Incastrati a vita: storia dell’anello di fidanzamento

Incastrati a vita: storia dell’anello di fidanzamento

Segno di un un’unione, un giogo e un gioco: è l’anello di fidanzamento. La storia di un matrimonio, fortunato o meno, comincia quasi sempre da qui. Il momento della dichiarazione (spesso in ginocchio), il regalo del brillocco (c’è chi lo nasconde da qualche parte per fare una sorpresa); la formula della richiesta di matrimonio. Non ci sono statistiche al riguardo, ma nella storia, la quantità di proposte di matrimonio rifiutate è molto bassa.

Secondo questa infografica animata, realizzata da Vashi, tutto comincia ai tempi dell’Antico Egitto: è lì che la tradizione ha inizio. In realtà le radici storiche sono meno tarde, e risalgono ai tempi dell’antica Roma.

Si sceglieva l’anulare nella convinzione che il dito ospitasse la vena amoris, legata al cuore e segno del sentimento. È un’idea di Aulo Gellio poi diffusa in tutto il mondo nel 1600. All’epoca gli anelli erano due: uno d’oro, da mostrare in pubblico, e uno di ferro, da tenere in casa.

L’idea di introdurre anelli con diamanti risale al 1477, quando l’Arciduca Massimiliano d’Austria lo donò alla sposa Maria di Borgogna. Da quel momento divenne simbolo delle classi più elevate, che se lo scambiavano per i loro matrimoni.

La diffusione a larga scala degli anelli con diamante avvenne grazie a un’idea di marketing della De Beers: durante la Grande Depressione il valore delle pietre preziose è crollato. Si introduce lo slogan “Un diamante è per sempre”, che riesce a convincere non solo che l’anello di fidanzamento sia necessario, ma deve avere anche un diamante. Una campagna che funziona: nel 1939 solo il 10% degli anelli aveva diamanti, nel 1990 sono l’80%.

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