Portineria MilanoStoria dell’Ayahuasca, la droga (legale) che ha invaso l’Europa e l’Italia

Storia dell’Ayahuasca, la droga (legale) che ha invaso l’Europa e l’Italia

Mentre in Italia le parole della direzione nazionale antimafia sulla richiesta di legalizzazione della cannabis sono rimaste lettera morta, tra l’attivismo dei Radicali e le ennesime polemiche sulla coltivazione di marijuana di Rita Bernardini, c’è una sostanza psicotropa che continua sempre più a diffondersi in Europa e anche nel nostro paese. È l’ayahuasca, base del movimento religioso del Santo Daime, detta anche vino dell’anima, «droga del ceto medio e medio alto», per citare un pezzo del quotidiano online Pagina99 dove un giornalista raccontava della sua esperienza a Berlino, durante una serata a base di questa bevanda rituale estratta da un arbusto o liana (banisteriopsis caapi) e da foglie (psychotria viridis) della foresta dell’Amazzonia in Brasile. Chi la somministra in Italia – le associazioni sono sempre di più con gruppi su Facebook che la sponsorizzano e organizzano incontri in tutta la penisola – la definisce come una medicina. Ma alcuni esperti universitari di sostanze allucinogene la paragonano a una droga classica, tanto che in Italia nel 2005 ci fu persino un mezzo scandalo finito sui giornali, tra arresti e sequestri e battaglia legale terminata con due sentenze di Cassazione (Sezione IV, 6 Ottobre 2005, n. 44229 e Sezione I, 16 Febbraio 2007, n. 19056) che hanno stabilito che la sostanza non può essere paragonata alle altre droghe vietate nel nostro paese in quanto non «può considerarsi sostanza drogante poiché derivata in maniera naturale da piante presenti in natura nella foresta amazzonica e non prodotta da elaborazione o sintesi umana volta a potenziarne gli effetti». 

Il punto è che l’ayahuasca contiene Dmt, la Dimetiltriptamina, alcaloide presente in piante e funghi che gli sciamani brasiliani hanno usato storicamente (e usano tutt’ora) per entrare in contatto con gli spiriti. È il dmt a permettere appunto le visioni. Di cosa voglia dire assumere Ayahuasca si è letto molto, sia su Pagina99 che su Vice, con reportage persino in Sud Africa. Ma la storia di come sia diventata una sostanza legale in Brasile prima e in Italia poi è meno noto. Eppure è una storia molto affascinante che parla di giornalismo, di sciamani, dei migliori musicisti brasiliani, da Caetano Veloso a Gilberto Gil, di scontri di religione e persino del governo Lula. Quando si parla di Ayahuasca non si può non citare infatti il giornalista Carlos Marques che nel 2013 pubblicò il libro autobiografico dal titolo «La Sou Amigo do Rei». Marques è adesso un ambasciatore dell’Unesco, ma nella vita è stato molto altro, tra cui, come si è lui stesso definito, «un giornalista avventuroso che ha affrontato la dittatura militare, torturato in Brasile e Argentina, un lclandestino a Parigi, amico di celebrità come Salvador Dalì, Jean Genet, Pelé, Krishnamurti e Giovanni Paolo II; regista, musicista, esperto di Ufo, predestinata Apostolo del Santo Daime». 

La storia è forse un po’ romanzata, ma a raccontarla è stato lo stesso Marques, con le testimonianze dei cantautori Gil e Veloso. Tutto ha inizio nel 1969, durante la dittatura brasiliana, quando un un giornalista ventenne della rivista Manchete viene inviato con  un fotografo a Rio Branco, la capitale dello stato di Acre, zone tra le più povere del Brasile tra i principali produttori di gomma nel mondo, dove ancora adesso si contano tribù che non sono mai entrate in contatto con la società occidentale e vivono ancora secondo i regolamenti tribali. Da queste parti, alla fine degli anni ’60 un vescovo cattolico di nome Giocondo Maria Grotto si lamentò della presenza di uno sciamano, tale Raimundo Irineu Serra, che con la sua religione non permetteva al cattolicesimo di espandersi nella regione. L’incontro tra Marques e Serra è la chiave per capire come arriverà poi l’ayahuasca nella società occidentale.

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Spiegò Marques in una delle sue diverse interviste rispetto a quell’incontro: «Senza rispondere, lui mi invitò a sedermi in veranda e, invece di dire chi fosse, mi disse chi ero, in quale giorno ero nato e quello che avevo fatto nella mia vita. Sapeva che ero stato arrestato, torturato e che avevo una cicatrice sulla coscia destra Ho chiesto come sapeva tutto questo, e la risposta è stata: ‘Sei stato inviato a noi’». Che sia vera o no questa storia, resta che quell’incontro permise a quel giovane giornalista ventenne di provare l’ayahuasca, di apprezzarla per gli effetti allucinogeni e medicinali, di portala infine di ritorno a Rio De Janeiro. È qui, sotto un Brasile ancora scioccato dal golpe, che Marques regala una bottiglia del vino dell’anima all’amico, musicista e tropicalista Gilberto Gil. La paragona a una birra allucinogena. Sta di fatto che Gil la apprezza, anzi spiegherà in seguito di aver compreso quale fosse il modo in cui gli intellettuali brasiliani potevano affrontare la dittatura. Il messaggio è di «amare il proprio nemico». L’ayahuasca diventa così una delle grandi protagoniste dei raduni clandestini degli intellettuali di allora. In quegli anni nasce la miglior musica brasiliana di tutti i tempi. E caso vuole che sarà proprio Gil, da ministro della Cultura del governo Lula, nell’aprile del 2008 ad avviare il processo del riconoscimento l’uso di ayahuasca nei rituali religiosi come un patrimonio della cultura brasiliana. Il resto è storia dei nostri giorni.

Cassazione 16 Febbraio 2007, n. 19056

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