Più antica del vino, più antica del whisky, più antica anche del pane. La birra è una delle prime cose che l’uomo ha inventato e una delle più longeve. Ora si produce in mille modi: esistono le tipologie più raffinate, aromatizzate; le birre dei frati trappisti, le birre dei microbirrifici, fino ad arrivare alle produzioni industriali.
Visto che la coltivazione del grano risale ad almeno 13mila anni fa e quella della birra a qualche millennio dopo, verrebbe da chiedersi a cosa attribuire questo lunghissimo successo. Semplice: è molto buona. In origine, poi, era anche più sana dell’acqua, perché il processo di fermentazione permetteva di eliminare molti batteri nocivi. Era così importante che i sumeri avevano anche una divinità dedicata, si chiamava Ninkasi.
Proprio questo inno a Ninkasi, tradotto da Miguel Civil, contiene delle istruzioni precise per la preparazione della birra. La birra di Ninkasi fu provata nel 1991 da Fritz Maytag, fondatore della Anchor Brewing Company di San Francisco. Risultato: «una bevanda con una concentrazione alcolica del 3,5%, molto simile alle birre attuali, con un sapore secco, poco amaro». Più o meno, «un sidro». Ha una caratteristica interessante, che spiega anche l’utilizzo, più rituale che altro, che se ne faceva: è una birra dalla consumazione immediata.
L’inno contiene (e non è un caso) la ricetta della birra. Dopo una serie di evocazioni rituali (“Tu che provieni dall’acqua che scorre/ tu che hai fondato la città dal lago) si passa alle indicazioni vere e proprie:
“Tu, che sei colei che maneggia la pasta, e la pala / e la mescoli nella cava, con il bappir [pane all’orzo] con aromi dolci / con il miele e poi metti tutto a cuocere nel forno / ordini le pile di grani sgusciati / e spargi con l’acqua il malto / Poi, tu sei la divinità che fa metti a mollo il malto in una giara / le onde vengono, le onde si infrangono / e poi stendi l’infuso su tappetini di canne / lasciando che si raffreddi / e sei colei che tiene in mano l’erba dolce / cucinandola con miele e vino / e poi la metti nel tino, a filtrare, dove emette un borbottìo piacevole / e poi la fai scorrere in un altro tino, a raccoglierla / e sarà un’ondata come quella del Tigri e dell’Eufrate”