Quello che il Salone del Risparmio non dice

Quello che il Salone del Risparmio non dice

Da anni il Salone del risparmio, nella prestigiosa cornice dell’Università Bocconi e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, vede la presenza di tutte o quasi le realtà aziendali attive nel settore del risparmio gestito e si prefigge di parlare a operatori e risparmiatori dei temi più rilevanti per lo sviluppo del settore.

In Italia sarebbe necessario un intervento di educazione finanziaria a più ampio spettro, che veda come destinatari anche gli adulti

L’edizione di quest’anno, dal titolo “Il Nuovo Risparmio: strumenti per comprenderlo, soluzioni per gestirlo”, si propone di guardare al futuro del risparmio gestito e dedica spazio al rapporto tra risparmio gestito e sviluppo dell’economia reale, rilevante soprattutto in un contesto in cui si è ridotto il credito erogato dal canale bancario, o all’educazione finanziaria dei giovani. Sotto questo frangente però in Italia sarebbe necessario un intervento di educazione finanziaria a più ampio spettro, che veda come destinatari anche gli adulti, chi è già chiamato quotidianamente a compiere scelte che riguardano la gestione dei propri soldi. L’obiettivo dovrebbe essere quello di creare maggiore consapevolezza tra i risparmiatore delle più basilari nozioni di finanza, su temi quali l’inflazione, la diversificazione, l’impatto dei costi dell’investimento, la relazione tra rischio e rendimento.

A guardare al fitto programma dell’evento non mancano le case di investimento che raccontano le loro strategie per investire nell’attuale contesto di tassi bassi o per ridurre la volatilità.  Ci sono però diversi temi, determinanti nella dinamica del settore e nel rapporto con il risparmiatore e le sue scelte di risparmio, che non rientrano minimamente tra gli argomenti all’ordine del giorno. Ecco quali sono alcuni dei grandi assenti tra gli argomenti proposti.

Il ruolo della distribuzione nel settore del risparmio gestito

Il Salone di quest’anno si svolge in un contesto estremamente favorevole per il mondo del risparmio gestito, dati i numeri trionfali relativi alla raccolta del 2014, pari a quasi 130 miliardi e al totale raggiunto dal patrimonio gestito, che ha superato il valore del Pil italiano. L’euforia legata a questi numeri si coglie in molte dichiarazioni rilasciate in questi giorni da diversi responsabili di case di investimento. Il successo dei fondi comuni viene spiegato dalla presunta capacità delle Sgr di creare prodotti nuovi che si adattano ai bisogni mutati dei risparmiatori, piuttosto che dallo sviluppo di nuove strategie di gestione e controllo del rischio.

Il risparmiatore è esposto a un forte conflitto di interessi con chi gli consiglia l’investimento, che ha un chiaro incentivo a vendere un prodotto piuttosto che un altro

Queste nuove esigenze dei risparmiatori fanno male il paio con quanto dicevamo all’inizio circa la scarsa educazione finanziaria degli italiani. Il risparmiatore medio non sa come vuole investire. Si rivolge perciò alla propria banca o al promotore di fiducia da cui viene consigliato. Un fatto ben noto agli operatori è che, almeno per il momento, il fondo comune non si compra, si vende. Non stupisce a questo punto osservare che la massiccia raccolta dei fondi comuni abbia coinciso con un cambio netto di politiche commerciali delle banche negli ultimi due anni, e nemmeno che i fondi che raccolgono maggiormente siano di società di proprietà degli stessi istituti bancari che li collocano tra il pubblico. Questa situazione espone il risparmiatore a un forte conflitto di interessi con chi gli consiglia l’investimento, che ha un chiaro incentivo a vendere un prodotto piuttosto che un altro.

Necessità di contenere i costi

La struttura dei costi dei prodotti del risparmio gestito è decisamente poco trasparente. Non è chiaro al risparmiatore cosa paga e perché lo paga

Date le caratteristiche del mondo del risparmio gestito, che certamente non si rivolge a chi specula o fa trading di breve periodo sul mercato ma a chi investe per il lungo periodo, è indispensabile tenere sotto controllo i costi ricorrenti dell’investimento, perché hanno un enorme impatto sul risultato negli anni. La struttura dei costi dei prodotti del risparmio gestito è decisamente poco trasparente. Non è chiaro al risparmiatore cosa paga e perché lo paga. A peggiorare la situazione contribuisce l’azione di molte società di gestione che fanno ricorso a prodotti con costi poco chiari, come le commissioni di collocamento, che sono andate a sostituire le ben visibili commissioni di sottoscrizione.

Quale innovazione si vuole per il settore

Negli scorsi anni innovazione nel risparmio gestito ha significato principalmente innovazione di prodotto, e i risultati ne sono stati fondi con la finestra di collocamento, in cui la cedola è pagata con il capitale del risparmiatore, o fondi mutli-asset che promettevano il rendimento in qualsiasi condizione di mercato. Poco o niente è stato fatto per semplificare la fruizione, abbattere le barriere di accesso, contenere i costi, aumentare la concorrenza e la possibilità di scelta, come invece è accaduto in altri settori.

La negoziazione dei fondi comuni in Borsa

Una delle principali rivoluzioni nel mondo del risparmio gestito in Italia è la quotazione dei fondi in Borsa. La possibilità di vendere e comperare quote dei fondi comuni direttamente dal proprio home banking. Questa innovazione potrebbe significare l’avvio di un canale complementare e alternativo a quello attuale, ampliando così la domanda. 

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