Portineria MilanoL’assalto alla Diaz riapre la guerra in Finmeccanica

L’assalto alla Diaz riapre la guerra in Finmeccanica

La Corte di Strasburgo condanna l’Italia per le «torture» durante il raid della polizia alla scuola Diaz durante il G8 di Genova nel 2001. E oltre alle polemiche politiche sulla quella pagina oscura del nostro Paese riesplode la guerra dentro Finmeccanica, l’holding della Difesa dove presidente è Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia in quegli anni. E’ un classico cortocircuito di potere all’italiana, una diatriba che coinvolge anche la politica, perché le nomine nei consigli di amministrazione di questa azienda, come di Eni e di altre partecipate, vengono fatte dal governo. Per questo motivo ha destato particolare scalpore tra le fila del Partito Democratico l’uscita di Matteo Orfini, presidente dem, su De Gennaro. «Lo dissi quando fu nominato e lo ripeto oggi dopo la sentenza. Trovo vergognoso che De Gennaro sia presidente di Finmeccanica». E’ un’uscita «normale e coerente»,  secondo chi conosce Orfini, anche perché il giovane turco lo attaccò già all’epoca. Ma fa un certo effetto leggerla in questi giorni dove la guerra interna alla holding della Difesa sta raggiungendo apici mai raggiunti ad appena un anno dalla nomina di Mauro Moretti come amministratore delegato al posto di Alessandro Pansa. Il punto vero, infatti, è la guerra sotterranea che va avanti da mesi tra l’ex numero uno di Ferrovie dello Stato e lo stesso De Gennaro. 

E’ cosa nota tra i corridoi di piazza Montegrappa l’astio tra i due. Del resto non è una novità ricordare che De Gennaro è stato uno degli unici boiardi di stato a rimanere in sella durante il valzer di nomine del 2014, quando scattò la rottamazione renziana che decapitò teste importanti come quella di Paolo Scaroni in Eni o dello stesso Pansa in Finmeccanica. De Gennaro resistette, si disse, grazie all’appoggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma ora, senza più un capo dello Stato dalla sua parte, potrebbe iniziare a tremare. E allora fa pensare quello che alcuni democratici raccontano negli angoli di Montecitorio. «Orfini spesso fa da ventriloquo a Renzi». Veleni in un partito sempre sull’orlo di una crisi di nervi?  Le affermazioni del presidente del Pd, ex dalemiano e quindi ex area De Gennaro, hanno scatenato subito una reazione oltre che dentro il Pd – si parla di una guerra sotterranea tra Orfini e il ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando – dentro il colosso militare italiano. La posizione di Moretti, infatti, potrebbe traballare pesantemente nei prossimi mesi. In questi giorni sono in corso le udienze per la strage di Viareggio, dove l’ex amministratore delegato è imputato di disastro ferroviario colposo, incendio colposo e omicidio colposo plurimo, assieme ad altri 32 indagati ed è stato rinviato a giudizio.

C’è poi chi fa notare che se i conti di Finmeccanica sono in utile lo è soprattutto per la vendita di Ansaldo Sts a Hitachi. Non solo. Tra i reduci della vecchia gestione di Pierfrancesco Guarguaglini c’è chi critica l’ultimo cambio in Alenia, controllata del gruppo, dove a fine marzo è arrivato Filippo Bagnato per sostituire Giuseppe Giordo. Teste che saltano e polemiche. D’altra parte quando Moretti arrivò in Finmeccanica la rivoluzione fu totale. E lo stesso De Gennaro perse alcune deleghe in seno all’azienda. Soprattutto la mossa che fece scattare la guerra fu la nomina in Finmeccanica di due ex fedeli di Niccolò Pollari, gli ex finanzieri Marco Di Capua e Salvatore Lampone, l’altra faccia dell’intelligence italiana per tanti anni in guerra con i degennariani. Qualcuno lo considerò un dispetto proprio a De Gennaro. In Italia c’è sempre un passato che ritorna.

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