Sono tanti, migliaia, i musulmani riuniti nelle moschee milanesi nel secondo venerdì del Ramadan. Nelle ore in cui si stanno consumando altri terrificanti attentati nel nome di Allah – un venerdì di terrore in Francia, in Kuwait e in Tunisia – in un ex capannone alla periferia di Milano, cominciano ad arrivare centinaia di fedeli, che oggi hanno un solo obiettivo: purificazione, digiuno, preghiera, contatto diretto con Dio: «Questo è il mese del ritorno, in cui tutti, anche quei fratelli che durante l’anno non si sono comportati in modo retto, da bravi musulmani, vengono qui, per pregare e riflettere», spiega Abdullah Tchina, imam algerino della moschea Mariam.
C’è uno strano silenzio, oggi, e nessuna voglia di polemizzare, di fare distinzioni fra moderati e i fondamentalisti, che stanno divorando la comunità musulmana, la Umma. Si legge il Corano, che durante il mese di Ramadan va riletto per intero. Maghrebini, africani, subsahariani, alcuni siriani, qualche italiano convertito, giovani immigrati di seconda generazione. Tutti ascoltano con aria assorta il sermone, poi tradotto con una breve sintesi, in italiano. Unica nota stonata è l’imam ospite, che oggi guida la preghiera e legge versetti del Corano dentro un ex capannone usato come moschea, affollatissima. Si chiama al-Mukhtar Mawadudi e viene dall’Arabia Saudita. Dalla Mecca, dove ha studiato legge islamica, la shari’a, all’università wahabita di Umm Al-Qura, ultraconservatrice.
«Non obbedire ai miscredenti e agli ipocriti, non ti curare della loro persecuzione e confida in Allah. Allah è sufficiente come protettore»
Non si aspettavano nessun giornalista oggi e devono prendere subito le misure. Infatti la sintesi del sermone fa riferimento a un verso del Corano che parla di tolleranza – “Non c’è costrizione nella religione” -, di cui però poi non troverò traccia durante la conversazione con l’ospite saudita, anzi. Finita la preghiera mi regalerà una copia del Corano tradotto in italiano per indicarmi i passi della sura scelta oggi per i fedeli: I Coalizzati. Si tratta della sura che parla della guerra al quinto anno dell’Egira fra i guerrieri di Maometto e una coalizione formata “da politeisti, ebrei, e ipocriti medinesi”. Gli infedeli insomma.
Una sura dedicata alla guerra, durante l’esilio del profeta a Medina, non certo alla pace, anche se l’imam insiste che durante il Ramadan si deve pensare solo alla pace, a fare opere di bene, a digiunare e ad adorare Allah. Quindi, indica i passaggi appena letti. Versetto 41: «O voi che credete, ricordate spesso il nome di Allah». Versetto 42: «E glorificatelo, al mattino e alla fine del giorno». Versetto 48: «Non obbedire ai miscredenti e agli ipocriti, non ti curare della loro persecuzione e confida in Allah. Allah è sufficiente come protettore».
«Non ho capito nulla del sermone, ma durante il Ramadan devo venire qui, non si discute», dice una studentessa egiziana, all’esterno della moschea
All’esterno della moschea i bambini giocano, mentre all’interno, nella sezione riservata alle donne, una studentessa egiziana, che fra qualche giorno deve affrontare la prova orale della maturità scientifica, sorride e sussurra: «Non ho capito nulla del sermone, ma durante il Ramadan devo venire qui, non si discute» e indica in modo ironico, quasi irriverente, la madre che sta pregando, inginocchiata, verso la Mecca. Finita la preghiera, l’ospite saudita mi spiega che in questi giorni così importanti per la comunità musulmana, «bisogna trasmettere soprattutto un messaggio ai fedeli: comportarsi come bravi musulmani. Secondo la legge di Allah», A questo punto i miei interlocutori, l’imam saudita e un dirigente siriano della moschea Mariam, temendo che le loro parole siano travisate, aggiungono: «e ovviamente anche secondo le leggi italiane».
Poi l’imam saudita prosegue, cordiale: «Sono contento della sua visita – dice – perché così posso parlarle di Dio. Lei legga dei miracoli previsti dal profeta, mi raccomando. Tutto era già stato scritto nel Corano. Lo legga bene». E prima di congedarmi, ribadisce ancora una volta, attraverso il traduttore, che lui, che è stato a lungo in Australia, è contento di essere stato invitato in Italia perché ci sono troppi musulmani «che ignorano l’etica islamica insegnata dal profeta». Ma è chiaro che non vuole affrontare alcuna dissertazione teologica con una giornalista arrivata da chissà dove: «Lei è interessata alle questioni femminili?», chiede. «Se date alle donne saudite almeno il diritto di guidare nel vostro paese, fate una buona azione», replico sarcastica. «Quel giorno arriverà», Iisponde e ho la vaga sensazione che stia dicendo ciò che pensa voglia sentirmi dire.
Perché nelle moschee italiane non ci sono imam italiani per musulmani italiani che diano un contributo all’integrazione e si affidano i sermoni del Ramadan a una saudita che viene dall’università dell’islam ultraconservatore wahabita?
Prometto di leggere dei miracoli che solo il profeta aveva previsto grazie alla rivelazione di Allah e lo saluto. In moschea si stanno raccogliendo donazioni per il cibo da cucinare al tramonto, nel momento, gaio per i musulmani che osservano il Ramadan, della rottura del digiuno. Un cittadino anche lui dell’Arabia Saudita sta pregando e mi guarda con aria scocciata, mentre un ragazzo tunisino mi offre una sciarpa, da usare come velo, per entrare in moschea. Oggi sulla comunità, alla fine di via Padova, a Cascina Gobba, sembra sia sceso un desiderio di pace e di contemplazione. Di fratellanza. Come se fossero ignari che fuori, i jihadisti hanno lanciato una nuova controffensiva anche nel cuore dell’Europa, ancora una volta in Francia. E sul loro Ramadan di pace è calato di nuovo il terrore.
Il digiuno finirà il 18 luglio e una volta letto tutto il sacro Corano,- per l’ospite e sapiente saudita ancora inconfutabile e quindi impossibile da riformare per creare un’identità “moderna” dei musulmani ,- si ricomincerà di nuovo a dividersi. Il politologo francese, esperto di islamismo, Gilles Kepel ha un’idea fosca del futuro in Europa. Lui ritiene che la strategia dell’Isis sia contrapporre gli europei ai musulmani e provocare una radicalizzazione per scatenare una guerra civile all’interno dell’Occidente. Nel cuore dell’Europa. Per evitare che accada può servire chiedersi perché nelle moschee italiane non ci siano imam italiani per musulmani italiani che diano un contributo all’integrazione. Invece di affidare i sermoni del Ramadan a una saudita che viene dall’università dell’islam ultraconservatore wahabita?