Gli scenari possibili della finanza globale raccontati da Derek Morgan, protagonista de I diavoli, romanzo di Guido Brera, cofondatore di Kairos, la più importante società di gestione del risparmio in Italia.
Dal diario di Philip Wade
Sono figlio di un tempo che non esiste più. Non mi sento vecchio, ma è vecchio lo sguardo con cui vedo le cose cambiare. La luce della primavera ha sfumature diverse. Il sole in estate non è caldo come una volta. Gli autunni e gli inverni sembrano più lunghi, più freddi. Ed è vecchio lo sguardo con cui vedo le parole mutare, questi segni neri che allineo sul bianco della carta. Oggi ho studiato le fotografie della manifestazione a Francoforte. C’era una scritta su uno striscione. Diceva: “Against Austerity and Troika / See You on the Barricades”. “Troika” era un’altra parola nel tramonto del mio tempo: il Novecento. Veniva da oltrecortina, veniva dall’Est. Si scriveva con la “j”: Trojka. Suonava più slavo. Oggi significa altro. Anche le barricate erano altro, una volta. E significava altro la parola “austerità”.
Credo di aver iniziato a scrivere questo diario per fermare il tempo. Per pesare le parole prima di vederle cambiare ancora. O forse perché sono vecchio, e non è vero che l’importante è come ci si sente. Si è vecchi e basta. E quando si è vecchi il futuro si accorcia, e il passato ritorna…
Nella Liverpool in cui sono cresciuto, “austerità” voleva dire misura. Nonostante l’acqua che la bagna, per me Liverpool è sempre stata una città asciutta. Dove la fuliggine ti calava addosso, dove l’estuario della Mersey aveva a che fare con il lavoro e soltanto con quello. Operai, dockers, working class heroes. Camminavi nel vento e nella pioggia, ma solo perché eri diretto verso il cielo dorato. Ancora oggi i tifosi cantano così, ad Anfield. Molti anni prima di fare lo strategist nella grande banca, e molti, molti anni prima che iniziassi a insegnare qui al Birkbeck, ero un ragazzo che guardava suo padre tornare dai cantieri. Non avevo ancora studiato, ignoravo il potere dei numeri e quello delle parole, ma intuivo l’eleganza di mio padre e della gente come lui. Quell’eleganza che parlava di sobrietà. L’eleganza della classe operaia di Liverpool. Era grigia e uniforme quella gente, come grigia e uniforme è la città. E benché fossi solo un ragazzo, vedevo anche il resto: la semplicità, il decoro, il senso del collettivo. Sono figlio di un tempo che non esiste più.
Si può mentire con le parole. Ricordo quando “austerità” ha smesso di significare sobria eleganza della working class. Erano gli anni Settanta. Non ci fu bisogno di studiarlo sui libri, o di analizzare i grafici dell’andamento dei prezzi. “Austerità” è il ricordo di città che si spengono, di cinema che chiudono prima, di macchine ferme nei garage. Si tirava la cinghia. Solo più tardi ho capito come nel nuovo significato si nascondesse una bugia. Le parole sono armi. Gli anni Settanta. La crisi petrolifera, l’esaurimento del ciclo espansivo della Ricostruzione e del Boom, la fine del sistema di Bretton Woods… L’Occidente si dibatteva in una spirale recessiva. La disoccupazione cresceva, i prezzi crescevano. In Italia l’inflazione galoppava sopra il 20%. Un record. “Austerità” significò ridurre i consumi per calmierare i prezzi. In Italia intanto aumentavano le imposte indirette. Qualcuno chiese di tagliare i salari e allungare l’orario di lavoro. Sacrifici. Qualcuno prometteva il rafforzamento dell’apparato produttivo e la lotta alla disoccupazione giovanile in cambio di quei sacrifici. Contro l’inflazione. In nome dell’austerità. Sacrifici, sacrifici, sacrifici. E promesse. Sacrifici, sacrifici, sacrifici. E nulla in cambio. La working class non perse nel decennio nuovo. Perse allora, quando accettò quello scambio.
Il passaggio del tempo deforma i visi, e cambia il significato delle parole. Una volta avevo nostalgia di un futuro diverso.,Oggi la nostalgia è solo il rimpianto per ciò che è passato, e anche per i significati remoti delle parole. Tutto cambia. Ieri l’inflazione era l’avversario, adesso è l’obiettivo. I nemici, invece… I nemici sono sempre gli stessi. Si può mentire con le parole. Lo sapeva bene Orwell. «La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza» recita il triplice comandamento di 1984.