«Kheda ha solo 17 anni, abito bianco, velo, bouquet e occhi bassi. Quello che colpisce è la sua tristezza infinita, muta, disperata». Da qualche tempo questa adolescente cecena è diventata il simbolo delle spose bambine. Pochi giorni fa le fotografie del suo matrimonio con il colonnello della polizia Nazhud Gucigov – trent’anni più anziano – hanno fatto il giro del web. Ma la storia di Kheda è solo una delle tante. Come racconta la deputata socialista Pia Locatelli, in tutto il mondo si celebrano ogni anno 60 milioni di matrimoni forzati. «La maggior parte riguarda ragazze giovanissime, spesso bambine al di sotto di quindici anni. In alcuni casi hanno dodici anni, in altri addirittura nove». La deputata, coordinatrice dell’intergruppo parlamentare sui diritti delle donne, parla senza mezzi termini di “pedofilia legalizzata”. Un fenomeno drammaticamente diffuso. Almeno 146 Paesi consentono di sposare ragazze minori di diciotto anni. In 52 casi i matrimoni possono essere contratti anche con minori di quindici anni. «Ma anche dove la legge lo impedisce – continua Locatelli – si verificano casi limite di matrimoni combinati con bambine anche di otto o dieci anni».
L’Onu: In Bangladesh, Ciad, Guinea, Mali, Mozambico e Niger una ragazza su dieci ha un figlio prima dei quindici anni. Sono 2mila le adolescenti nate in Italia e costrette a sposarsi
Adesso un’iniziativa politica denuncia il dramma di queste adolescenti. Le protagoniste della campagna contro le spose bambine si sono riunite stamattina a Palazzo San Macuto. Insieme a Pia Locatelli c’è la Pd Sandra Zampa, vicepresidente della commissione Infanzia. E con loro la presidente dell’associazione italiana donne per lo sviluppo (Aidos) Maria Grazia Panunzi. Colpiscono alcuni dati. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite in Bangladesh, Ciad, Guinea, Mali, Mozambico e Niger una ragazza su dieci ha un figlio prima di quindici anni. È un fenomeno che riguarda spesso le regioni dell’Africa centrale e occidentale – qui si registra il sei per cento dei casi – ma anche Paesi molto più vicini. «Sull’altra sponda del mare Adriatico e del Mediterraneo, forse un po’ più a Sud» dice Pia Locatelli. Persino nelle nostre città, dove il fenomeno ha accompagnato specifiche migrazioni. Secondo le stime, ogni anno 2mila adolescenti nate in Italia sono costrette a sposarsi nei paesi di origine.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Le spose bambine sono ovviamente le prime vittime. «Private del diritto all’infanzia, al gioco, allo studio – continua Pia Locatelli – Ma anche alla possibilità di scegliere, di amare, di decidere della propria vita e del proprio corpo. Schiave di padri, prima. Di mariti, ma anche di suocere e cognate, poi». Giovanissime, hanno l’età per essere figlie. E invece diventano madri. Lo spiegano i dati pubblicati dall’Unfpa, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione. Prendendo in considerazione i soli Paesi in via di sviluppo, ogni giorno partoriscono 20mila ragazze minorenni. Oltre sette milioni di madri l’anno, di cui due milioni minori di quindici anni. «Tali gravidanze – si legge nel rapporto Unfpa – non sono il risultato di una scelta deliberata, quanto dell’assenza di scelte, di circostanze al di fuori del controllo delle giovani. Riflettono l’impotenza, la povertà e la pressione subita da partner, pari, famiglie e comunità. Inoltre, in troppi casi, sono il risultato di violenza sessuale e coercizione».
Una realtà dalla conseguenze spesso drammatiche. Ogni anno almeno 70mila adolescenti perdono la vita per complicazioni legate alla gravidanza e al parto. Senza dimenticare i figli, le alte vittime del fenomeno. «Chi nasce da una madre-bambina – spiega Pia Locatelli – ha un’alta probabilità di morire in età neonatale. E anche quando sopravvive corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi e fisici».
«Chi nasce da una madre-bambina ha un’alta probabilità di morire in età neonatale. E anche quando sopravvive corre maggiori rischi di denutrizione e di ritardi cognitivi e fisici»
Difficile conoscere i dettagli del fenomeno in Italia. Una ricerca dell’organizzazione Le Onde Onlus pone le basi per un approfondimento di indagine. Il rapporto presenta alcuni dati relativi alle comunità immigrate nel nostro Paese, che se debitamente incrociati possono fornire «con grande cautela, indicazioni di base sulle popolazioni a rischio». Analizzando le realtà straniere e i dati Unicef sulla propensione al matrimonio precoce, lo studio individua alcune comunità più esposte al rischio. Tra queste spiccano i paesi del sud est asiatico (Bangladesh, Pakistan, India, Sri Lanka). Con loro alcuni paesi africani (Senegal, Ghana, Nigeria, Egitto) e le più numerose comunità provenienti da Marocco e Albania.