La questione, a suo modo è semplice: c’è un debitore, la Grecia e ci sono dei creditori, le istituzioni (Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale). Il debitore non riesce a ripagare il creditore, ma gli chiede altri soldi per sopravvivere (e per ripagarlo, un domani). I due si mettono a discutere su cosa ci sia da fare affinché il debitore non si ritrovi presto nella medesima situazione in cui è oggi.
Questo, in teoria, è ciò di cui si sta parlando. E il punto deve essere chiaro: possiamo essere solidali con i greci, possiamo compatirli, possiamo augurarci di non trovarci mai nella loro situazione o pensare cinicamente che se i “cattivi” creditori saranno buoni con loro lo saranno pure con noi, sai mai dovesse succedere. Ma no, non siamo tutti Greci e, soprattutto, non siamo dalla loro parte. La rinegoziazione del debito e la sua eventuale riduzione devono essere condizionate a che la situazione di grave difficoltà non si ripeta più, a vantaggio sia degli altri paesi europei che della Grecia, come paese capace di crescere grazie alle proprie gambe.
Non siamo dalla parte dei greci perché prendersi delle responsabilità è cosa buona e giusta. E proponendo un referendum su non si sa bene cosa – una bozza di accordo che non è più valida, essendo già stata ritirata da chi l’ha proposta – il premier greco Alexis Tsipras ha rinunciato soprattutto ad affermare questo principio. Quello che per alcuni commentatori, come Christian Raimo su Internazionale, è esperienza massima di democrazia diretta, in opposizione all’insensibilità dei creditori rispetto agli sforzi fatti dal governo e dal popolo greco in questi anni, è in realtà la rinuncia, pavida e un po’ paracula, di assumersi la responsabilità di una decisione informata, come tipico di una democrazia rappresentativa.
Non siamo dalla parte dei greci, perché noi cittadini degli altri paesi europei siamo i loro creditori. E non siamo insensibili creature appartenenti al mondo malvagio della finanza
Non siamo dalla parte dei greci, perché – in ultima istanza – noi cittadini degli altri paesi europei siamo i loro creditori. E non siamo insensibili creature appartenenti al mondo malvagio della finanza. Ma affermiamo un altro principio, piuttosto semplice: che è cosa buona e giusta essere preoccupati e vicini ai cittadini greci per la loro situazione attuale, e per tutto il lungo periodo di depressione economica che hanno vissuto negli anni scorsi. Tuttavia, in una relazione contrattuale, in un patto, il debitore non ha diritto assoluto a ottenere una riduzione del debito stesso come vittima innocente di un meccanismo crudele.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Non siamo dalla parte dei greci, perché, come creditori, qualche anno fa, ci siamo fatti carico di togliere dalle spalle della Grecia il fardello di creditori privati, certo meno malleabili di quanto lo siamo noi, anche quando ci facciamo rappresentare da gente come Wolfgang Schauble.
Non siamo dalla parte dei greci, perché i conti pubblici della Grecia vanno sistemati e su questo non ci piove. sia dal lato delle pensioni – che in un sistema a ripartizione sono una parte del reddito prodotto ogni anno, senza nessun tesoretto passato da sfruttare – sia dal lato del prelievo fiscale, che non si può permettere trattamenti privilegiati eccessivi per troppe categorie, ad esempio gli agricoltori e gli abitanti delle isole, e che deve contrastare l’evasione nella maniera più efficiente possibile.
Non è con parole d’ordine come ’liberi tutti” o “i patti si possono rompere” che si fa la la Storia
Non siamo dalla parte dei greci perché crediamo nell’Europa. Ed è vero, forse non c’è altra soluzione che la riduzione del debito greco e l’irrigidimento su questo punto, come spiegava l’economista Jeffrey Sachs in un dialogo su Twitter con il suo collega Tommaso Monacelli può essere sensata in una situazione di impossibilità a restituirlo. Naturalmente, però, non può essere incondizionata, in quanto si porrebbero le condizioni perché la situazione di insostenibilità si ripeta; inoltre si creerebbe un pessimo precedente all’interno dell’eurozona. Non è con parole d’ordine come ’liberi tutti” o “i patti si possono rompere” che si fa la la Storia.