Dopo quasi due anni si è concluso a Firenze il processo sul Forteto, comunità di Vicchio del Mugello finita sul banco degli imputati con le accuse di maltrattamenti e abusi sessuali. Nella mattinata dello scorso 17 giugno è arrivato il verdetto del tribunale in primo grado, che ha condannato a 17 anni e mezzo di reclusione il fondatore della comunità Rodolfo Fiesoli, detto “il Profeta”. Con lui altre 15 persone sui 23 imputati, tra cui Luigi Goffredi, “ideologo” della comunità, (8 anni) e Daniela Tardani, altra dominus del Forteto a 7 anni per maltrattamenti. Fiesoli e Goffredi sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici. Assolti invece altri sette imputati. Una comunità modello, che le indagini e una sentenza di primo grado hanno rivelato essere tutt’altro nel corso delle 90 udienze. In un processo che ha visto la ricusazione di un giudice e il tentativo da parte degli avvocati di spostare il processo in quel di Genova.
Quella del Forteto è una vicenda dalle tinte fosche che affonda le radici alla fine degli anni Settanta e arriva ai giorni nostri. Da lì passano decine di minori in affido e tanti soldi pubblici. In visita vanno politici, magistrati, personalità note. In pochi però si accorgono che lì dentro qualcosa non va. Il metodo utilizzato per l’inserimento dei minori nella comunità è quantomeno singolare, e già nel 1985 arriva una condanna per i due fondatori Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi per maltrattamenti e atti di libidine. Nel 2000 fu invece la Corte europea dei diritti dell’uomo a intervenire sanzionando l’Italia per i rapporti recisi tra genitori e figli all’interno della comunità.
Una comunità modello che le indagini e una sentenza di primo grado hanno rivelato essere tutt’altro nel corso dell 90 udienze del processo che hanno visto la ricusazione di un giudice e il tentativo da parte degli avvocati di spostare il processo in quel di Genova
Eppure nei decenni successivi il tribunale dei minori ha continuato ad affidare bambini alle coppie all’interno della comunità. Anche il nuovo caso giudiziario, iniziato nel dicembre 2011 con l’arresto di Fiesoli in seguito alle denunce di alcuni ragazzi che vivevano nelle comunità, ha trovato poco eco sui media. Come è stato possibile?
LE TESTIMONIANZE DELLE VITTIME (i nomi di chi ha testimoniato in qualità di vittima sono di fantasia)
LA STORIA E LA PRIMA CONDANNA NEL 1985
La comunità il Forteto nasce nel 1977 sotto forma di cooperativa agricola. I fondatori sono un gruppo di giovani che frequentano una parrocchia di Prato e si insediano a Farneto, località nel comune di Calenzano. All’inizio sono in 33 e l’ispirazione da cui arriva la comunità è scritta a chiare lettere sul sito ilforteto.it. «Lo scopo dunque non era solo quello di offrire opportunità di lavoro, bensì anche quello di impegnarsi in un percorso di crescita comunitario, di vita sociale collettiva e di accoglienza di minori con handicap fisici e mentali, con un passato di disagio familiare o abusati sessualmente. Maturava l’esigenza – raccontano ancora le schermate del sito – di dare un futuro al gruppo, la prospettiva di una vita in comune. L’agricoltura sembrò allora l’ambiente più adatto per concretizzare l’ideale di vivere insieme, dilatando il concetto delle antiche famiglie contadine toscane, di solito molto numerose e abbastanza simili ad una comunità».
Nel 1982 arriva il trasferimento nell’odierna sede di Vicchio nella fattoria Riconi con i suoi 500 ettari. A Dicomano, a fianco della struttura di accoglienza si trova la cooperativa agricola il Forteto, una realtà imprenditoriale con un fatturato di 15 milioni di euro. Per l’attività di cooperativa agricola, intanto il Forteto beneficia di contributi regionali.
Nel 1985 arriva la prima condanna per i fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, con le accuse di sottrazione consensuale di minorenne, corruzione di minorenne e usurpazione di titolo
Nel 1985 arriva la prima condanna per i fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, con le accuse di sottrazione consensuale di minorenne, corruzione di minorenne e usurpazione di titolo (reato amnistiato). Gli obiettivi di quei comportamenti si leggono nella sentenza: «incutere ad individui dalla personalità – o per età o per altra causa – immatura il timore della riprovazione del “gruppo” costituito dalla comunità guidata dal Fiesoli e dal Goffredi, e dopo aver scardinato, ricorrendo a forme di convincimento ossessive, aggressive, emarginanti ed umilianti, ogni preesistente valore e le figure parentali, in modo da renderli del tutto dipendenti da loro, costretto ad accertare e a praticare il regime di vita da loro imposto nella cooperativa e caratterizzato da promiscuità assoluta tra persone dello stesso sesso; pratica dell’omosessualità; messa a disposizione della cooperativa di ogni risorsa personale; autocritica per colpe mai commesse e per fatti mai compiuti; attribuzioni a terzi di colpe mai commesse; divieto di rapporti eterosessuali anche fra marito e moglie; divieto di contatti con le famiglie di origine e ostilità nei confronti delle stesse da manifestarsi anche con violenza fisica».
Siamo nel 1980 e al consiglio regionale toscano si consuma una seduta che oggi torna più che mai di attualità. Protagonisti sono il consigliere della Democrazia Cristiana Rinaldo Innaco, Rino Fioravanti del Partito Comunista e Camillo Andreoni del MSI. All’ordine del giorno c’è una interrogazione di Innaco e la questione riguardante la delibera per l’acquisizione del complesso immobiliare entro cui poi sorgerà l’azienda agricola del Forteto. Il giudice istruttore (l’equivalente dell’odierno pubblico ministero) all’epoca si era già parzialmente pronunciato nel giudizio su Fiesoli e Goffredo che porterà poi alla condanna in appello nel 1985. Innaco mette in guardia il consiglio proprio su quel punto su qaunto l’operazione immobiliare che la Regione stava per mettere in campo fosse un’approvazione al Forteto. In sostanza un “regalo”.
Gli uffici della Regione avevano infatti stimato i terreni per 280 milioni di lire, mentre alla fine l’accordo di acquisizione fu fatto per 310 milioni. Andreoni interviene e sottolinea come sia «evidente lo sforzo di giustificare con un apparente fine istituzionale della Regione quello che in sostanza è un fine diverso, e cioè un intervento assistenziale indiretto a favore della Cooperativa agricola Il Forteto».
LA RELAZIONE INTEGRALE DELLA COMMISSIONE REGIONALE D’INCHIESTA SUL CASO FORTETO (i nomi di chi ha testimoniato in qualità di vittima sono di fantasia)
Alla fine, grazie a quello che in tanti hanno chiamato “soccorso rosso”, il Consiglio regionale approva l’acquisizione del terreno. Intanto il credito morale nei confronti del Forteto si rafforza. E lo stesso giudice istruttore scrive: «Poiché gli imputati adducono a loro difesa l’affidamento di minori o di psicolabili da parte del Tribunale per i minori e di vari Consorzi sociosanitari, questo giudice istruttore non può non rilevare, così come del resto hanno fatto i periti psichiatrici, la leggerezza con cui sono stati effettuati tali affidamenti, senza adeguata informativa e successivi controlli». Era il 28 ottobre 1980, rimarca la commissione d’inchiesta.
Si conta, alla fine, che alla cooperativa agricola e alla fondazione siano finiti circa 1,3 milioni di euro tra il 1997 e il 2001. La comunità invece rifiutava le rette che i comuni versavano alle famiglie per mantenere i minori accolti. Un gesto che all’apparenza risulta di responsabilità sociale, ma che ha aperto più di un interrogativo. Come si rileva agli atti della commissione servizi sociali ed enti locali, è vantaggioso collocare i minori nella struttura a costo zero e, come è capitato, a controlli zero. Senza rette, di fatto si sottraggono risorse ai minori disagiati, che sarebbero poi i veri destinatari dei sussidi.
Il riepilogo dei fondi pubblici finiti al Forteto negli anni tra il 1997 e il 2001
POLITICI, MAGISTRATI, MEDICI E VIP, SI VA TUTTI AL FORTETO
La domanda che si fa la commissione d’inchiesta sembra scontata. «Com’è possibile che, anche dopo le sentenze passate in giudicato e nonostante tutta l’attività inquirente che fermentava attorno alla comunità, si sia continuato ad affidare minorenni a persone residenti all’interno del Forteto?».
Si dà una risposta altrettanto scoraggiante: «Un ‘perché’ pienamente giustificatorio probabilmente non ci sarà mai. Sul come, però, è stato possibile farsi un’idea grazie alle numerose testimonianze che – in maniera univoca e concordante – hanno via via restituito il quadro di una continua ricerca di relazioni da parte di Fiesoli con personalità della politica, della magistratura, della cultura e della comunità scientifica».
Alla cooperativa agricola e alla fondazione sono finiti circa 1,3 milioni di euro tra il 1997 e il 2001
Nella relazione finale Fiesoli, negli anni difeso da buona parte della sinistra toscana e non solo, viene descritto come «paziente ed accurato tessitore di una rete di relazioni e conoscenze eccellenti ciascuna delle quali concorreva, consapevolmente o meno, a un duplice risultato: da un lato conferire maggior credito alla struttura del Forteto nel suo complesso di realtà produttiva, sociale ed economica; dall’altro aprire nuovi orizzonti e nuovi contatti utili a ramificare ulteriormente quella stessa rete».
Sufficiente, a titolo di esempio, il fatto che a un mese dall’arresto nel novembre 2011, lo stesso si trovi a Palazzo Vecchio per partecipare come relatore a un convegno della rassegna TEDxFirenze, evento culturale «votato alla diffusione di idee di valore». Ovviamente i riferimenti a Fiesoli spariranno dal sito dall’iniziativa e da YouTube in cui sono visibili tutti gli altri interventi tra cui quelli di Jovanotti e dell’allora inquilino di Palazzo Vecchio Matteo Renzi. Il Corriere Fiorentino però conserva ancora memoria di quell’intervento.
IL VIDEO DELL’INTERVENTO DI FIESOLI AL TEDxFIRENZE NEL NOVEMBRE 2011
L’accreditamento presso la pubblica opinione è un’opera che va costruita nel tempo, così tra il 1980 e il 2010 vengono pubblicati circa una quindicina di libri sul Forteto in cui si teorizza il modello Forteto e il concetto di “famiglia funzionale” su cui si basa la filosofia di accoglienza e inserimento.
Famiglia funzionale: nozione coniata dal Forteto, che vi impernia la propria filosofia legata all’educazione dei minori e agli affidi, si sviluppa in opposizione al concetto corrente di famiglia. E’ composta da due persone – un uomo e una donna – spesso accomunate solo da conoscenza superficiale e in ogni caso non legate da vincoli affettivi, ritenuti nocivi.
Libri che hanno visto la partecipazione di filosofi e storici con la pubblicazione da parte della casa editrice Il Mulino, come La strada stretta: storia del Forteto del 2003, mentre nel 2009 il testo Il libro dimenticato dalla scuola di Fiesoli e Goffredi viene presentato ancora a Palazzo Vecchio nel 2009. L’ultima opera di Fiesoli del 2010 vanta, “Fili e nodi” pure una prefazione firmata da Antonio Di Pietro che, guardacaso, entra in parlamento nel 1997 candidandosi proprio nel collegio 3 della circoscrizione Toscana, cioè nel Mugello.
La lista dei passaggi dal Forteto è lunga e la fa la commissione presieduta dal consigliere regionale Stefano Mugnai. «Per fornire un’idea di massima del fenomeno tentiamo di ricostruire dalle testimonianze ascoltate un elenco dei personaggi che, a vario titolo e con differenti modalità, passano al Forteto: Edoardo Bruno, Piero Fassino, Vittoria Franco, Francesca Chiavacci, Susanna Camusso, Rosi Bindi, Livia Turco, Antonio Di Pietro, Tina Anselmi, Claudio Martini, Riccardo Nencini, Paolo Cocchi, Michele Gesualdi (Presidente Provincia di Firenze), Stefano Tagliaferri (Presidente Comunità Montana del Mugello), Alessandro Bolognesi (Sindaco di Vicchio), Livio Zoli (Sindaco di San Godenzo e Londa), Rolando Mensi (Sindaco di Barberino di Mugello). E poi i magistrati del Tribunale per i Minorenni di Firenze, a cominciare dai presidenti che si sono succeduti (Francesco Scarcella, Piero Tony, Gianfranco Casciano), dal sostituto procuratore Andrea Sodi, i giudici Francesca Ceroni e Antonio Di Matteo e il giudice onorario Mario Santini. Frequenta Il Forteto Liliana Cecchi, allora presidente dell’Istituto degli Innocenti di Firenze, ma anche molti medici tra cui Roberto Leonetti (responsabile dell’Unità funzionale Salute Mentale Infanzia-Adolescenza per la zona Mugello). Non mancano i professionisti: volti noti come i giornalisti Rai Betty Barsantini e Sandro Vannucci, ma anche avvocati come Elena Zazzeri, presidente della Camera Minorile di Firenze».
C’è chi si ferma giusto il tempo di una visita, e chi, invece, diviene frequentatore assiduo fino a intrattenere rapporti di amicizia con i fondatori.
E che si diceva della sentenza del 1985? «Sì, la sentenza c’è stata, però è stato un errore di interpretazione, perché ci sono state malelingue, ci sono state famiglie invidiose, ci sono state persone che ne hanno fatto un discorso economico, sono invidiose di noi, noi siamo una struttura che funziona bene, non ci hanno capito, questi sono tutti quelli che hanno un modello retrivo di cultura legata alla famiglia»
Così ha riferito Marino Marunti, ex Responsabile dell’Unità Funzionale per la Salute Mentale di Infanzia e Adolescenza della Asl 10 per la zona Mugello, sentito dalla commissione d’inchiesta su quel che si sussurrava negli ambienti vicini al Forteto.
«Voglio dire – proseguiva Marunti -, Giampaolo Meucci, senza fare nomi, era uno che era chiaramente pro Forteto, tutta una parte di quel giro, no? Ci sono altri all’epoca. E allora praticamente questa levata di scudi nei confronti di questa struttura ha permesso poi, stranamente a mio avviso, che rimanessero anche i minori […] tant’è che il Tribunale decise comunque di continuare a dare loro gli affidi».
Allo stesso modo il giudice del tribunale dei minori Antonio di Matteo era in confidenza e in amicizia con lo stesso Fiesoli. Insomma, una parte consistente della politica, della magistratura e della sanità era sempre e comunque dalla sua parte, e la stessa Coop di Firenze altrettanto visti i numerosi articoli apparsi sulle proprie pubblicazioni. Senza contare che al Forteto si vota, soprattutto a sinistra e ci si fa votare con le passerelle elettorali
A confermarlo è lo stesso presidente della commissione d’inchiesta bipartisan in un’intervista a La Nazione. «Anni prima i consiglieri Banchi e Ciucchi, uno dell’opposizione, l’altro della maggioranza, avevano firmato un’interrogazione sul Forteto. Il giorno dopo Banchi subì una perquisizione nel suo ufficio in Regione per fatti che si sono rivelati assolutamente inconsistenti. Tanti altri colleghi, in maniera ’benevola’ mi suggeriscono di maneggiare con cura. Emerge che il Forteto è una potenza politica, economica e culturale. Anche il presidente del consiglio Monaci mi fa un ragionamento del genere».
Sanno bene la regola anche due dirigenti dell’Asl 10 di Firenze assegnati alla zona del Mugello come responsabili per le Unità Funzionali per la Salute Mentale degli adulti e per la Salute Mentale di Infanzia e Adolescenza. Sono i dottori Massimo De Berardinis e Mario Marunti. Vengono ascoltati nella seduta della commissione d’inchiesta nel novembre 2012.
De Berardinis sbarca in Mugello nel 1997 e poco dopo il suo arrivo viene invitato al Forteto. «Una pratica, una consuetudine», dicono i colleghi a De Berardinis. «Sono andato a quest’invito – dice il dirigente -: si trattava di una specie di merenda o qualcosa del genere, nella quale ho conosciuto personalmente […] questi due signori: il signor Goffredi e il signor Fiesoli. Devo dire la verità: il clima che c’era in quest’incontro mi sembrava piuttosto strano, non ne comprendevo… c’era come un’atmosfera di amicizia presunta, non mi sono sentito a mio agio e quindi dopo un breve momento di educazione me ne sono andato».
Nel 2000 fu la Corte europea dei diritti dell’uomo a intervenire sanzionando l’Italia per i rapporti recisi tra genitori e figli all’interno della comunità
Successivamente si recherà a un dibattito prendendo parte al pubblico e racconterà ai commissari: «le cose che venivano sostenute erano prima di tutto contro legge: la legge sugli affidi non era assolutamente nulla di quanto si sosteneva in quelle occasioni e la posizione, che veniva in qualche modo rappresentata come una posizione ideologico/concettuale, era assolutamente paranoide […] ricordo che c’era un magistrato: non saprei dirlo con sicurezza, ma credo… sì, sicuramente c’era un magistrato: non mi ricordo se era il Presidente del Tribunale dei Minori o qualcosa del genere. […] Era in palese contrasto tutto ciò che veniva presentato come una filosofia di quest’istituzione, una filosofia decisamente disturbata, diciamo così».
Dello stesso tenore le impressioni di Marunti, colui che ha in carico i minori su cui nel 2001 ha sentenziato la Corte Europea. I due medici parlano chiaro ai tavoli dell’Asl, ma la risposta che ricevono dal direttore generale Paolo Menichetti è spiazzante e la riporta Marunti nel corso della sua audizione: «è vero, c’è stata questa sentenza – rispose il direttore generale dell’Asl, però in fin dei conti Il Forteto è una struttura benemerita e meritoria, quindi deve ricevere tutto l’appoggio e tutta l’attenzione professionale» A questo punto – spiega ancora Marunti – si fa un giro dove ognuno dice la sua rispetto al tema, io dico che […] in fin dei conti bisognava capire meglio certe cose, Menichetti si irrita e dice […] “e comunque qui siamo un gruppo che deve lavorare tutto unito, andando nella stessa direzione che viene considerata quella più utile, più produttiva, più…” io gli risposi che, siccome ero un dirigente e avevo la mia autonomia professionale, avevo firmato un contratto dove c’era scritto che avevo piena autonomia professionale e che rispondevo di quello che facevo […] io andavo a diritto su quella che era la mia convinzione».
De Berardinis (ex responsabile per le Unità Funzionali per la Salute Mentale degli adulti): «C’era un certo atteggiamento nelle istituzioni locali: quello di voler individuare in quest’istituzione un punto di riferimento proprio per gli affidi e la cosa mi preoccupò»
De Berardinis ebbe uno scontro duro con Menichetti: «C’era un certo atteggiamento nelle istituzioni locali: quello di voler individuare in quest’istituzione un punto di riferimento proprio per gli affidi. La cosa mi preoccupò, non ero direttamente coinvolto, ma mi preoccupò e chiamai quello che era l’allora mio direttore di dipartimento, perché restai molto colpito da questa cosa che lessi (si riferisce alla sentenza della Corte Europea dove era citata la condanna del 1985, ndr). […] Chiamai […] l’allora direttore del dipartimento, e parlai con lui di questa cosa, manifestando a lui la mia preoccupazione che l’azienda (sanitaria, ndr) potesse essere coinvolta in una situazione di questo tipo. Pensavo di essere quello che cadeva dal pero e il collega mi disse “ma no, ma guarda che…” […] e avemmo una discussione abbastanza forte, perché gli dissi “ma guarda che qui si dice che questa è una sentenza della Cassazione: non solo, qui si dice che queste persone sono ree confesse, non c’è dubbio” […] Avemmo questa discussione abbastanza animata, perché mi disse “no, no, assolutamente non la devi prendere così, le cose non stanno così, queste sono persone perbene” e io dissi “ma come sono persone perbene?! veniamo trascinati nel fango in una maniera assurda da una cosa del genere!”, beh, la cosa in qualche modo terminò con questo discorso così. Il giorno dopo venni chiamato dal direttore generale… il dott. Menichetti, Paolo Menichetti, il quale mi chiamò e mi chiese come mai c’era stata questa discussione animata […] e io dissi “ma come perché c’è stata questa discussione animata? Voglio dire, leggo che queste persone sono state coinvolte in una sentenza dove ci sono dei reati e si parla del fatto che la nostra zona, la nostra realtà sanitaria, quindi l’azienda rischia di appoggiare un progetto di questo tipo e la cosa infamante da tutti i punti di vista”, quindi dico “la mia preoccupazione è per i nostri servizi, per la nostra azienda e anche, giustamente, per lei, che è il direttore e viene trascinato in una situazione di questo tipo”. […] In seguito a quest’incontro ci fu una riunione»
La stessa riunione che mise Marunti in “clima di isolamento e mobbing” scrive la commissione: lo stesso si colloca poi in pensione anticipata all’inizio del 2010.
In questi decenni il grande assente è stato il controllo sulla struttura. Com’è possibile? A rispondere, ancora una volta, è la commissione d’inchiesta. Negli anni il Forteto è stato almeno due cose diverse e contemporaneamente la stessa cosa. Prima di tutto la comunità, a cui nel 1998 con la finalità dichiarata di diffondere l’esperienza sociale ed educativa della stessa, si vede affiancata dalla Fondazione Il Forteto. Poi trasformatasi in Fondazione Il Forteto Onlus al cui vertice è stato nominato Luigi Goffredi.
La posizione, riconoscono i servizi sociale, è giuridicamente anomala. Dunque non si configurava «nè la funzione di controllo esercitato nell’ambito della Commissione Multidisciplinare di Vigilanza e Controllo dell’Azienda Sanitaria non essendo il fioretto né una struttura residenziale né altra tipologia prevista dalla normativa regionale sulle strutture di accoglienza previste peri i minori».
La cooperativa peraltro non ha nei suoi scopi l’accoglienza dei minori e non intrattiene rapporti con gli enti preposti a tale fine, non ricevendo di fatto finanziamenti a questo titolo. «Formalmente gli affidi – rileva la commissione d’inchiesta – venivano effettuati a persone appartenenti alla comunità Il Forteto, ma non direttamente alla comunità come soggetto complessivo».
Tra operatori della sanità, operatori sociali e tribunale dei minori c’è un rimpallo di responsabilità che fa scrivere nero su bianco ai commissari: «Par di capire da quanto acquisito durante le audizioni, supponeva che qualcun altro avesse controllato». Non sfugge che – scrive ancora la commissione -, mentre il Tribunale per i Minorenni ci ha riferito di individuare le famiglie ove collocare i minori fidandosi in tutto e per tutto delle valutazioni stilate dai servizi sociali, questi ultimi ribaltano completamente gli equilibri e le responsabilità. Così gli allarmi così non scattavano, fino ai 23 avvisi di garanzia per maltrattamenti e altri reati. Tra cui l’abuso sessuale del 2011.
(In foto Luigi Goffredi, uno dei fondatori del Forteto, condannato in primo grado a 8 anni/Dorine Ruter/Flickr (CC))