«Così porteremo la Silicon Valley in Italia»

«Così porteremo la Silicon Valley in Italia»

«Vogliamo portare la Silicon Valley in Italia. Per fare innovazione i nostri concittadini vanno all’estero? Dobbiamo dire a tutti che da oggi possono restare nel nostro Paese». Sostenere le startup innovative: il deputato a Cinque Stelle Ivan Della Valle ne ha fatto una questione di principio. Dopo aver presentato una proposta di legge, qualche giorno fa il parlamentare torinese è riuscito a far approvare alcuni emendamenti al decreto Banche popolari. Non è una forzatura, il governo è già sensibile al tema. Anzi, proprio l’articolo 4 del provvedimento si occupa di introdurre e disciplinare la categoria delle “piccole e medie imprese innovative”. Realtà che, così sintetizza il dossier della Camera dei deputati, grazie al decreto potranno «accedere ad alcune semplificazioni, agevolazioni ed incentivi attualmente riservati alle startup innovative». 

Approvato alla Camera, il testo è passato all’esame del Senato. Al suo interno anche le piccole correzioni che nelle intenzioni del deputato grillino sosterranno i progetti di tanti startupper italiani. Si va dall’estensione da 4 a 5 anni del regime agevolato, alla creazione di un sito per raccogliere tutti i bandi di finanziamento pubblico. Passando per la sburocratizzazione di precisi passaggi societari. Del resto, fuga di cervelli o meno, in Italia il fenomeno è in crescita. Le startup innovative che oggi operano nel nostro Paese sono almeno 3.400. Quasi ottocento sono nate in Lombardia, le altre un po’ in tutta la Penisola. Senza considerare i 28 incubatori certificati. «Strutture a supporto di queste imprese – racconta Della Valle – Luoghi dove nascono e crescono le startup». 

Una realtà in continua crescita. «Tanto che ormai – continua il deputato – ogni settimana nascono una sessantina di nuove startup». E relativamente nuova. A disciplinare il fenomeno è stato il decreto 179/2012 del governo Monti. Sull’apposita pagina internet delle Camere di commercio italiane si trovano i requisiti che deve avere una startup innovativa. Si parte dall’oggetto sociale esclusivo: «Lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico». Si tratta di aziende giovani, devono essere necessariamente costituite da non più di quattro anni. Avere sede in Italia e una produzione annua di valore non superiore a cinque milioni di euro. Le startup innovative, infine, non distribuiscono utili e non sono state costituite da una fusione o una scissione societaria. 

Con la prima approvazione del decreto Banche popolari, la disciplina cambia ancora. Ivan Della Valle insiste su tre modifiche. Tre emendamenti proposti e approvati durante i lavori a Montecitorio. Il provvedimento allunga la vita delle startup innovative, prorogando da 4 a 5 anni il regime agevolato per queste imprese. Di cosa si tratta? «Le agevolazioni sono diverse. Dall’estensione del contratto di lavoro che rende più facile assumere collaboratori, alle detrazioni fiscali per chi decide di investire in queste aziende». Non è tutto. Presto le startup innovative potranno essere costituite senza dover passare obbligatoriamente dal notaio. Grazie a un emendamento del deputato grillino, l’atto costitutivo e le successive modifiche societarie potranno continuare ad essere redatti per atto pubblico, ma anche per atto sottoscritto con firma digitale. «Ognuno potrà scegliere. È una novità che riguarda gli atti costitutivi, ma anche le possibili variazioni societarie». 

Infine un emendamento che semplificherà la vita degli startupper. Il decreto prevede la creazione di un sito nazionale per raccogliere bandi di finanziamento pubblico destinati a Pmi innovative e startup innovative. Si tratta di un portale dove il ministero dello Sviluppo Economico indicherà «tutte le informazioni e i documenti necessari per accedere ai bandi di finanziamento pubblici e privati diretti e indiretti». Una modifica nata dall’ascolto dei soggetti coinvolti. «Persone del settore, che conoscono l’esistenza di tanti bandi pubblici ma hanno difficoltà a trovarli».

Tra le proposte accolte, anche qualche bocciatura. È il caso dell’emendamento per il coworking. Una proposta di modifica che ipotizzava la creazione di un fondo a disposizione delle pubbliche amministrazioni per lo sfruttamento del patrimonio pubblico non utilizzato – previa riqualificazione energetica e antisismica degli edifici – al fine di istituire spazi di coworking. Niente da fare. Prima della votazione in commissione, l’emendamento è stato considerato inammissibile. «Peccato – racconta Della Valle – Attraverso il coworking spesso nascono nuove imprese. Ma non ci arrendiamo. Presto depositeremo una proposta di legge ad hoc». 

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