C’è Giuseppe Valditara, ex finiano di ferro, che deve stilare il programma per la Lega Sud. C’è Claudio Borghi, la mente economica di Matteo Salvini, che, parole sue, è venuto per salvare il popolo della Lega. Ci sono i professori, i consiglieri economici e politici, chi si accredita presso il leader e chi cerca di farsi spazio o galleggiare per mantenere i rapporti con la Russia di Vladimir Putin. Più Salvini punta a diventare l’antagonista di Matteo Renzi a livello nazionale, più cresce la pletora della cosiddetta classe dirigente intorno al segretario leghista. Ma in realtà, chi conosce bene i meccanismi del Carroccio, sa che l’unica persona con cui Salvini si confronta e discute, che ascolta prima di fare qualsiasi passo – spesso anche litigando – è solo una. Si chiama Giancarlo Giorgetti, la silenziosa vera mente economica della Lega Nord sin dai tempi di Umberto Bossi, custode dei segreti di un movimento che ha superato indenne la prima e la seconda Repubblica. Giorgetti non parla mai, ma in realtà è l’esponente politico più importante dentro la nuova Lega a trazione salviniana. Forse l’unico, tra i tanti consiglieri di Salvini, che può meritarsi l’appellativo di «classe dirigente», nel termine che durante la prima Repubblica identificava pesi massimi della politica come Giulio Andreotti o Bettino Craxi.
È questo bocconiano di Varese, classe 1966, tifoso sfegatato della squadra londinese del Southampton (appena può scappa a vedersi le partite in Inghilterra), che alcuni definiscono il «Gianni Letta padano» o il «Verdini sempre verde» (copyright Il Giornale), quello che muove le fila dentro la Lega. Lo fa con cognizione di causa. Giorgetti è l’unico dentro il movimento a poter vantare rapporti diretti con il presidente della Bce Mario Draghi o con la maggior parte dei vertici del ministero dell’Economia o della Banca d’Italia. Ha un rapporto di lunga data con l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel 2013 lo nominò come uno dei saggi per le riforme costituzionali. Se c’è qualcuno che conosce il «sistema Italia», la macchina amministrativa dello stato centrale, in tutti i suoi gangli e rivoli, questo è Giorgetti. Il leghista varesino negli anni si è guadagnato la fiducia delle opposizioni di centrosinistra: ottimo il rapporto con il giovane turco Daniele Marantelli e con un altro varesotto di livello come Alessandro Alfieri, attuale segretario renziano del Partito Democratico lombardo. Ma sono ottimi pure i rapporti con il centrodestra, non a caso l’unico presente della Lega insieme con Salvini alla cena di Arcore con Silvio Berlusconi di martedì 23 giugno è stato lui.
Giorgetti non parla mai, ma in realtà è l’esponente politico più importante dentro la nuova Lega a trazione salviniana. Forse l’unico, tra i tanti consiglieri di Salvini, che può meritarsi l’appellativo di «classe dirigente»
Giorgetti media. Da navigato capogruppo alla Camera incardina e dirige il traffico dei provvedimenti, anche perché forte di una squadra di fedelissimi che lo accompagna ormai da anni. Da Massimiliano Fedriga, suo successore a capogruppo dei deputati padani, fino a Gianluca Pini, esperto di politica estera, romagnolo, mediatore, in buoni rapporti con tutti i partiti, dal Pd fino al Movimento Cinque Stelle. Non solo. Altri due fedeli di Giorgetti sono Nicola Molteni e Guido Guidesi, quest’ultimo esperto di materia economica. E questo vale per Montecitorio, mentre al Senato l’uomo vicino all’ex braccio destro di Bossi è Stefano Candiani. Giorgetti è fondamentale sia negli schemi interni del movimento – è stato lui a tirare le fila della transizione economica e politica dalla Lega targata Senatùr passando per quella di Maroni fino a Salvini – sia esterni, anche con un occhio alla linea politica estera e interna del segretario.
Non è un caso che i toni di Matteo Salvini, a parte le critiche al reato di tortura, nelle ultime settimane siano diventati in parte più moderati. Lo si è visto sul prato di Pontida, dove il segretario ha stemperato gli attacchi a Papa Francesco, pare su consiglio proprio dello stesso ex presidente della Commissione Bilancio. Una «Lega di lotta e di governo», insomma, più in linea con la profilo moderato di Giorgetti. A questo si aggiunga anche un minore allineamento con le politiche filo russe. In sostanza, la squadra di Giorgetti incarna quell’ala moderata che negli ultimi mesi sembrava essersi un po’ allontanata dal leader leghista. Ma ora, con un Salvini ormai lanciato verso una competizione nazionale e nella prima fase spesso solo a prendere le decisioni, il peso specifico del bocconiano è aumentato. Del resto, quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare.