Fine embargo? Gli americani volano a Cuba per curarsi

Fine embargo? Gli americani volano a Cuba per curarsi

Ci sono i medici senza frontiere, i giornalisti senza frontiere e, sempre di più, i pazienti senza frontiere. Oltretutto il “turismo medico”, un giro d’affari in costante crescita, dovrebbe presto beneficiare di una svolta geopolitica, il disgelo tra Stati Uniti e Cuba, sancito venerdì 9 aprile con il primo incontro tra Obama e Raul Castro, a Panama, al vertice dell’Organizzazione degli Stati Americani. Già oggi migliaia di persone – ma non gli statunitensi, per via dell’embargo – vanno ogni anno nell’isola per il cosiddetto “turismo della salute”. Il fenomeno non riguarda solo L’Avana, è mondiale: ci si sposta per farsi curare in altri Paesi, perché il rapporto qualità/prezzo è migliore, o perché in patria le liste di attesa sono troppe lunghe.

Nel 2013, secondo i dati forniti dalla principale guida in materia, la Patients Beyond Borders, circa 900.000 americani sono andati all’estero per cure mediche. Sempre nel 2013, in tutto il mondo, circa otto milioni di persone hanno compiuto un “viaggio della salute”, creando un business che, secondo  alcune stime, può valere fino a quaranta miliardi di dollari. Tra i trattamenti più richiesti, le cure dentarie e gli interventi di chirurgia plastica.

Il boom del medical tourism ha fatto sorgere organizzazioni no profit, come la Medical Tourism Association, nata in Florida, e società di servizi come la Health Flight Solutions. Il disgelo tra Obama e Castro può dare un ulteriore impulso a questo fenomeno. Al momento la Casa Bianca si è limitata ad allentare le restrizioni sui viaggi nell’isola e gli americani possono partire per un certo numero di ragioni: impegni accademici, visite familiari, attività educative e religiose. Le cure mediche non rientrano ancora nella casistica, ma i vincoli agli spostamenti sono sempre più deboli e in ogni caso già adesso è possibile richiedere una licenza speciale, che viene valutata caso per caso. 

La fine definitiva dell’embargo porterebbe a un boom di viaggi della salute nell’isola, celebre in tutto il mondo per la qualità del suo sistema sanitario, pubblico e gratuito

La fine definitiva dell’embargo porterebbe a un boom di viaggi della salute nell’isola, celebre in tutto il mondo per la qualità del suo sistema sanitario, pubblico e gratuito. Negli ultimi anni sono cresciute le lamentele verso il modello di L’Avana, perché l’invio di medici all’estero, in programmi di scambio dal carattere marcatamente politico – in primo luogo col Venezuela, ma anche con il Brasile – ha finito per impoverire il livello delle prestazioni, e, a causa della miseria diffusa, molti cubani non riescono a permettersi i farmaci, che sono in buona parte a pagamento. L’arrivo degli americani – Miami è solo a un’ora di volo – porterebbe risorse preziose a un sistema asfittico.

Sei ore di fisioterapia neurologica nell’isola costano 200 dollari, a Toronto circa 550

A Cuba, al momento, arrivano molti canadesi, soprattutto per programmi di disintossicazione da alcol e droghe, sessioni di fisioterapia o interventi di chirurgia oculistica. Sei ore di fisioterapia neurologica nell’isola costano 200 dollari, a Toronto circa 550. Dagli Stati Uniti, invece, si parte verso un certo di numero di Paesi per cure contro il cancro e l’obesità, operazioni di chirurgia spinale e plastica, trattamenti di fisioterapia. La prima destinazione ufficiale è il Canada, davanti a Regno Unito, Israele, Singapore e Costarica, ma in realtà moltissime persone che abitano negli Stati Uniti – secondo alcune statistiche, potrebbero essere più di un milione – vanno in Messico. Si tratta soprattutto degli immigrati illegali ispanici di California, Arizona e Texas, che non risultano registrati. In ogni caso, secondo Patients Beyond Borders, ogni anno più di 50.000 americani varcano il confine solo per le cure dentarie. Un altro business è quello dei programmi contro l’obesità. Le città vicine alla frontiera, come Monterrey, Tijuana e Ciudad Juarez, si sono specializzate in questo settore ed offrono programmi che costano molto meno che in America (la convenienza varia dal 40 al 70 per cento). 

Più di 250.000 persone ogni anno partono per curarsi in India, in città come Bangalore, Chennai, Hyderabad, Mumbai e New Delhi, e il business è più che raddoppiato negli ultimi tre anni

Sfogliando i dati forniti dalla stessa guida e dalla società di consulenza Deloitte, si comprendono le dimensioni del fenomeno medical tourism. Più di 250.000 persone ogni anno partono per curarsi in India, in città come Bangalore, Chennai, Hyderabad, Mumbai e New Delhi, e il business è più che raddoppiato negli ultimi tre anni. Inizialmente si trattava di pazienti di altri Paesi asiatici dai sistemi sanitari carenti – Pakistan, Bangladesh, Birmania, Asia Centrale – ma adesso sono cresciuti i flussi dall’Occidente, per problemi oncologici, cardiaci, ortopedici, oppure per trapianti d’organi e trattamenti di fertilità. Le ragioni sono soprattutto economiche: secondo la Medical Tourism Resource Guide, una valvola per il cuore in India costa 15.000 dollari, negli Stati Uniti 150.000.

Un numero ancora maggiore di stranieri (tra i 400.000 e i 610.00) arriva ogni anno a Singapore, rinomata per l’alta qualità delle cure mediche: chirurgia e medicina generale, cardiologia, oncologia, trapianti. Il 70 per cento dei pazienti viene dalla vicina Indonesia. Il centro più all’avanguardia è il Gleneagles Hospital della città-Stato asiatica. Anche la Malesia accoglie molte persone dai Paesi confinanti (media annua 670.000): si parla quasi ovunque inglese e i costi sono bassi, più bassi della stessa India. Alcuni vanno a Kuala Lumpur e a Pennag per uno screening completo (inclusi il controllo di vista, udito e apparato dentario, ed esami approfonditi come la Pet), per cui si spendono circa 1500 dollari.

Una buona fetta del turismo medico va associata alla chirurgia estetica, comprese le operazioni di cambio di sesso. Le destinazioni preferite sono la Thailandia e il Brasile. A Bangkok l’anno scorso sono arrivati dall’estero, per interventi medici di vario tipo, un milione e duecentomila pazienti – 30.000 erano americani -, soprattutto al Bumrungrad International Hospital: novecento medici, 55 specializzazioni, mille stranieri al giorno. I costi sono molto inferiori rispetto all’Occidente. Anche in Brasile gli americani possono risparmiare parecchio (dal 20 al 30 per cento) rispetto a un intervento in patria.   

Tedeschi, svizzeri ed austriaci vanno a curarsi in Ungheria, a prezzi inferiori. A Gyor, nel Nord-Est del Paese, ci sono più di 150 cliniche dentarie che servono pazienti stranieri 

In misura minore, l’health tourism ha preso campo anche in Europa. Tedeschi, svizzeri ed austriaci vanno a curarsi in Ungheria, a prezzi inferiori. A Gyor, nel Nord-Est del Paese, ci sono più di 150 cliniche dentarie che servono pazienti stranieri (gli interventi costano tra il 40 e il 75 per cento in meno rispetto agli USA, sempre secondo Patients Beyond Borders). Molti europei e non pochi americani scelgono la Turchia, rinomata per le sue cure oculistiche. E poi, in un movimento contrario, c’è un buon numero di pazienti – dai 600.000 agli 800.000 – che decidono di andare negli Stati Uniti, malgrado i costi. Tra le cliniche più attrattive per gli stranieri, la Cleveland Clinic in Ohio, il Johns Hopkins Hospital di Baltimora, in Maryland, e la Mayo Clinic, presente in Minnesota, Florida e Arizona. 

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