I dati dell’Osservatorio sul Gioco online diffusi dal Politecnico di Milano sono all’apparenza rassicuranti: nel 2014 la spesa è rimasta stabile rispetto al 2013 (+0,4%) e il numero dei giocatori è sceso dai 734mila al mese del 2012 ai 640mila del 2014. Il peso rispetto al gioco totale – compreso quindi quello “offline” di slot machine e sale giochi – è rimasto stabile, attorno al 4,15 per cento, mentre tutte le altre attività online (come l’ecommerce e il gaming senza soldi) sono cresciute a due cifre. Alla fine del 2014 i siti illegali oscurati erano arrivati a 5.300 e si era ridotto anche il numero di operatori legali.
Nel 2014 la spesa è rimasta stabile (+0,4%) rispetto al 2013 e il numero dei giocatori è sceso dai 734mila al mese del 2012 ai 640mila del 2014
Ma tutte queste cifre ne nascondono altre, molto più inquietanti. Intanto, una questione di lessico: la “spesa”, pari a 728 milioni di euro all’anno, si potrebbe più onestamente definire come la somma delle perdite degli italiani. Per un gioco come una slot machine, tali perdite rappresentano circa un quarto del giocato. I due terzi dei giocatori sono residenti al centro-Sud, cioè l’area più povera del Paese.
«È un’ulteriore conferma di quanto il gioco abbia un effetto regressivo sull’economia. Si gioca di più dove il reddito è minore e dove il tessuto sociale è più fragile», commenta Marcello Esposito, direttore di Link Tank e professore a contratto di International Financial Markets presso l’Università Cattaneo di Castellanza (Va). Anche il fatto che il numero dei giocatori diminuisca, mentre la spesa non scende, «è segno che chi gioca spende di più».
I due terzi dei giocatori sono residenti al centro-Sud, cioè l’area più povera del Paese
Secondo l’Osservatorio, «i due terzi dei giocatori online attivi mediamente in un mese spendono meno di 50 euro e più della metà gioca saltuariamente». Quindi, un terzo dei giocatori spende più di 50 euro al mese. Se si pensa che queste perdite sono solo il 4,15% di quelle totali del gioco, si capisce l’entità di questo fenomeno.
Secondo lo studio, «oltre la metà dei giocatori che aprono un conto gioca saltuariamente (al massimo durante tre mesi nel corso dell’anno), mentre solo il 15% dei giocatori online attivi gioca con costanza durante il corso dell’anno (almeno 9 mesi)».
Un terzo dei giocatori spende più di 50 euro al mese
Esposito, che ha dedicato diverse analisi alla ludopatia, invita a non sottovalutare il gioco online né dal punto di vista sociale né da quello economico. «Se vogliamo limitarci all’aspetto economico, escludendo ogni considerazione di tipo morale – spiega – con il gioco online rischiamo di vedere sfumare gran parte dei ricavi generati. Nel caso del gioco effettuato nei punti vendita fisici, le perdite dei giocatori sono divise tra lo Stato, che impone una tassazione di circa il 50% [tra imposte dirette e indirette, ndR], il barista o gestore del centro scommesse o sala giochi, e le imprese che vendono le macchinette, agenti compresi. Nel caso del gioco online, invece, i profitti, a parte la tassazione, vanno alle società di scommesse che in gran parte hanno sede fiscale all’estero». Anche quando le società sembrano italiane.
Gtech, l’ex Lottomatica che si è nei giorni scorsi quotata a New York, ricorda Esposito, nel 2014, dopo l’acquizione di Igt, ha fissato la residenza fiscale nel Regno Unito. «Se, facendo un’ipotesi, 500 milioni all’anno escono dall’Italia – spiega Esposito -, per il moltiplicatore keynesiano questo significa che se va un miliardo all’anno di Pil». C’è poi il fenonemo dell’evasione fiscale. A marzo la Guardia di finanza ha contestato un’evasione da 300 milioni alla società Pokerstars.
Esposito: «Con il gioco online rischiamo di vedere sfumare gran parte dei ricavi generati, che vanno all’estero»
Negli Stati Uniti, aggiunge il professore della Liuc di Castellanza, «il gioco online è vietato, tranne che in uno Stato, prché considerato eccessivamente pericoloso dal punto di vista sociale. L’origine del divieto risale agli anni ’50-’60, quando furono vietate le scommesse telefoniche perché non si poteva identificare lo Stato di origine della telefonata. Ogni Stato degli Usa ha una sua regolamentazione. L’Europa al confronto ha un atteggiamento estremamente rilassato, perché sull’altare del mercato unico ha reso possibile operare anche da Paesi diversi dell’Unione».
Secondo l’Osservatorio del Politecnico – realizzato in collaborazione con MAG Consulenti Associati e Agipro, e con il supporto di Betfair, Betsson (Starcasinò), bwin Italia, Eurobet, Gioco Digitale, Lottomatica, Paddy Power, PokerStars, Sisal; bet365, Cogetech (iZiplay) e Winga – la spesa totale è il risultato di dinamiche molto diverse.
Quella per le scommesse sportive «è cresciuta dell’11% circa fino a quota 214 milioni, toccando i valori massimi dal 2010, grazie alla presenza nei mesi estivi del 2014 dei Mondiali di calcio e alla presenza del “palinsesto complementare”, che consente di piazzare scommesse su eventi proposti dai concessionari all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e da essa autorizzati».
GTech, l’ex Lottomatica, ha spostato la sede fiscale nel Regno Unito
La spesa «per il Poker nelle sue due componenti “a torneo” e “cash” è diminuita del 20%, fermandosi a 178 milioni di euro, mentre quella per i casinò games (slot) è cresciuta del 7,5% nel 2014 e ha raggiunto 257 milioni di euro. Quella per tutti gli altri giochi (bingo, scommesse virtuali, scommesse ippiche, altri skill games a torneo, lotto, lotterie, ecc.) è in crescita del 9% e vale 79 milioni di euro. La crescita è legata per lo più alle scommesse virtuali (introdotte a dicembre 2013), la cui spesa ha superato i 10 milioni, e al lotto (introdotto ad aprile 2013) che ha superato gli 8 milioni di spesa, in crescita del 71%».
Salgono slot online e scommesse sportive, scende il poker. Ma la tendenza più forte riguarda l’online, che raddoppia
La tendenza più forte, però, è quella che riguarda gli smartphone. «La spesa generata attraverso il canale mobile (smartphone + tablet) – secondo l’Osservatorio – raddoppia e raggiunge i 99 milioni, con un tasso di penetrazione del mercato di quasi il 14%», particolarmente elevata per quanto riguarda le scommesse sportive.
Sul fronte della pericolosità sociale, aggiunge Esposito, le scommesse sportive sono teoricamente meno preoccupanti, perché legate a degli eventi e non continuative. Lo sono invece le slot machine, perché mettono le persone nelle condizioni di continuare a spendere isolandosi dal resto della società.
Dei 728 milioni di euro di spesa, 167 vanno allo Stato sotto forma di tasse, vale a dire il 22,9 per cento. «Per tutti i giochi disponibili sia online che su rete fisica la tassazione è identica», specificano dall’Agenzia delle Dogane e Monopoli a Linkiesta. Gli introiti per lo Stato conteggiati nello studio dell’Osservatorio non tengono conto però dei canoni di concessione e delle altre tasse indirette.
Le tasse sono però oggetto di una revisione, per effetto della Delega Fiscale. Prevista un’aliquota unica al 20%
Le tasse saranno oggetto di una revisione, per effetto della Delega Fiscale, che potrebbe portare a un’aliquota unica del 20% per tutte le tipologie di giochi. «La revisione del quadro impositivo – è la conclusione dello studio – favorirà la competitività del sistema del gioco legale italiano rispetto alle giurisdizioni dot com favorendo ulteriormente la protezione dei minori e dei giocatori».