«Grecia-Ue? È la sfida finale tra neoliberisti e sinistra»

L’intervista

Meno di un’ora. Tanto è durata l’attesa riunione tra i rappresentanti del governo greco e l’Eurogruppo. Doveva essere decisiva, così non è stato. La Grecia ha proposto un piano, fatto di pochi tagli, di aumenti di tasse alle imprese. I creditori, soprattutto il Fondo Monetario Internazionale guidato dalla francese Christine Lagarde, l’hanno rispedito al mittente e chiedono più coraggio sugli aumenti dell’Iva e sulle pensioni. Un colpo di scena inatteso, dopo le aperture dei giorni scorsi e la volontà, in primis del governo tedesco e della canceliera Angela Merkel, di arrivare a un accordo. Coerente con gli interessi diversi in gioco e, soprattutto, figlio di visioni economiche e politiche diametralmente opposte. Sulla Grecia si sta giocando una partita politica dalle conseguenze difficili per Atene e per l’Europa.

Nikos Sverkos è un giornalista greco e scrive per il quotidiano di Atene Efimerida ton Syntakton. Dopo essersi occupato di Syriza per anni è passato negli ultimi cinque mesi a seguire da vicino le trattative e i negoziati tra il Governo di Atene e il Brussels Group.

Nikos, quando si parla delle trattative sulla Grecia ci siamo abituati agli stop and go continui. Soprattutto a Bruxelles. Prima di ogni incontro regna l’entusiasmo, che lascia il posto all’amarezza non appena si scopre che non è stato compiuto nessun passo avanti. Perché dobbiamo credere che questa volta sarà diverso, soprattutto dopo quel che è accaduto nelle ultime ore? 
Se guardiamo agli eventi in modo dettagliato, ma anche un po’ distaccato, non si può non considerare che i negoziati tra il Governo greco e le istituzioni abbiano avuto un’evoluzione significativa in questi mesi. Basta pensare che quel clima da guerra che c’era nei primi incontri, quando Yanis Varoufakis veniva attaccato da tutti, non c’è più. Soprattutto se guardiamo al clima di questi giorni. C’è molta meno ostilità.

«L’Eurogruppo, la Bce e poi il Fmi sono molto a disagio nel doversi confrontare con un esecutivo manifesto della sinistra radicale»

Credo, però, che il dettaglio più interessante da rilevare riguardi soprattutto l’atteggiamento delle istituzioni, che appaiono oggi molto meno coese che in passato. Il Fondo Monetario Internazionale, sicuramente l’istituzione meno flessibile tra quelle componenti l’ex Troika, ha chiesto altre misure di austerità. I creditori europei, invece, sono meno rigidi. È evidente che al loro interno c’è una certa disgregazione, che si riflette nella stesura di proposte illogiche a livello economico e politico. Per questo credo che i cambiamenti dei toni avuti in questi giorni siano il risultato di una tattica precisa seguita dal Governo greco, che ha scelto di rendere pubbliche le richieste avanzate dall’ex troika. In questo modo hanno reso chiaro un po’ a tutti che l’Eurogruppo, la Bce e poi il Fmi sono molto a disagio nel doversi confrontare con un esecutivo manifesto della sinistra radicale. 
 

 https://www.youtube.com/embed/uY5Cj5zWRYM/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Le ultime misure presentate da Tsipras, però, sono state salutate da tutti come “una buona partenza”. Questo perché i punti – dalle pensioni all’Iva – che Atene non voleva toccare, sono stati toccati? 
Il Governo Tsipras sa benissimo che le misure presentate domenica scorsa non rientrano nel programma elettorale di gennaio. Ma su questo Tsipras è stato onesto finora. Una volta eletto ha promesso di impegnarsi per portare a casa un accordo che fosse il più possibile equo per i cittadini, in grado di tagliare i ponti con i passati cinque anni di austerità. Quindi, si, sono state fatte alcune concessioni ai creditori europei, ma per evitare lo scenario peggiore. I cittadini sembrano averlo compreso, perché i sondaggi danno comunque il Governo in testa. Credo che comunque si tratta delle ultime concessioni che il Governo può permettersi di fare e che farà nei giorni a seguire. 

«Se non ci sarà accordo, in Grecia si andrà con ogni probabilità a nuove elezioni»
 

Però, ieri, poco prima di arrivare a Bruxelles Tsipras ha accusato il Fondo Monetario Internazionale di voler boicottare l’accordo con i creditori europei. Perché? 

Il Fondo Monetario Internazionale gioca un ruolo decisivo in questi negoziati. Christine Lagarde, che prima si è congratulata con il piano di proposte presentato domenica, alla fine si è scagliata contro tutte le misure avanzate al suo interno. È un gioco molto pericoloso, non soltanto per lo stato dei negoziati, ma per l’economia in generale. Credo, però, che il cambio di umore dell’Fondo Monetario sia dovuto alla situazione  politica tedesca. Questo perché Angela Merkel e soprattutto Wolfgang Schauble vogliono la continuazione del programma del Fondo Monetario in Grecia. Quello a cui si assiste in questi giorni è il braccio di ferro tra una politica neo-liberale e un nuovo governo di sinistra. È una battaglia politica. Ed è a dimensione europea, non soltanto nazionale. 
 

Su quali alleati può contare Tsipras, ora? Perché anche una parte di Syriza sembra non essere dalla sua. Prevedi una futura crisi poltica? C’è il rischio di nuove elezioni? 
Tutto è possibile. Syriza aspetta di vedere l’accordo finale per esprimersi, ma le prime impressioni sono molto negative. Detto questo non è facile fare predizioni. Potrebbe votare contro il documento o anche uscire dal governo, continuando però a supportarlo. Può anche darsi, però, che se lo stato dei negoziati resti questo, possa non esserci alcun accordo. Cosa che avrebbe comunque delle conseguenze, tra cui molto probabilmente anche nuove elezioni. 

Alcuni credono che per Atene un default sarebbe meglio di un cattivo accordo. Tsipras è tra questi? 

No, Tsipras non è tra questi. È un politico ottimista e crede che l’Eurozona e la Grecia arriveranno a una soluzione ottimale per entrambe. È vero, però, che da quando i negoziati sono entrati in questa fase di stallo è cresciuta in Syriza la parte dei deputati che chiede al Governo di non cedere su alcuni punti, a ogni costo. E non è detto che Tsipras non accetti queste richieste. L’unica cosa sicura è che il fallimento definitivo dei negoziati avrebbe rapide conseguenze a livello politico.