La Tunisia torna al centro del Mediterraneo, per la seconda volta nel giro di pochi mesi. Era successo a marzo, quando alcuni uomini armati erano entrati al museo del Bardo di Tunisi assassinando venti persone tra cui quattro turisti italiani. Succede oggi, dopo che un altro commando di terroristi ha attaccato la spiaggia di due resort a Sousse, seminando ancora la morte.
In questi mesi Linkiesta ha scritto molto sul Paese nordafricano. Abbiamo parlato con due donne che ci hanno aiutato a capire meglio cosa succede dall’altra parte del mare. Abbiamo analizzato gli eventi e raccontato alcune storie. Come quella di Marouane Douiri, alias Emino. Un rapper tunisino che lo scorso marzo ha abbandonato la vita da artista per arruolarsi con l’Isis.
Nei giorni successivi all’attentato del museo del Bardo abbiamo incontrato Lina Ben Mhenni, giornalista e blogger tunisina. Intellettuale, un posto in prima fila nelle rivolte che avevano portato alla caduta di Ben Ali, al nostro giornale aveva fatto un appello per non lasciare solo il suo Paese. «Nonostante quello che è successo – spiegava – le tunisine e i tunisini non si arrenderanno. Combatteremo questi criminali fino alla fine».
Ma perché la Tunisia è di nuovo lo scenario di un attentato terroristico? Non tutti sanno che questo è uno dei Paesi con il maggior numero di combattenti arruolati nell’Isis. Secondo il governo negli ultimi anni almeno tremila giovani sono andati in Iraq e Siria per sposare la causa del Califfato. L’origine di questo primato si può trovare nella difficile situazione economica di una parte della popolazione tunisina, ma anche nel rapido tradimento delle speranze coltivate dopo le proteste del 2011.
Di fondamentalismo islamico Linkiesta ha parlato anche con Gihén Ben Mahmud. Una disegnatrice di fumetti tunisina, che da otto anni vive e lavora a Milano. «Dopo la cacciata di Ben Ali – raccontava – si sono aperti maggiori spazi e la predica religiosa, in particolare nei canali satellitari, si è fatta ancora più incessante. Io stessa, che non ero stata mai contestata per le mie opere, adesso ricevo delle critiche. Le donne che raffiguro sono troppo sexy per certi standard».
Lo scorso ottobre, subito dopo le elezioni tunisine, Lina Ben Mhenni aveva raccontato la difficile situazione politica in Tunisia. Dove, nonostante le rivolte di piazza, gli uomini del vecchio regime continuano a occupare i posti di potere.