Un nuovo metodo per produrre idrogeno direttamente dalle piante potrebbe rivelarsi un sistema economico per generare combustibile da destinare a vetture alternative e aprire la strada a stazioni di ricarica a idrogeno che fanno affidamento sui rifiuti agricoli.
Per diversi anni, Percival Zhang, un professore di ingegneria di sistemi biologici della Virginia Tech, ha sviluppato un metodo enzimatico per separare gli zuccheri complessi – come quelli che si trovano nei materiali vegetali – nelle loro diverse componenti.
Il processo potrebbe convertire in carburante la paglia del mais, lo scarto agricolo più comune negli Stati Uniti
Il processo di Zhang è “libero delle cellule”, nel senso che non richiede l’apporto di microorganismi come quelli adoperati nei processi di fermentazione. Ora, Zhang ha dimostrato che il processo potrebbe essere adoperato per convertire efficientemente la paglia del mais, lo scarto agricolo più comune negli Stati Uniti, in combustibile idrogeno.
Assieme ai suoi colleghi, Zhang ha dimostrato, che il processo produce tre volte la quantità di idrogeno per unità di zucchero rispetto ai convenzionali metodi di fermentazione. La tecnologia è ancora allo stadio iniziale ed è stata dimostrata solamente in scala ridotta utilizzando un reattore di due millilitri. Il team sostiene però che il metodo sia quasi veloce ed energeticamente efficiente quanto i processi esistenti, che impiegano microorganismi per produrre combustibile, incluso l’etanolo cellulosico, da materiali organici.
Il prossimo traguardo sarà quello di incrementare la portata del processo da pochi millilitri a un litro, e Zhang spera di avere fra le mani un processo che possa essere implementato nelle stazioni di rifornimento nel giro di tre anni. Guardando oltre, Zhang immagina come le auto potrebbero montare un reattore in grado di convertire gli zuccheri in combustibile. La commercializzazione di questo processo avverrà tramite una società spinoff da lui fondata.
Il processo potrebbe rivelarsi più caro del previsto per via degli enzimi adoperati al suo interno
I costi potenziali di questa tecnologia restano però incerti. Nonostante gli ultimi lavori siano «molto eleganti dal punto di vista della biochimica e dell’ingegneria», e rappresentino un sistema assai più efficiente per sfruttare le biomasse rispetto alla fermentazione tramite microorganismi, resta ancora molta strada da percorrere prima che un processo finito possa essere implementato su larga scala, spiega Jamie Williamson, un professore di biologia molecolare e chimica dello Scripps Research Institute. Stando a Williamson, il processo potrebbe rivelarsi più caro del previsto per via degli enzimi adoperati al suo interno, che sono molto cari da produrre. Resta inoltre da chiarire se questi enzimi rimarranno stabili su larga scala.
(Traduzione di Matteo Ovi)