvero che un gruppo editoriale compri un altro gruppo in grave crisi di liquidità (con un indebitamento di 500 milioni), ma che a farlo sia la berlusconiana Mondadori; secondo l’autrice, a parti invertite non avremmo avuto le stesse reazioni. L’assenza di una connotazione ideologica sarebbe il motivo per il quale non ha suscitato altrettanto scalpore a luglio l a nascita di un polo distributivo librario costituito da Messaggerie italiane con la Pde appartenente a Feltrinelli (fusione della quale vi avevamo parlato qui, sottolineando come ci fosse unrischio di monopolizzare la rete distributiva, e non eravamo stati gli unici a farlo). Il Foglio cita poi Giuliano Vigini, scrittore e critico letterario, il quale sostiene che, data la crisi di Rizzoli Libri, sarebbe stato peggio per il mercato italiano se l’editore fosse stato acquisito da un grande gruppo straniero , e sottolinea che comunque quello che in Italia è visto come un big rimarrebbe un pesce piccolo rispetto a colossi quali l’inglese Pearson, il già citato Lagardère o Penguin Random House.
La provocazione di Marcello Veneziani: «Perché chi mangia non può essere mangiato?»
Perché chi mangia non può essere mangiato? È questa invece la provocazione di Marcello Veneziani su Il Giornale, provocazione che si riferisce al fatto che Rizzoli, che in passato ha comprato Marsilio, Bompiani, Adelphi, Fabbri, Sonzogno e Archinto, non possa essere a sua volta “mangiata” da Mondadori. Un punto di vista che sembra ignorare che il problema sta non tanto nell’acquisizione in sé di un editore da parte di un altro, ma nella creazione di un gruppo editoriale che andrebbe a detenere un’enorme quota di mercato. Anzi, Veneziani non ignora l’obiezione ma la classifica come criterio ideologico.
Il punto di entrambi gli articoli è che il passato ha dimostrato che le case editrici sono rimaste le stesse anche se inglobate in altri gruppi: è il caso di Adelphi che è rimasta Adelphi sotto Rizzoli, e lo stesso vale per Einaudi sotto Mondadori; stessi autori e stessa linea editoriale.
Certo, verrebbe da dire che sarebbe contro l’interesse dello stesso gruppo acquirente snaturare un editore come Adelphi, ma stiamo parlando di buon senso e il buon senso non c’è legge che lo regoli.